08 marzo 2013

SULLA CINESE DI JEAN-LUC GODARD


Oggi voglio essere più trasgressivo del solito. Ecco perchè propongo, per la prima volta in questo blog, un articolo ben scritto pubblicato sul peggiore giornale italiano:


Claudio Siniscalchi  -  Il "compagno" Godard? Ultra borghese e arrogante

Tutto comincia con un lettera. Una lettera d'amore. Siamo nel giugno del 1966. Anne Wiazemsky, nipote diciannovenne dello scrittore cattolico e premio Nobel François Mauriac, rimane stregata dalla visione del film Masculin féminin di Jean-Luc Godard.
Gli scrive una lettera trepidante. Una dichiarazione d'amore. I due si sono incrociati già tre volte. Anne, che vuole fare teatro, ha lavorato con Robert Bresson in Au hasard Balthasar (1966). Jean-Luc si è recato in visita dal venerato maestro. Hanno anche pranzato insieme. Poi la scintilla scoppia, improvvisa e inarrestabile. E offre ad Anne, oggi fortunata scrittrice, l'occasione per ricostruire in forma di diario romanzato la storia di un anno per lei incredibile. Un anno cruciale (edizioni e/o, pagg. 204, euro 17,50) è un romanzo dalla scrittura elegante. Il suo vero pregio è però quello di riportarci a un'epoca oggi lontana, ma determinante per capire come la cultura cinematografica europea si sia suicidata col Sessantotto. Ma andiamo con ordine.
Anne è ancora una studentessa minorenne, rimandata in filosofia. Dovrà passare l'estate a studiare. Jean-Luc è un uomo di trentasei anni. Un teppista di grande talento. Prima come critico cinematografico. Poi come regista di punta della Nouvelle Vague. Nella vita di Anne entra il ciclone Jean-Luc. Vorrebbe sposarla subito. La ricolma di attenzioni. È disposto a tutto pur di averla. La ragazza si concede, innamorata persa. Jean-Luc è una celebrità debordante della cultura francese. Si sposta su una lussuosa Alfa Romeo, orgoglioso dei sedili di pelle. È pieno di soldi, che scialacqua. Sta girando due film contemporaneamente e ne mette in cantiere un terzo, che avrà Anne come protagonista, nel frattempo diventata sua moglie. Il film è La cinese (1967).
La ragazza di politica non capisce nulla. Il regista invece è un maoista convinto. «La rivoluzione culturale cinese gli sembrava il giusto antidoto alla vecchia cultura europea» annota Anne. «Mi leggeva brani del Libretto rosso, di cui mi aveva regalato una copia. Mi rimproverava di non condividere il suo entusiasmo per gli scritti di Mao-Tse-tung, mentre io gli rimproveravo di disinteressarsi di Sartre e Merleau-Ponty». Una sera Anne racconta a Jean-Luc come la sua cagnetta Nadja abbia fatto a pezzettini il libro di Simone de Beauvoir Memorie di una ragazza perbene. «Nadja è una guardia rossa! Avanti con la rivoluzione compagna!» è la risposta di Godard. «Mentre eravamo in fila - ricorda ancora - davanti al cinema, Jean-Luc ci aveva parlato degli studenti cinesi espulsi dall'URSS, della rottura delle relazioni culturali tra Mosca e Pechino e aveva concluso: “Sta per arrivare un nuovo mondo!”».
La sintonia di Godard con i maoisti francesi è piena. È uno dei tanti «maos» parigini. Un dandy che adora i gangster americani e il Grande Timoniere Mao. Il regista ha un pessimo carattere. Iracondo e violento. Anne ricorda che una sera un poliziotto sorprende lei (minorenne) in macchina con Godard. Prega il regista di riaccompagnarla a casa. «La reazione di Jean-Luc era stata immediata e spaventosa. Con inaudita violenza aveva insultato il poliziotto, vantandosi di guadagnare molto bene, di avere la possibilità di uscire con belle ragazze e di guidare un'Alfa Romeo. Sentendosi dare prima del “poveraccio”, poi del “miserabile schiavo di una società marcia”, il poliziotto era restato per un attimo zitto, tanto era stupefatto, mentre io, inorridita, supplicavo Jean-Luc di tacere». La ragazza si domanda: «Come poteva essere così tenero e un istante dopo così odioso?». Ecco il commento finale: «quel giorno avevo intravisto in lui una parte nascosta, in cui talvolta mi sarei imbattuta e che avrei sempre detestato».
Godard è convinto che La cinese piacerà ai maoisti cinesi. Aveva mandato in visibilio il popolo sofisticato, elitario ed intellettuale che lo vide in anteprima, nell'estate 1967, al Festival di Avignone. La proiezione ufficiale con le autorità cinesi, invece, fu un disastro totale. Godard, avvilito, rivela ad Anne: «I cinesi all'ambasciata hanno detestato il film. Mi hanno detto che non capisco niente del loro paese, della loro rivoluzione, niente del Libretto rosso. Mi hanno detto pure che il mio film è l'opera di un cretino reazionario e che se ne avessero facoltà mi impedirebbero di intitolarlo La cinese». Dopo il 1967 arriverà il Sessantotto. Il dandy giocherà ancora un po', per qualche anno, a fare il rivoluzionario da salotto. Poi si stancherà. Come si stancherà di Anne (divorzieranno nel 1979).
Ce lo rivela nelle ultime parole del romanzo. I due sono a letto. Jean-Luc parla, fa progetti. Anne non lo sente più. Conclude: «Poi, soddisfatto di aver avuto per l'ennesima volta l'ultima parola, si addormentò di colpo».
IL GIORNALE 8 marzo 2013

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