06 gennaio 2019

DIFENDERE SEMPRE I VALORI DELLA COSTITUZIONE

Palermitani accanto al Sindaco Orlando contro il decreto razzista che genera insicurezza 



È IN GIOCO IL CARATTERE DELLA DEMOCRAZIA
 di Emanuele Macaluso. 


Prosegue la discussione, anche con aspre polemiche, sull’iniziativa del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e di altri amministratori che non intendono applicare alcune norme del cosiddetto “decreto sicurezza”. Il Dubbio, diretto da Piero Sansonetti, pubblica una lettera che don Milani nel 1965 indirizzò ai cappellani militari sul diritto all’obiezione di coscienza: è un documento che consiglio di leggere anche per la pacatezza con cui don Milani argomenta le sue idee e conversa con i suoi contraddittori. Sempre sullo stesso giornale ho letto una intervista a Gianfranco Miccichè, Forza Italia, presidente dell’Assemblea regionale siciliana il quale argomenta il suo radicale dissenso dalla politica del governo nazionale nei confronti dell’immigrazione. Quando la giornalista che lo intervista, Mariangela Cirrincione, gli ricorda che il presidente emerito della Consulta. Cesare Mirabelli ha detto che un sindaco non può rifiutare di applicare una legge dello Stato, Miccichè risponde che lui non vuole associarsi ad una disobbedienza civile ma “se Mirabelli dice che le leggi vanno sempre rispettate io ripeto che le leggi di Mussolini andavano rispettate ma qualcuno non lo ha fatto”.
Il riferimento era soprattutto alle leggi razziali. Tutto vero. Ma l’obiezione che si può fare a Miccichè è facile: oggi in Italia non c’è il fascismo, c’è un regime democratico. Vero anche questo. Ma anche nell’Ungheria di Orbàn e in Polonia c’è la democrazia, Paesi dell’Ue. Tuttavia si tratta di democrazia giustamente definite “illiberali”. Ed è questo l’obiettivo che Salvini, assecondato dai Di Maio, vuole raggiungere in Italia. La legge cosiddetta di “sicurezza” infatti è illiberale e disumana e assomiglia alle leggi di Orbàn. A tanti ipocriti che dicono la legge è sbagliata ma sbagliano anche i sindaci come Orlando che non vogliono applicarla, dico: se non ci fosse stata l’iniziativa di questi sindaci oggi prevarrebbe il silenzio-assenso. Ora non è così, anche per gli ipocriti che devono cautamente dissentire.
È chiaro, come ho scritto ieri, che adesso spetterebbe alle forze politiche di agire. È il popolo che deve parlare. In Ungheria e in Polonia si sono svolte gradi manifestazioni popolari contro i governi. Questo significa che in quei paesi si è aperta una diversa e più forte dialettica tra governo e opposizione. Non è solo nel Parlamento che si è manifestato il dissenso ma anche e soprattutto nelle piazze. Quel che deve essere detto anche in Italia è che c’è in gioco non solo la legge sulla “sicurezza” ma il carattere stesso della democrazia italiana. Come ho scritto, si tratta di sapere se a prevalere sarà la democrazia illiberale, orbaniana di Salvini e del suo socio Di Maio, o la democrazia costituzionale ancora ribadita nel discorso di fine anno del presidente Mattarella. Sì, lo sottolineo con forza, questo è lo scontro che si è aperto nel nostro Paese.
(4 gennaio 2019)

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IERI E OGGI
 
Naturalmente non tutti saranno d’accordo e molti diranno che il confronto non regge. Settant’anni fa in Italia fu introdotta una vergognosa legislazione antiebraica. Si è data la responsabilità al regime fascista e alla monarchia. Ma quanti italiani si opposero? Quanti corsero in soccorso degli ebrei e quanti profittarono invece delle loro disgrazie? Ma era un regime autoritario, suvvia! Come avrebbero potuto Resistere? Quella pagina, e il silenzio del paese, tolta qualche encomiabile eccezione, avrebbero in realtà meritato, una volta istituita la Repubblica, un ripensamento più approfondito. Non c’è stato. È un peccato. In compenso il decreto Salvini ha suscitato una vibrata reazione. E’ solo una miserabile caricatura della legislazione antiebraica. Ma è pur sempre una squallida forma di persecuzione. Che alcuni sindaci si rifiutino di applicare il decreto e che tanti cittadini consentano con essi è segno che il paese non ha abbastanza ripensato, ma comunque è cresciuto, che la costituzione non è carta straccia, che la democrazia si è radicata. I sindaci si sono assunti la responsabilità della loro dissociazione e i rischi che ne conseguono. A me pare che meritino rispetto. Vedremo adesso quel che accade. Ad ogni buon conto, lo Stato dei diritti costituisce un avanzamento rispetto allo Stato di diritto, frutto anzitutto delle esperienze autoritarie. I diritti precedono il diritto. Con buona pace di chi predica la superiorità di quest’ultimo. Mi auguro che la sostengano in buona fede e non per avallare tacitamente la legislazione Salvini. Che costoro però si ricordino la vergogna del 1938.

 ALFIO MASTROPAOLO   4 gennaio 2019

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