Il nostro nonno collettivo: Antonio Gramsci
di Mauro Baldrati
Vincenzo Sparagna non è stato solo uno dei padri del giornalismo situazionista-underground italiano, noto soprattutto per avere ideato e diretto il mensile-cult Frigidaire, oltre ad avere curato molti testi de Il Male, e creato false edizioni di Trybuna Ludu, La Pravda, Il lunedì della Repubblica. Si è laureato con una tesi su Amadeo Bordiga, uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia, compagno politico di Antonio Gramsci, col quale ha condiviso la passione rivoluzionaria, anche se li separavano questioni di tattica, soprattutto sul come arrivare alla rivoluzione in Italia. Ha studiato la storia del movimento operaio, e soprattutto ha letto i Quaderni, e le Lettere dal carcere, documenti fondamentali della nostra storia politica-filosofica-letteraria. Pertanto, quando ha deciso di creare un alter ego dal nome di Vincenzino Gramsci, ha applicato una delle regole non scritte dello scrittore: parlare di ciò che si sa. Ma non solo: anche di ciò che si ama.
Vincenzino, con questo libro, ha ricostruito alcune fasi della vita del “nonno”, con l’ausilio delle tavole del disegnatore Saverio Montella, ma ha anche voluto esprimere la sua ammirazione, e il suo amore incondizionato di nipotino per il piccoletto sardo. Ne ha tracciato, con poche battute, gli aspetti principali del carattere, la sua ritrosia e al contempo il temperamento allegro, che si alternava con periodi di depressione nera, anche dovuti al suo precario stato di salute, ai dolori ossei dei quali soffriva, alla lontananza dall’amata moglie Giulia e dai figli, rimasti a Mosca mentre lui era tornato in Italia per organizzare il partito devastato dalle aggressioni fasciste. Chi conosce già le linee principali della vita di Gramsci si ritroverà in questo piccolo trattato biografico-affettivo, avrà conferme, ricordi letterari, anche alcune visioni, soprattutto contemplando le tavole più riuscite di Montella. Sappiamo, per esempio, che a Torino, dove da ragazzetto Gramsci si trasferì per studiare, viveva in piccole stanze senza riscaldamento, in povertà, talvolta saltando i pasti, spesso ammalato. In una pensione di Corso Vittorio 149 abitava in una stanzetta “che aveva perduto tutta la calce per l’umidità e aveva solo un finestrino che dava in una specie di pozzo, più latrina che cortile”. Faceva vita a sé, ha raccontato un compagno di pensione, l’avvocato Dino Frau. Saliva faticosamente le scale, poi si chiudeva in camera. Un misantropo? No. Un giorno l’avvocato lo andò a trovare, e “dalla stanza venivano canti e suoni. Trovammo (era con altri pensionanti ndr) un bel po’ di gente sconosciuta, per lo più gente dei paesi. Cantavano, qualcuno ballava. Ed in mezzo c’era Gramsci, intento a eseguire danze popolari sarde con un organetto a mantice.” Questo periodo di formazione è stato restituito con particolare vivacità nel libro: Torino, “I quattro moschettieri”, Angelo Tasca, Umberto Terracini, Palmiro Togliatti, Antonio Gramsci, giovanissimi intellettuali socialisti, poveri in canna, grandi studiosi (specialmente Togliatti – lo “zio Palmiro” – che era “diligentissimo” e “preparatissimo”, mentre Gramsci era più incostante, anche per motivi di salute); frequentavano le trattorie e le osterie, così ben rappresentate da Montella nella sua tavola forse più riuscita. Noi abbiamo sempre in mente Parigi, Montmartre e Montparnasse, i bohémiens, ma anche immaginando l’ambiente torinese di inizio secolo possiamo sconfinare nel mito. Gli artisti esotici e sciupafemmine parigini stavano creando la nuova arte, ma gli intellettuali torinesi edificavano le fondamenta del nuovo pensiero politico-rivoluzionario, l’analisi dei movimenti di massa, della repressione capitalista, del fascismo.
Vincenzino, coi suoi “pensierini” e i suoi “raccontini” manoscritti nella pagina di sinistra (la pagina di destra è sempre riservata a una tavola), coglie molti elementi storici e filosofici che hanno caratterizzato la biografia del nonno: “Nelle lettere che ci mandava dal carcere, dove finì proprio su decisione di quel tale Mussolini (che alla fine portò tutta l’Italia alla catastrofe e se stesso a Piazzale Loreto), il nonno ci parlava spesso di queste sue riflessioni giovanili. Non era il Nord che aveva oppresso il Sud, come aveva creduto fino ad allora. Erano le classi industriali del Nord che avevano stretto un patto con gli agrari e le classi privilegiate meridionali, perché tutto cambiasse senza che cambiasse nulla. Così nonno Gramsci capì che il protezionismo favoriva l’industria del Nord e che la sua abolizione poteva essere una leva per scalzare la supremazia savoiarda sulla stessa Sardegna”.
Il libro è introdotto da un testo di Juan Carlos Monedero, saggista politico spagnolo, leader del movimento Podemos, che a sua volta esprime tutta la sua ammirazione per il “nonno”: “Il dittatore (Mussolini ndr) gli fece un’offerta: se firmi un foglio in cui rinunci alle tue idee, ti lascerò libero. Che avranno avuto, quelle idee, per impedire ad Antonio di firmare quella rinuncia? Gramsci uscirà dal carcere, anni dopo, solo per morire. Gramsci non assomigliò mai ai suoi nemici. Quando uno è davvero libero, può darsi che non lo vogliano nemmeno quelli che credeva fossero al suo fianco.”
Quando qualcuno è davvero libero.
Gramsci era un uomo libero.
E noi tutti siamo suoi nipotini.
Vincenzo Sparagna e Saverio Montella, Vita, imprese e avventure di Nonno Gramsci, 001 Edizioni, Torino 2015, introduzione di Juan Carlos Monedero, pp 208, € 18.00
Recensione ripresa da http://www.carmillaonline.com/2015/06/19/il-nostro-nonno-collettivo-antonio-gramsci/
Vincenzo Sparagna non è stato solo uno dei padri del giornalismo situazionista-underground italiano, noto soprattutto per avere ideato e diretto il mensile-cult Frigidaire, oltre ad avere curato molti testi de Il Male, e creato false edizioni di Trybuna Ludu, La Pravda, Il lunedì della Repubblica. Si è laureato con una tesi su Amadeo Bordiga, uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia, compagno politico di Antonio Gramsci, col quale ha condiviso la passione rivoluzionaria, anche se li separavano questioni di tattica, soprattutto sul come arrivare alla rivoluzione in Italia. Ha studiato la storia del movimento operaio, e soprattutto ha letto i Quaderni, e le Lettere dal carcere, documenti fondamentali della nostra storia politica-filosofica-letteraria. Pertanto, quando ha deciso di creare un alter ego dal nome di Vincenzino Gramsci, ha applicato una delle regole non scritte dello scrittore: parlare di ciò che si sa. Ma non solo: anche di ciò che si ama.
Vincenzino, con questo libro, ha ricostruito alcune fasi della vita del “nonno”, con l’ausilio delle tavole del disegnatore Saverio Montella, ma ha anche voluto esprimere la sua ammirazione, e il suo amore incondizionato di nipotino per il piccoletto sardo. Ne ha tracciato, con poche battute, gli aspetti principali del carattere, la sua ritrosia e al contempo il temperamento allegro, che si alternava con periodi di depressione nera, anche dovuti al suo precario stato di salute, ai dolori ossei dei quali soffriva, alla lontananza dall’amata moglie Giulia e dai figli, rimasti a Mosca mentre lui era tornato in Italia per organizzare il partito devastato dalle aggressioni fasciste. Chi conosce già le linee principali della vita di Gramsci si ritroverà in questo piccolo trattato biografico-affettivo, avrà conferme, ricordi letterari, anche alcune visioni, soprattutto contemplando le tavole più riuscite di Montella. Sappiamo, per esempio, che a Torino, dove da ragazzetto Gramsci si trasferì per studiare, viveva in piccole stanze senza riscaldamento, in povertà, talvolta saltando i pasti, spesso ammalato. In una pensione di Corso Vittorio 149 abitava in una stanzetta “che aveva perduto tutta la calce per l’umidità e aveva solo un finestrino che dava in una specie di pozzo, più latrina che cortile”. Faceva vita a sé, ha raccontato un compagno di pensione, l’avvocato Dino Frau. Saliva faticosamente le scale, poi si chiudeva in camera. Un misantropo? No. Un giorno l’avvocato lo andò a trovare, e “dalla stanza venivano canti e suoni. Trovammo (era con altri pensionanti ndr) un bel po’ di gente sconosciuta, per lo più gente dei paesi. Cantavano, qualcuno ballava. Ed in mezzo c’era Gramsci, intento a eseguire danze popolari sarde con un organetto a mantice.” Questo periodo di formazione è stato restituito con particolare vivacità nel libro: Torino, “I quattro moschettieri”, Angelo Tasca, Umberto Terracini, Palmiro Togliatti, Antonio Gramsci, giovanissimi intellettuali socialisti, poveri in canna, grandi studiosi (specialmente Togliatti – lo “zio Palmiro” – che era “diligentissimo” e “preparatissimo”, mentre Gramsci era più incostante, anche per motivi di salute); frequentavano le trattorie e le osterie, così ben rappresentate da Montella nella sua tavola forse più riuscita. Noi abbiamo sempre in mente Parigi, Montmartre e Montparnasse, i bohémiens, ma anche immaginando l’ambiente torinese di inizio secolo possiamo sconfinare nel mito. Gli artisti esotici e sciupafemmine parigini stavano creando la nuova arte, ma gli intellettuali torinesi edificavano le fondamenta del nuovo pensiero politico-rivoluzionario, l’analisi dei movimenti di massa, della repressione capitalista, del fascismo.
Vincenzino, coi suoi “pensierini” e i suoi “raccontini” manoscritti nella pagina di sinistra (la pagina di destra è sempre riservata a una tavola), coglie molti elementi storici e filosofici che hanno caratterizzato la biografia del nonno: “Nelle lettere che ci mandava dal carcere, dove finì proprio su decisione di quel tale Mussolini (che alla fine portò tutta l’Italia alla catastrofe e se stesso a Piazzale Loreto), il nonno ci parlava spesso di queste sue riflessioni giovanili. Non era il Nord che aveva oppresso il Sud, come aveva creduto fino ad allora. Erano le classi industriali del Nord che avevano stretto un patto con gli agrari e le classi privilegiate meridionali, perché tutto cambiasse senza che cambiasse nulla. Così nonno Gramsci capì che il protezionismo favoriva l’industria del Nord e che la sua abolizione poteva essere una leva per scalzare la supremazia savoiarda sulla stessa Sardegna”.
Il libro è introdotto da un testo di Juan Carlos Monedero, saggista politico spagnolo, leader del movimento Podemos, che a sua volta esprime tutta la sua ammirazione per il “nonno”: “Il dittatore (Mussolini ndr) gli fece un’offerta: se firmi un foglio in cui rinunci alle tue idee, ti lascerò libero. Che avranno avuto, quelle idee, per impedire ad Antonio di firmare quella rinuncia? Gramsci uscirà dal carcere, anni dopo, solo per morire. Gramsci non assomigliò mai ai suoi nemici. Quando uno è davvero libero, può darsi che non lo vogliano nemmeno quelli che credeva fossero al suo fianco.”
Quando qualcuno è davvero libero.
Gramsci era un uomo libero.
E noi tutti siamo suoi nipotini.
Vincenzo Sparagna e Saverio Montella, Vita, imprese e avventure di Nonno Gramsci, 001 Edizioni, Torino 2015, introduzione di Juan Carlos Monedero, pp 208, € 18.00
Recensione ripresa da http://www.carmillaonline.com/2015/06/19/il-nostro-nonno-collettivo-antonio-gramsci/
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