In questo blog potete trovare diversi pezzi di Lawrence Ferlinghetti. Oggi vi propongo il ritratto che ne ha fatto Fernanda Pivano qualche anno fa.
FERNANDA PIVANO
RACCONTA L. FERLINGHETTI
Lawrence Ferlinghetti è famoso in
tutto il mondo per essere l'editore dei beat ed essere andato in prigione per
il coraggio che lo ha spinto a pubblicare, tra le altre, la poesia Urlo
di Allen Ginsberg.
La prima volta che Ferlinghetti ha
sentito questa poesia è stata anche la prima volta che Allen Ginsberg l'ha
letta in pubblico. Era il 13 ottobre 1955 e il reading è diventato famoso
prendendo il nome dalla galleria che lo ospitava, la Six Gallery. Quella stessa
sera Ferlinghetti ha mandato a Ginsberg un telegramma ricalcato su quello di
Ralph Emerson a Walt Whitman quando era uscito Foglie d'erba "Ti
saluto all'inizio di una lunga carriera". E aveva aggiunto: "Quando
mi dai il manoscritto?".
È vero anche, però, che quando Jack
Kerouac gli ha portato il manoscritto di Sulla strada, lui l'ha
rifiutato.
La sua City Lights nata nel 1953 è
comunque una delle librerie e case editrici più rivoluzionarie di San
Francisco. Credo che nel seminterrato, al quale si giungeva da una scala di
legno sovrastata da una bacheca dove venivano conservate le lettere destinate
agli amici fuori città, siano ancora esposte le prime riviste underground e i
manifesti precorritori coi simboli antinucleari che allora si trovavano soltanto
nella sede della War Resisters' League.
In una grande cesta vicino alla
porta si trovavano quei bottoni nati come simbolo della Campagna per il disarmo
nucleare e poi diventati simbolo della pace.
In un angolo Lawrence Ferlinghetti
aveva sistemato un tavolo con una macchina per scrivere, sommerso in un cumulo
caotico di carte, lettere, buste, giornali, fogli ciclostilati, annunci di
reading e di marce. Quell'angolo veniva chiamato senza alcuna ironia
"l'ufficio", e di lì si mandava avanti una delle librerie più famose
del mondo e si organizzavano, anni prima che cominciasse la Guerra del Vietnam,
le prime marce dimostrative pacifiste.
La casa editrice aveva un ufficio a
parte: Ferlinghetti l'aveva sistemato nello studio-soffitta ricavato dal terzo
piano della sua casa di legno alla periferia di San Francisco. Era uno studio
vasto, con i suoi quadri e i suoi disegni, i suoi dischi e i suoi libri, e su
un tavolo una comune scatola da scarpe che conteneva l'intero archivio della
corrispondenza. "Le lettere non servono" mi aveva detto un giorno
lui, cool e sorridente. "Se si vuole imbrogliare qualcuno, lo si
imbroglia sempre, qualsiasi lettera sia stata scritta."
Ma Lawrence Ferlinghetti è anche un
poeta. Quando nel 1958 grazie a James Laughlin ha pubblicato la sua seconda
raccolta di poesie intitolata Una Coney Island della mente (A Coney
Island of the Mind), aveva già trovato una via personalissima di offrire
nella sua poesia una rappresentazione visiva di scene che gli si svolgevano
attorno o nelle quali si svolgeva la sua vita. Una Coney Island della mente
era diventata subito un bestseller: in poche settimane se ne erano vendute
cinquecentomila copie.
La raccolta conteneva quarantotto
poesie, delle quali tredici, dietro suggerimento di Laughlin stesso, erano
ricavate da Pictures of the Gone World, la sua prima raccolta del 1955
e, nella seconda parte, la famosa Autobiografia (Autobiography)
alla quale molti suoi critici hanno attinto.
Proprio in quel periodo Ferlinghetti
ha pubblicato sulla 'Chicago Review" una specie di testimonianza sulla
poesia di San Francisco definendola "Poesia della strada", per dire
che "il poeta aveva abbandonato le aule scolastiche per uscire sulla
strada e fare una poesia parlata, basata sugli occhi e sulle orecchie".
Spiegava il suo stile definendolo claritas,
chiarezza, e con la calma ironica che è sempre stato uno dei suoi tratti più
personali aggiungeva che la chiarezza è fuori moda soprattutto perché è
pericolosa: "A volte a essere chiari si rivela che non c'è molto da
rivelare". Molti anni dopo ha preferito essere definito soltanto
"poeta lirico e politico".
Il nome di Lawrence Ferlinghetti è
conosciuto in Italia grazie anche alle sue origini lombarde. È di pochi anni fa
la notizia di quando ha voluto essere accompagnato a Brescia per rivedere la
casa dei genitori. Ma nessuno l'ha riconosciuto ed è stato arrestato
addirittura come un qualsiasi immigrato irregolare.
Chi lo sa cosa deve fare un uomo per
ottenere un po' di rispetto.
FERNANDA PIVANO in Libero chi
legge, Mondadori, 2010
Nessun commento:
Posta un commento