“Il Sud e le Donne” è la mostra fotografica di Ferdinando Scianna che sarà allestita nel Castello Aragonese di Otranto dal 23 giugno al 30 settembre 2015. La mostra è prodotta dall’associazione “Veluvre – Visioni culturali” ed è una delle iniziative della rassegna culturale itinerante “Tu non conosci il Sud”, a cura di Oscar Iarussi. Le immagini sono state scelte personalmente da Scianna e sono introdotte da testi critici dell’anglista Vito Amoruso e dello stesso Iarussi.
“Tu non conosci il Sud” prende il nome da un verso dello scrittore Vittorio Bodini (1914-1970) che fu sodale di Leonardo Sciascia, l’autore decisivo nella formazione di Scianna. La rassegna sinora ha fatto tappa a Bari e a Matera designata capitale europea della cultura 2019.
Info: www.comune.otranto.le.it www.tunonconoscilsud.it
di Oscar Iarussi“Tu non conosci il Sud” prende il nome da un verso dello scrittore Vittorio Bodini (1914-1970) che fu sodale di Leonardo Sciascia, l’autore decisivo nella formazione di Scianna. La rassegna sinora ha fatto tappa a Bari e a Matera designata capitale europea della cultura 2019.
Info: www.comune.otranto.le.it www.tunonconoscilsud.it
Tu non conosci il Sud: le foto di Ferdinando Scianna a Otranto
“Tu non conosci il Sud” è un lampo del poeta pugliese Vittorio Bodini (1914-1970). La sua luce orienta il cammino di un’iniziativa culturale che sta provando a stimolare incontri, a smuovere pensieri e a sprigionare emozioni. Ve n’è bisogno nel Mezzogiorno spesso rappresentato come una galleria di macchiette grottesche o criminali, che non mancano, ma attengono all’Italia tutta. Immagini stereotipate da fiction televisiva non di prim’ordine sminuiscono e mortificano la complessità e le potenzialità di intere regioni.
La politica in primis appare da tempo indifferente al Sud o talora punta a trasformarlo in un brand. Come se la terra – l’avete toccata questa terra? – potesse mai essere questione di marketing e non di scelte e di cuore e di coraggio. “Tu non conosci il Sud”, appunto, perché qui non c’è Gomorra a ogni angolo né si balla la pizzica tutto l’anno. “Tu non conosci il Sud” perché non è “un paradiso abitato da diavoli”, il luogo comune – nonché l’alibi – che maggiormente appaga e tranquillizza l’opinione pubblica, persino quella meridionale.
Di tale iniziativa culturale, nata a Bari qualche mese fa, la mostra fotografica “Il Sud e le donne” di Ferdinando Scianna è parte integrante e finora ne è stata anche il generoso “messaggero”. Dopo il foyer del teatro Petruzzelli nel capoluogo pugliese e la Casa Cava nei Sassi di Matera nominata Capitale europea della cultura per il 2019, è adesso il Castello Aragonese di Otranto a ospitare le magnifiche immagini di un fotografo italiano tra i più apprezzati in ogni dove, un maestro anticonvenzionale e molto amato. I volti femminili in mostra non sono icone, ma esercizi di realtà, della sua rapinosa bellezza.
D’altronde, la formula di “Tu non conosci il Sud” chiama a raccolta discipline e linguaggi diversi fra loro che fraternizzano in un proposito comune: contribuire all’onore e alla concretezza simbolica del Mezzogiorno. Per il giovane fotoreporter siciliano Scianna fu decisivo l’incontro con Leonardo Sciascia, lo scrittore rivelatosi grazie a Le parrocchie di Regalpetra (Bari, 1956) apparso negli innovativi “Libri del tempo” dell’editore Vito Laterza. È la medesima collana in cui trovò posto Contadini del Sud di Rocco Scotellaro, poeta e intellettuale modernissimo, forse più “giovane” oggi che nel 1953 in cui scomparve trentenne e incompreso (Scotellaro è uno dei numi tutelari di Matera 2019).
Sciascia e Bodini si scambiarono lettere, idee e vagheggiarono una raccolta mediterranea di testi antichi e moderni. Voci lontane, sempre presenti che – a prestar orecchio – echeggiano nella fortezza di Otranto. La sua struttura originaria risale a quasi mille anni fa e presto ne sarà completato il restauro che potrebbe farla rinascere quale contenitore culturale. Così adocchia il futuro un’antica imago urbis che comprende la Cattedrale dei Martiri e il mare, una città davvero posta “tra l’acqua benedetta e l’acqua salata”, per dirla con la felice definizione del regno di Napoli coniata da Ernesto de Martino.
“Tu non conosci il Sud, le case di calce / da cui uscivamo al sole come numeri / dalla faccia d’un dado”. Versi che suonano come un azzardo, una vertigine. C’è il segno di una condizione che conosciamo nell’essere “numeri”, per esempio precari nel lavoro. Perciò ricominciare dal Sud e nel Sud si può. L’essenza stessa di Otranto lo testimonia: frontiera dell’alba, tenace levante, mediterranea senza retorica, semplicemente destinata agli inizi.
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Ho sempre pensato che l’inconfondibile cifra espressiva di Ferdinando Scianna risieda in una straordinaria capacità di conferire alla realtà osservata, o meglio alla sua immagine riflessa nello scatto fotografico, una qualità visionaria, ben oltre la sua natura apparente di “oggetto” da riprodurre.
Immagini e ritratti – rappresentino essi persone, cose, paesaggi, luci, ombre, chiaroscuri, tempo e stagioni della vita che Scianna sempre raccorda fino a fonderli fra di loro – sono sottoposti alla reinvenzione di uno sguardo che individua un loro “oltre”, una essenza segreta che viene intravista, o, si potrebbe dire, leopardianamente “si finge”.
L’affinità con i tratti distintivi della lingua della poesia è resa evidente da una qualità antirealistica dello sguardo di Scianna, che aggiunge a ciò che viene fissato nell’istante di uno scatto, una sua estrema verità o, forse, la radice ultima di una sua suprema illusione. Di qui a me pare discenda una ulteriore sua cifra distintiva, cioè la natura di scena teatrale delle sue immagini e dei suoi ritratti: il suo sguardo “espone” la scena insieme eterna e cangiante delle nostre vite, la loro strutturale recita.
Nulla lo dimostra meglio di queste foto di “donne del Sud” esposte a Bari: l’ostensione stilisticamente accentuata delle loro pose e dei gesti, sullo sfondo e nella cornice arcaica o modernamente surreale che li racchiude, non rappresenta una verità documentaria e tanto meno antropologica, ma il loro esatto contrario. Sono ritratti di donne, note o sconosciute, tutte di conturbante bellezza, colte nel loro transito, velate da una tenda o incorniciate dentro il riquadro di un rustico o fra volti di anziani a loro appaiati. Donne eccentriche nel loro abbigliarsi: il nero totale che le trasforma in steli, gli arabeschi screziati che ramificano le loro vesti o le gonne aperte a ventaglio come corolle di un fiore.
Sono, queste donne, anche volti di fanciulle che fissano l’obiettivo a viso aperto, ma non per questo meno impenetrabile, occhi bruni che osservano diritti o di sbieco, incorniciati da una ghirlanda rustica che sembra evocare un lontano oriente o completamente di spalle, oppure sullo sfondo aperto di uno sfuggente orizzonte marino al quale paiono appartenere.
Sono visionarie immagini del cuore, accarezzate ombre della propria fantasia che fissano il mistero di un universo femminile insieme familiare e straniero.
di Vito Amoruso
Testi pubblicati martedì, 23 giugno 2015, da http://www.minimaetmoralia.it/
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