Leonardo Sciascia, da buon eretico, è stato sempre dalla
parte degli infedeli. Nel 1979, inaugurando una delle collane più
apprezzate della Sellerio “La memoria”, pubblicò un suo aureo
libretto che ricostruiva la storia di un vescovo siciliano, monsignor Ficarra, costretto
a dimettersi perché considerato “infedele” dal Vaticano.
Era convinzione profonda e ben fondata di Sciascia che fra i
caratteri peculiari della sua terra vi fosse una certa «refrattarietà dei siciliani
alla religione cristiana», paradossalmente confermata dalla profusione delle
forme di culto religioso. Tesi non popolare perché duramente vera. E capitò a
Sciascia di imbattersi, per quella «casualità» in cui alla fine riconosciamo
«il solo ordine possibile», in una vicenda – realmente accaduta a un vescovo –
che sembrava riproporre in una sequenza di eventi qualcosa di molto affine al
giro di pensieri che l’autore era andato a lungo maturando. Si trattava della
storia di monsignor Ficarra, vescovo di Patti, che finì in contrasto col
Vaticano per la sua scarsa malleabilità politica e anche per l’audacia di certe
sue tesi sulla religiosità (e irreligiosità) siciliana. Come sempre in
Sciascia, una storia realmente accaduta viene attraversata da una luce che
permette di riconoscere con nettezza il dettaglio significativo e trasforma il
tutto in un apologo, per dirci sulla Sicilia – e sulle sue oscurità – qualcosa
che invano cercheremmo altrove.
In un saggio che abbiamo pubblicato sul 1° numero di NUOVA
BUSAMBRA, giugno 2012, ci siamo soffermati ad analizzare il punto di vista
sciasciano. Qui ci limitiamo a ricordare solo queste sue parole:
“Imbattendosi in certe mie pagine in cui considero la
refrattarietà dei siciliani alla religione, qualche imbecille ritiene che io ne
tragga chi sa quale fierezza e godimento, mentre il presupposto della mia
indagine è questo: che dove non c’è religione non ci sono rivoluzioni
religiose: e un popolo che non ha fatto una rivoluzione religiosa difficilmente
farà una rivoluzione civile. E la storia e la condizione della Sicilia
l’abbiamo sotto gli occhi: per come volevasi dimostrare”.
Ma, com' è noto, la madre degli imbecilli è sempre incinta. Così anche noi oggi, nel nostro piccolo, veniamo considerati "infedeli".
Ma, com' è noto, la madre degli imbecilli è sempre incinta. Così anche noi oggi, nel nostro piccolo, veniamo considerati "infedeli".
Mi piace riprodurre il veloce scambio di battute avvenuto sulla mia pagina fb con un caro amico:
RispondiEliminaBernardo Puleio: soprattutto in quel testo l'eretico Sciascia denunciava la intercambiabilità inquisitoriale e sovrapponibile delle due "chiese": Vaticano e Mosca.
Francesco Virga: Caro Bernardo, è vero che anche questo racconto di Sciascia si conclude con un riferimento alla "chiesa sovietica". Ma il bersaglio principale questa volta è il Vaticano.
Bernardo Puleio: il bersaglio è l'inquisizione Romana (si parla di un vescovo): ancora più rilevante in questo contesto cattolico, il riferimento a Mosca
Bernardo Puleio: Caro Francesco, ecco il passo sciasciano, tratto Dalla parte degli infedeli col forzato (rispetto al tema principale) riferimento (quindi tanto più rilevante sul piano della scrittura e dell'ideologia dello scrittore) allo stalinismo (non dimentichiam...Altro...
Francesco Virga: Il Santo Uffizio, i tribunali dell' Inquisizione non li ha inventati Stalin! Quest'ultimo - non a caso educato in seminario! - ha soltanto proseguito una "gloriosa" tradizione...
Bernardo Puleio: e ti pare niente? Sciascia denuncia anche il "cattolicesimo" dogmatico e inquisitoriale dei vertici del Pci.
LEONARDO SCIASCIA E' STATO SEMPRE ACCANTO ai PERDENTI CONTRO I PREPOTENTI DI QUALSIASI COLORE
RispondiEliminaIn questo libretto Sciascia, senza alcun timore di essere scomunicato per aver messo mano su documenti coperti dal segreto ecclesiastico, svela l'ipocrisia del linguaggio curiale e denuncia il cordone ombelicale che ha legato la chiesa cattolica romana al sistema di potere DC
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