Ricordate il vecchio
manifesto anti Nixon? Il taglio del rating arriva all'indomani dello
scandalo di Roma. Come dargli torto: investireste soldi in un Paese
così?
Camilla
Conti
Taglio del
rating. Standard&Poor’s: per l’Italia di Renzi rischio
spazzatura
Un gradino, solo
un gradino, separa l’Italia di Matteo Renzi dal livello “junk”.
Ovvero “spazzatura”. Il declassamento a un passo dal cosiddetto
“non investment grade” è arrivato ieri sera dall’agenzia di
rating Standard & Poor’s che ha tagliato il giudizio sullo
stato di salute finanziario del nostro Paese a livello BBB -. Il
motivo della sonora stroncatura? "Le perduranti debolezze
nell'andamento del Pil reale e nominale, inclusa l'erosione della
competitività", scrive l’agenzia Usa che dal 2006 ad oggi ha
abbassato il giudizio sull'Italia cinque volte, portando il rating da
AA- all'attuale BBB-, con una riduzione complessiva di sei “notch”.
L'ultimo taglio risale a luglio 2013, con successive conferme nel dicembre 2013 e nel giugno di quest'anno. Poi, il rating era rimasto invariato proprio per permettere a Renzi - appena insediato - di avviare le riforme. Ma anche i tempi supplementari, a giudicare dal verdetto di ieri, non sembra siano serviti. Anzi, sei mesi dopo la situazione si è addirittura aggravata minando, scrive Standard & Poor’s, “la sostenibilità del debito pubblico”. Sul fronte economico S&P’s prevede un'uscita dalla recessione nella prima parte del 2015, ma con una ripresa del Pil che viene prevista solo modesta, attorno allo 0,2 per cento. Di fatto, quindi, le stime del governo sono state fin troppo ottimistiche. Anche il debito pubblico italiano va peggio: riviste le stime dello scorso 6 giugno.
Ora l'agenzia di rating
prevede uno sbilanciamento a fine 2017 pari a 2.256 miliardi, 80
miliardi in più, pari al 4,9% del nostro Pil 2014. Rispetto alla
previsioni del governo - sottolinea inoltre S&P’s - vediamo una
ripresa più debole nei consumi privati” che saranno tenuti sotto
pressione dalla debole condizioni del mercato occupazionale, dove la
disoccupazione e su livello storicamente alti, oltre che per il
graduale consolidamento fiscale. Certo, l’agenzia prende atto che
il premier “ha fatto passi avanti col Jobs Act” ma non crede che
le misure previste creeranno occupazione nel breve termine senza
contare che i decreti attuativi della riforma potrebbero “essere
ammorbiditi alla luce di una opposizione crescente”. Insomma, per
ora Renzi non ha cambiato verso. E la difficoltà in questo Paese per
far ripartire l’economia sono sempre le stesse: lungaggini
burocratiche, incertezza del diritto, pressione fiscale e costo del
lavoro ancora troppo alto. È dunque evidente che l’agenzia, al
momento, si fida poco tanto che ha tagliato anche le stime di
crescita.
Unica consolazione l’”outlook” (la prospettiva) che viene indicata come stabile riflettendo “l’aspettativa che il governo riuscirà a implementare gradualmente delle riforme di bilancio e strutturali complessive e potenzialmente favorevoli alla crescita” – ultima chance data a Renzi -nonché il fatto che “i bilanci delle famiglie resteranno abbastanza forti da assorbire ulteriori aumenti del debito pubblico”. Un assist potrebbe infine arrivare da Francoforte e da Mario Draghi perché a favorire la schiarita potrebbe essere la politica monetaria della Bce che “continuerà ad aiutare una normalizzazione dell’inflazione in Italia e dei suoi partner europei”. Proprio ieri Draghi ha rinviato all'inizio dell'anno prossimo le promesse misure straordinarie della Banca centrale contro la crisi economica dell'eurozona, ribadendo però che il quantitative easing e altre decisioni non convenzionali “rientrano nel nostro mandato”.
Da Palazzo Chigi la linea è guardare al bicchiere mezzo pieno, ovvero sottolineare come il Jobs act non sia stato bocciato e che, insomma, le riforme vanno bene ma bisogna andare ancora più veloce. Proprio ieri, nel pomeriggio, il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan ha difeso a Francoforte le politiche governative di fronte a una platea di imprenditori e finanzieri. E ha assicurato che l'Italia vedrà il proprio debito iniziare a calare nel 2016, aggiungendo che anche se il debito è un problema, è comunque "sostenibile". Esaustivo il commento del suo omologo tedesco Wolgang Schaeuble: Non vorrei essere nei panni di Padoan"-
Di certo, i riflettori sono puntati ora sulla reazione dei mercati alla riapertura di Piazza Affari lunedì mattina con un occhio allo spread. Nel frattempo, l’ultimo smacco: sempre ieri S&P’s ha alzato il rating dell’Irlanda – patria dell’elusione fiscale – da A- a A. Ovvero quattro piani sopra l’Italia.
Il Fatto – 6 dicembre
2014
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