Oggi voglio essere più trasgressivo del solito. Ecco perchè propongo, per la prima volta in questo blog, un articolo ben scritto pubblicato sul peggiore giornale italiano:
Claudio Siniscalchi - Il "compagno" Godard? Ultra borghese e arrogante
Tutto comincia con un
lettera. Una lettera d'amore. Siamo nel giugno del 1966. Anne Wiazemsky, nipote
diciannovenne dello scrittore cattolico e premio Nobel François Mauriac, rimane
stregata dalla visione del film Masculin féminin di Jean-Luc Godard.
Gli scrive una lettera
trepidante. Una dichiarazione d'amore. I due si sono incrociati già tre volte.
Anne, che vuole fare teatro, ha lavorato con Robert Bresson in Au hasard Balthasar
(1966). Jean-Luc si è recato in visita dal venerato maestro. Hanno anche
pranzato insieme. Poi la scintilla scoppia, improvvisa e inarrestabile. E offre
ad Anne, oggi fortunata scrittrice, l'occasione per ricostruire in forma di
diario romanzato la storia di un anno per lei incredibile. Un anno cruciale
(edizioni e/o, pagg. 204, euro 17,50) è un romanzo dalla scrittura elegante. Il
suo vero pregio è però quello di riportarci a un'epoca oggi lontana, ma
determinante per capire come la cultura cinematografica europea si sia
suicidata col Sessantotto. Ma andiamo con ordine.
Anne è ancora una
studentessa minorenne, rimandata in filosofia. Dovrà passare l'estate a
studiare. Jean-Luc è un uomo di trentasei anni. Un teppista di grande talento.
Prima come critico cinematografico. Poi come regista di punta della Nouvelle
Vague. Nella vita di Anne entra il ciclone Jean-Luc. Vorrebbe sposarla subito.
La ricolma di attenzioni. È disposto a tutto pur di averla. La ragazza si
concede, innamorata persa. Jean-Luc è una celebrità debordante della cultura
francese. Si sposta su una lussuosa Alfa Romeo, orgoglioso dei sedili di pelle.
È pieno di soldi, che scialacqua. Sta girando due film contemporaneamente e ne
mette in cantiere un terzo, che avrà Anne come protagonista, nel frattempo
diventata sua moglie. Il film è La cinese (1967).
La ragazza di politica non capisce nulla. Il regista invece è un maoista convinto. «La rivoluzione culturale cinese gli sembrava il giusto antidoto alla vecchia cultura europea» annota Anne. «Mi leggeva brani del Libretto rosso, di cui mi aveva regalato una copia. Mi rimproverava di non condividere il suo entusiasmo per gli scritti di Mao-Tse-tung, mentre io gli rimproveravo di disinteressarsi di Sartre e Merleau-Ponty». Una sera Anne racconta a Jean-Luc come la sua cagnetta Nadja abbia fatto a pezzettini il libro di Simone de Beauvoir Memorie di una ragazza perbene. «Nadja è una guardia rossa! Avanti con la rivoluzione compagna!» è la risposta di Godard. «Mentre eravamo in fila - ricorda ancora - davanti al cinema, Jean-Luc ci aveva parlato degli studenti cinesi espulsi dall'URSS, della rottura delle relazioni culturali tra Mosca e Pechino e aveva concluso: Sta per arrivare un nuovo mondo!».
La ragazza di politica non capisce nulla. Il regista invece è un maoista convinto. «La rivoluzione culturale cinese gli sembrava il giusto antidoto alla vecchia cultura europea» annota Anne. «Mi leggeva brani del Libretto rosso, di cui mi aveva regalato una copia. Mi rimproverava di non condividere il suo entusiasmo per gli scritti di Mao-Tse-tung, mentre io gli rimproveravo di disinteressarsi di Sartre e Merleau-Ponty». Una sera Anne racconta a Jean-Luc come la sua cagnetta Nadja abbia fatto a pezzettini il libro di Simone de Beauvoir Memorie di una ragazza perbene. «Nadja è una guardia rossa! Avanti con la rivoluzione compagna!» è la risposta di Godard. «Mentre eravamo in fila - ricorda ancora - davanti al cinema, Jean-Luc ci aveva parlato degli studenti cinesi espulsi dall'URSS, della rottura delle relazioni culturali tra Mosca e Pechino e aveva concluso: Sta per arrivare un nuovo mondo!».
La sintonia di Godard
con i maoisti francesi è piena. È uno dei tanti «maos» parigini. Un dandy che
adora i gangster americani e il Grande Timoniere Mao. Il regista ha un pessimo
carattere. Iracondo e violento. Anne ricorda che una sera un poliziotto
sorprende lei (minorenne) in macchina con Godard. Prega il regista di
riaccompagnarla a casa. «La reazione di Jean-Luc era stata immediata e
spaventosa. Con inaudita violenza aveva insultato il poliziotto, vantandosi di
guadagnare molto bene, di avere la possibilità di uscire con belle ragazze e di
guidare un'Alfa Romeo. Sentendosi dare prima del poveraccio, poi del
miserabile schiavo di una società marcia, il poliziotto era restato per un
attimo zitto, tanto era stupefatto, mentre io, inorridita, supplicavo Jean-Luc
di tacere». La ragazza si domanda: «Come poteva essere così tenero e un istante
dopo così odioso?». Ecco il commento finale: «quel giorno avevo intravisto in
lui una parte nascosta, in cui talvolta mi sarei imbattuta e che avrei sempre
detestato».
Godard è convinto che
La cinese piacerà ai maoisti cinesi. Aveva mandato in visibilio il popolo
sofisticato, elitario ed intellettuale che lo vide in anteprima, nell'estate
1967, al Festival di Avignone. La proiezione ufficiale con le autorità cinesi,
invece, fu un disastro totale. Godard, avvilito, rivela ad Anne: «I cinesi
all'ambasciata hanno detestato il film. Mi hanno detto che non capisco niente
del loro paese, della loro rivoluzione, niente del Libretto rosso. Mi hanno
detto pure che il mio film è l'opera di un cretino reazionario e che se ne avessero
facoltà mi impedirebbero di intitolarlo La cinese». Dopo il 1967 arriverà il
Sessantotto. Il dandy giocherà ancora un po', per qualche anno, a fare il
rivoluzionario da salotto. Poi si stancherà. Come si stancherà di Anne
(divorzieranno nel 1979).
Ce lo rivela nelle
ultime parole del romanzo. I due sono a letto. Jean-Luc parla, fa progetti.
Anne non lo sente più. Conclude: «Poi, soddisfatto di aver avuto per l'ennesima
volta l'ultima parola, si addormentò di colpo».
IL GIORNALE 8 marzo
2013
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