08 giugno 2015

UNA LEZIONE INDIMENTICABILE

Ph, di Giuseppe Casarrubea



Per farsi un’idea dello spessore umano di Giuseppe Casarrubea invito tutti a leggere l’ultimo pezzo che ha scritto e pubblicato lo scorso 13 maggio sul suo amato blog https://casarrubea.wordpress.com/2015/05/13/personaggi/.
Colpisce, tra le altre cose, l’ammirevole distacco con cui è riuscito a parlare della sua dolorosa esperienza ospedaliera, mettendo in primo piano le sofferenze degli altri ed il prezioso lavoro svolto da medici, infermieri e tutto il personale socio-assistenziale. 
Stasera non voglio aggiungere altro; mi sento tanto triste e più solo che mai.

di Giuseppe Casarrubea

Gli uomini hanno una caratteristica di cui durante tutta la loro vita non si accorgono. Da giovani o da persone più mature amano borse, borsellini, borsoni, borselli. Da anziani, però, si riducono con la borsa delle loro urine in mano.

E’ l’impatto con la malattia. A prescindere da tale caratteristica, comunque, esiste un popolo di ammalati che la società considera ai propri margini perché gli anziani sono considerati, anche dallo Stato, improduttivi, pensionati, da mandare in “quiescenza”. In realtà, però, l’ospedale è un osservatorio importante dell’andamento della società, e non solo in riferimento agli anziani o a qualche tipologia patologica. Se ci si sta dentro qualche giorno si scoprono realtà imprevedibili. Ad esempio personaggi che sembrano usciti da un mondo reale impensabile. Solo l’incontro con questo mondo ti consente di capire meglio gli uomini. In ospedale essi abbandonano le loro maschere tradizionali e sono solo se stessi, esposti come esseri senza protezione. A differenza della variegata popolazione scolastica, quella che abita gli ospedali non mistifica. Dentro ci sono i personaggi più vari. Artigiani, disoccupati, pensionati, impiegati e via di seguito. Ciascuno di loro è portatore di una storia, che si esprime attraverso la patologia: punto nodale di una lunga cronologia di comportamenti. Così c’è anche il fontaniere al quale è stato tolto un tumore perché aveva respirato per anni polveri di eternit. Un tipo bizzarro che millanta di aver fatto centinaia di chilometri al giorno con la bicicletta, di avere viaggiato in tutto il mondo e che suo padre percorreva a piedi da Palermo a Piana degli Albanesi come fosse una passeggiata, e che lui, grazie alle bombolette di aerosol che i medici non hanno voluto procurargli, ritenendole nocive, era uno dei più grandi atleti del momento. La sua seconda vita l’ha vissuta in Belgio dove ha due figli. Gli altri due in Italia. E’ alto, portatore di una tradizione religiosa antica che richiama il Natale e altre feste. Parla sempre in dialetto, con tono di voce alto e ce l’ha con i medici, con gli stupidi e le persone impreparate. A suo modo di vedere lui ne sa molto di più. E così si potrebbe continuare con tanti altri personaggi, alcuni assai pittoreschi altri meno, che popolano giornalmente le corsie e le stanze degli ospedali.




In questo mondo in primo piano ci sono i medici e gli infermieri che qui, alla U.O. di Medicina Clinica e Respiratoria sono giovani e molto preparati. Essi hanno saputo costruire, nel tempo, un amichevole rapporto con gli ammalati, rendendoli partecipi del piano terapeutico loro riservato. Dietro questo livello primario compaiono sulla ribalta un numero notevole di volontari, apprendisti, tirocinanti, studenti, crocerossine e, in ultimo, gli erogatori di alcuni servizi come quello gastronomico.

Ignorare questa realtà della vita quotidiana è da folli perché questo mondo è ricco di insegnamenti e ci aiuta a capire che non tutto nella società e nelle istituzioni è da buttare come spesso siamo soliti fare senza cognizione di causa.

Pubblicato il 13 maggio 2015
 

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