14
milioni di italiani migrarono all'estero fra il 1876 e il 1914. Navi
intere di disperati, diretti anche verso il nord Africa e in
particolare la Tunisia. Una pagina rimossa della nostra storia.
Dino Messina
Le balie di Catanzaro,
regine di Tunisi
Su 14 milioni di
emigrati che partirono dall’Italia fra il 1876 e il 1914, una
piccola ma consistente percentuale di 230 mila lavoratori sbarcò
sulle coste settentrionali dell’Africa. Le mete predilette erano
l’Egitto, l’Algeria e la Tunisia, tanto che il nostro capo del
governo Francesco Crispi, irritato dall’iniziativa di Parigi che vi
istituì un protettorato, definì quest’ultimo Paese «una nazione
italiana occupata dalla Francia».
A raccontare questo
aspetto della nostra emigrazione, anche sulla scorta di nuove fonti,
è Francesca Fauri nel saggio L’emigrazione italiana nell’Africa
mediterranea 1876-1914, pubblicato nel nuovo numero della rivista
«Italia contemporanea» (Franco Angeli).
Le partenze dall’Italia
erano cospicue già prima dell’Unità, a giudicare dall’attivismo
nei centri costieri dei consolati toscano, ligure, veneto, siciliano,
campano. E poi la cifra di 230 mila sottostima molto il nostro
contributo di manodopera in Nord Africa, perché molti, soprattutto
provenienti dalla Sicilia, dalla Sardegna e dalla Calabria, erano
stagionali. Agricoltori, in particolare viticoltori molto richiesti
dagli imprenditori francesi, ma anche minatori, pescatori di corallo
e... balie. Molto richieste quelle di alcuni paesi della provincia di
Catanzaro, rinomate per l’affidabilità e la bellezza.
La motivazione principale
era la paga, tre o quattro volte superiore a quella percepita in
patria. Un operaio agricolo, che in Sicilia prendeva da una lira a
una e mezza a giornata, in un vigneto tunisino partiva da una base di
3,5 lire. Mentre le balie potevano addirittura decuplicare la paga
mensile, passando da dieci a cento lire.
Questi lavoratori spesso
partivano a bordo di navi di linea (la compagnia di Raffaele
Rubattino per un certo periodo istituì un viaggio bimensile) o a
bordo delle «bilancelle», piccole imbarcazioni che offrivano il
passaggio per 5 o 10 lire. Molti da stagionali divennero stanziali e
riuscirono a realizzare il sogno di comprare un pezzo di terra
(piccole proprietà da cinque a dieci ettari).
Il Corriere della sera –
21 giugno 2015
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