09 giugno 2015

UNA CRISI CULTURALE PRIMA CHE ECONOMICA



Valentino Parlato
Una crisi culturale non economica
Non ho resi­stito alla ten­ta­zione, forte, di andare a Trento per la decima edi­zione del Festi­val di Eco­no­mia, que­sta volta sul tema “mobi­lità sociale”. Scri­vere un serio reso­conto di que­ste cin­que gior­nate con una novan­tina di incon­tri e dibat­titi richie­de­rebbe troppo spa­zio, ten­terò una sin­tesi, forse troppo per­so­nale. Il tema della mobi­lita’ sociale si è rive­lato molto inte­res­sante, direi anche dram­ma­tico, di fronte al cre­scere della disu­gua­glianza e mi col­pi­sce nega­ti­va­mente (un altro segno dei tempi) la scarsa atten­zione della stampa e dei poli­tici.
Mat­teo Renzi, appas­sio­nato di pre­sen­zia­li­smo è venuto a fare la sua com­par­sata, ma senza nes­sun impe­gno e Piketty lo ha alle­gra­mente sfot­tuto dicendo: «Renzi è venuto a infor­marci che l’austerità finirà a set­tem­bre». Renzi poi ha pro­se­guito ed è andato a tro­vare i sol­dati ita­liani in Afga­ni­stan per assi­cu­rarli che ci reste­ranno ancora.
Fare i nomi di tutti gli inter­ve­nuti riem­pi­rebbe una pagina, ma almeno i premi Nobel come Joseph Sti­glitz e Paul R. Krug­man non posso tra­scu­rarli. Impor­tante e inco­rag­giante è stata la forte e costante pre­senza di mol­tis­simi gio­vani, quelli che più sof­frono delle dise­gua­glianze cre­scenti. Una pre­senza di gio­vani cosi attenta e impe­gnata da far dire a David Autor, diret­tore asso­ciato del dipar­ti­mento di eco­no­mia del pre­sti­gioso Mit che una pre­senza del genere e su argo­menti cosi com­plessi era impen­sa­bile negli Stati Uniti.
Di fatto e anche nella sostanza dello svi­luppo di que­sto Festi­val i lavori sono stati aperti dal pre­mio Nobel Joseph Sti­glitz sulla cre­scente e inar­re­sta­bile disu­gua­glianza sociale che ha il suo mas­simo – riba­di­sce Sti­glitz – negli Stati Uniti ( ma l’Italia non è da meno, col­lo­can­dosi al terzo posto nella gra­dua­to­ria mon­diale delle dise­gua­glianze dopo Usa e Gran Bre­ta­gna). Negli Usa un nor­male lavo­ra­tore in ter­mini di potere d’acquisto gua­da­gna meno di quarant’anni prima.
Que­sto feno­meno della cre­scita delle dise­gua­glianze è strut­tu­rale e la poli­tica non ha fatto niente per impe­dire o almeno fre­nare que­sta deriva in un mondo dove i ric­chi diven­tano sem­pre più ric­chi e i poveri sem­pre più poveri. Que­sta cre­scita delle dise­gua­glianze (a meno di una rivo­lu­zione del tutto impro­ba­bile) toglie forza alla poli­tica e ci porta – come in que­sti tempi – al rischio di liqui­dare l’euro e alla crisi dei paesi dell’Europa del Sud.
A que­sto pro­po­sito Lucre­zia Rei­chlin, nel dibat­tito sul futuro dell’euro e l’estinzione del debito, ha affer­mato che la Gre­cia avrebbe potuto essere sal­vata a poco prezzo nel 2010. Piu duro è stato Piketty per il quale men­tre la Gre­cia è schiac­ciata dal debito, nel 1945 il debito della Ger­ma­nia, che era pari al 200 per cento del Pil, fu azzerato.
Siamo in una situa­zione nella quale il rispar­mio non solo para­lizza la poli­tica, ma fa cre­scere il debito e porta al default.
Sono tor­nato a Roma, un po’ prima che il festi­val si con­clu­desse, sti­mo­lato ma anche un po’ con­fuso. Certo, all’ingrosso, sono ancora più con­vinto che l’attuale capi­ta­li­smo e’ il domi­nio di pochis­simi e che la disu­gua­glianza cre­sce e si mol­ti­plica: anche dall’apparente bene nasce il male.

Gli Stati Uniti sono la società di mas­sima disu­gua­glianza e anche in Ita­lia siamo su que­sta strada: l’attuale dise­gua­glianza è in cre­scita e pro­spetta bar­ba­rie. Ma di fronte a tutto que­sto che fare? E qui lamento la scarsa atten­zione che la nostra stampa e anche i nostri poli­tici e intel­let­tuali hanno avuto nei con­fronti di que­sto festi­val. Come liqui­dare tutte le false spe­ranze di ripresa alle quali ci rac­co­manda di non dare troppo peso anche il nostro gover­na­tore della Banca d’Italia?
Innan­zi­tutto cer­cando di capire e illu­strando la situa­zione pre­sente, come hanno fatto a Trento. E non dovrebbe essere nean­che molto dif­fi­cile. Ales­san­dro Por­telli lo ha bril­lan­te­mente spie­gato nella sua lezione “Sogni ame­ri­cani: dal Grande Gatsby a Bruce Spring­steen”. Por­telli facen­doci ascol­tare poi tra­du­cendo il cele­bre can­tante ame­ri­cano ha indi­cato come si ritro­vano in quelle parole gli inse­gna­menti di Stiglitz.
Dob­biamo sfor­zarci di met­tere in piena luce, anche in pic­coli gruppi l’insegnamento di Trento. Illu­strando e met­tendo al primo posto il tra­gico e social­mente sui­cida cre­scere della dise­gua­glianza.
Met­tendo anche noi, una volta di estrema sini­stra, in evi­denza il grave pro­blema della liqui­da­zione in corso del ceto medio. Pen­sando a nuove forme di lotta da parte dei lavo­ra­tori dipen­denti che una volta erano la forte classe ope­raia e che oggi sono derisi e cal­pe­stati. Ponendo, e soprat­tutto stu­diando, la que­stione dei gio­vani. Sbi­lan­cia­moci ha già fatto un posi­tivo lavoro con il Wor­kers Act : dovremmo orga­niz­zare riu­nioni per illu­strarlo e dare ai lavo­ra­tori la spe­ranza che si può cam­biare, che deb­bono tor­nare a essere protagonisti.
Siamo in una crisi sociale e poli­tica ma, lo sot­to­li­neo, anche di cul­tura. I Nobel in que­sta occa­sione ci hanno aiu­tato — non a caso que­sto decimo Festi­val si è col­lo­cato a sini­stra. Ci hanno ser­vito la palla. Ora tocca a noi. Non pos­siamo dimen­ti­care che senza un fon­da­mento di seria cul­tura la sini­stra non sarebbe mai emersa. E oggi la sua crisi eco­no­mica e sociale è fon­da­men­tal­mente di cul­tura, nella nostra attuale inca­pa­cità (anche poca voglia) di stu­diare e capire i pro­cessi eco­no­mici e sociali.

Il manifesto – 5 giugno 2015

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