Palermitani accanto al Sindaco Orlando contro il decreto razzista che genera insicurezza
È IN GIOCO IL CARATTERE DELLA DEMOCRAZIA
di Emanuele Macaluso.
Prosegue la discussione, anche con aspre polemiche, sull’iniziativa del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e di altri amministratori che non intendono applicare alcune norme del cosiddetto “decreto sicurezza”. Il Dubbio, diretto da Piero Sansonetti, pubblica una lettera che don Milani nel 1965 indirizzò ai cappellani militari sul diritto all’obiezione di coscienza: è un documento che consiglio di leggere anche per la pacatezza con cui don Milani argomenta le sue idee e conversa con i suoi contraddittori. Sempre sullo stesso giornale ho letto una intervista a Gianfranco Miccichè, Forza Italia, presidente dell’Assemblea regionale siciliana il quale argomenta il suo radicale dissenso dalla politica del governo nazionale nei confronti dell’immigrazione. Quando la giornalista che lo intervista, Mariangela Cirrincione, gli ricorda che il presidente emerito della Consulta. Cesare Mirabelli ha detto che un sindaco non può rifiutare di applicare una legge dello Stato, Miccichè risponde che lui non vuole associarsi ad una disobbedienza civile ma “se Mirabelli dice che le leggi vanno sempre rispettate io ripeto che le leggi di Mussolini andavano rispettate ma qualcuno non lo ha fatto”.
Il riferimento era soprattutto alle leggi razziali. Tutto vero. Ma
l’obiezione che si può fare a Miccichè è facile: oggi in Italia non c’è
il fascismo, c’è un regime democratico. Vero anche questo. Ma anche
nell’Ungheria di Orbàn e in Polonia c’è la democrazia, Paesi dell’Ue.
Tuttavia si tratta di democrazia giustamente definite “illiberali”. Ed è
questo l’obiettivo che Salvini, assecondato dai Di Maio, vuole
raggiungere in Italia. La legge cosiddetta di “sicurezza” infatti è
illiberale e disumana e assomiglia alle leggi di Orbàn. A tanti ipocriti
che dicono la legge è sbagliata ma sbagliano anche i sindaci come
Orlando che non vogliono applicarla, dico: se non ci fosse stata
l’iniziativa di questi sindaci oggi prevarrebbe il silenzio-assenso. Ora
non è così, anche per gli ipocriti che devono cautamente dissentire.
È chiaro, come ho scritto ieri, che adesso spetterebbe alle forze politiche di agire. È il popolo che deve parlare. In Ungheria e in Polonia si sono svolte gradi manifestazioni popolari contro i governi. Questo significa che in quei paesi si è aperta una diversa e più forte dialettica tra governo e opposizione. Non è solo nel Parlamento che si è manifestato il dissenso ma anche e soprattutto nelle piazze. Quel che deve essere detto anche in Italia è che c’è in gioco non solo la legge sulla “sicurezza” ma il carattere stesso della democrazia italiana. Come ho scritto, si tratta di sapere se a prevalere sarà la democrazia illiberale, orbaniana di Salvini e del suo socio Di Maio, o la democrazia costituzionale ancora ribadita nel discorso di fine anno del presidente Mattarella. Sì, lo sottolineo con forza, questo è lo scontro che si è aperto nel nostro Paese.
(4 gennaio 2019)
È chiaro, come ho scritto ieri, che adesso spetterebbe alle forze politiche di agire. È il popolo che deve parlare. In Ungheria e in Polonia si sono svolte gradi manifestazioni popolari contro i governi. Questo significa che in quei paesi si è aperta una diversa e più forte dialettica tra governo e opposizione. Non è solo nel Parlamento che si è manifestato il dissenso ma anche e soprattutto nelle piazze. Quel che deve essere detto anche in Italia è che c’è in gioco non solo la legge sulla “sicurezza” ma il carattere stesso della democrazia italiana. Come ho scritto, si tratta di sapere se a prevalere sarà la democrazia illiberale, orbaniana di Salvini e del suo socio Di Maio, o la democrazia costituzionale ancora ribadita nel discorso di fine anno del presidente Mattarella. Sì, lo sottolineo con forza, questo è lo scontro che si è aperto nel nostro Paese.
(4 gennaio 2019)
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IERI E OGGI
Naturalmente non tutti saranno d’accordo e molti diranno che il
confronto non regge. Settant’anni fa in Italia fu introdotta una
vergognosa legislazione antiebraica. Si è data la responsabilità al
regime fascista e alla monarchia. Ma quanti italiani si opposero? Quanti
corsero in soccorso degli ebrei e quanti profittarono invece delle loro
disgrazie? Ma era un regime autoritario, suvvia! Come avrebbero potuto
Resistere? Quella pagina, e il silenzio del paese, tolta qualche encomiabile
eccezione, avrebbero in realtà meritato, una volta istituita la
Repubblica, un ripensamento più approfondito. Non c’è stato. È un
peccato. In compenso il decreto Salvini ha suscitato una vibrata
reazione. E’ solo una miserabile caricatura della legislazione
antiebraica. Ma è pur sempre una squallida forma di persecuzione. Che
alcuni sindaci si rifiutino di applicare il decreto e che tanti
cittadini consentano con essi è segno che il paese non ha abbastanza
ripensato, ma comunque è cresciuto, che la costituzione non è carta
straccia, che la democrazia si è radicata. I sindaci si sono assunti la
responsabilità della loro dissociazione e i rischi che ne conseguono. A
me pare che meritino rispetto. Vedremo adesso quel che accade. Ad ogni
buon conto, lo Stato dei diritti costituisce un avanzamento rispetto
allo Stato di diritto, frutto anzitutto delle esperienze autoritarie. I
diritti precedono il diritto. Con buona pace di chi predica la
superiorità di quest’ultimo. Mi auguro che la sostengano in buona fede e
non per avallare tacitamente la legislazione Salvini. Che costoro però
si ricordino la vergogna del 1938.
ALFIO MASTROPAOLO 4 gennaio 2019
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