24 gennaio 2019

L' IMPORTANZA DI PARLARE D'AMORE



Cyrano de Bergerac: l’importanza del parlar d’Amore

di Chiara Babuin


“L’amore-passione fa parte di una certa cultura, della cultura popolare, in forma di film, di romanzi, di canzoni”, afferma in un’intervista Roland Barthes, ma “è fuori moda negli ambienti intellettuali”. Pasolini, nel suo Comizi d’amore, rende esplicito il fatto che, sebbene il tema dell’amore sia spesso presente nelle espressioni artistiche popolari, il popolo non ne parla, non lo tratta, non lo riconosce: “Al vostro amore si aggiunga la coscienza del vostro amore”, augura infatti il poeta corsaro con voce fuori campo.
Ma perché questi grandi intellettuali considerano così importante parlare d’Amore? Perché, esattamente come nel Simposio platonico, socraticamente il discorso fa emergere la coscienza del sentimento. Sentimento percepito come qualcosa di altro dall’individuo, ma che l’individuo stesso genera e da cui ne è, in qualche modo, governato.
Molte sono le opere d’arte che affrontano il tema, ma ce n’è una che, sin dal suo primo debutto del 1897, riesce ad incantare chiunque la incroci, per volontà o per caso: stiamo parlando del Cyrano di Bergerac di Edmond Rostand.
I tratti peculiari di questa pièce sono: il ritmo, l’ironia, un dionisiaco intercambiare di toni e la scrittura interamente in versi. Strutturata in cinque atti e ambientata in Borgogna nel ‘600, la storia narra le gesta e, soprattutto, l’amore del guascone, poeta-soldato, Cyrano. Innamorato della bellissima cugina Rossana, nonostante padroneggi come nessuno l’arte della poesia, non ha il coraggio di dichiararsi, a causa del suo aspetto fisico, minato dal suo enorme naso. Men che meno quando ella gli confessa di essere innamorata di un bellissimo cadetto guascone, Cristiano. Ma l’occasione per far sgorgare dal cuore le parole d’amore a Rossana, a Cyrano la offre il di lei amato stesso, che si scopre essere totalmente incapace ed estraneo su temi elegiaci: un bel problema, visto che Rossana se ne nutre visceralmente! Il vate spadaccino elabora dunque la seguente proposta: il bel Cristiano metterà l’aspetto, mentre lui, Cyrano, fornirà le parole giuste per veicolare il sentimento (“Vuoi completarmi e io con la mia parola/ renderò completa la tua bellezza?”): un assurdo principio dei vasi comunicanti (amore).
Inizia così non solo l’opera di seduzione, intesa nella sua etimologia di “condurre a sè” (dal latino se-ducere), ma anche la dolce tragedia di Cyrano: va in scena la menzogna. Non si tratta certamente del sadico gioco insincero messo in atto dal protagonista di “Diario di un seduttore” di Kierkegaard, dove Johannes seduce l’innocente Cordelia, per poi abbandonarla, per mero esercizio estetico. No, Cyrano è un campione di moralità e dona le sue passionali parole all’avversario in amore, per la felicità dell’amata, rinunciando al proprio merito, al proprio volto, al proprio ego, estasiandosi per il solo fatto di poter indirizzare alla sua musa i versi che lei naturalmente ispira.
Ma non è così che funziona. Anche se innocentemente, è un gioco destinato a finire male. Questo perché sedurre implica due condizioni: nel parlar d’amore si dispiega, si riconosce e si comprende l’Amore, ma si riconosce anche sé stessi e il ruolo dell’altro in quel sentimento. In seconda istanza, sedurre equivale ad avvicinarsi, l’uno all’altro, togliendosi metaforicamente i vestiti, per ciò che si è intimamente. È uno scrutarsi sulla base dei sentimenti suscitati. Ciò significa che la seduzione è un passo a due: una danza che entrambi i soggetti devono compiere, altrimenti non c’è equilibrio tra le parti: una avrà poca coscienza di ciò che prova, preda solo del fascinum e dell’immaginazione; l’altra avrà coscienza di sé, ma non dell’altro. È un affascinante gioco di riflessi che ha come fine l’unità.
Non è un caso, infatti, che Rossana e Cyrano siano personaggi speculari. L’una, bellissima, sicura di sé, dolce di maniere, ambita e ammirata da tutti, sebbene innocente e piena di spirito; l’altro, burbero attaccabrighe, beniamino di pochi, nemico di molti, insicuro del suo aspetto più di ogni altra cosa. Rossana quasi non parla d’amore (solo estasi superficiale per l’aspetto fisico); Cyrano sembra non fare altro. I due sono, insomma, perfettamente complementari nell’essenza, ma sbilanciati nelle dinamiche. Infatti, Rossana sembra abbia la sola preoccupazione di essere sedotta (““sciogliete i vostri sentimenti”, “ricamate!”), ma non seduce, imbrigliata nella sua infantile sicumera. Cyrano, parlando d’amore, riconosce l’entità del sentimento per Rossana e si mostra nella sua essenza; ma rinnegando il suo aspetto, rinnega sé stesso, negando all’amata di riconoscersi e riconoscerlo (poiché non prende parte attivamente al meccanismo seduttorio).
A farne le spese, sarà il povero Cristiano, quando si accorgerà dell’importanza che i versi hanno sul cuore della sua signora.
Ma nell’unica scena in cui la bella Rossana diventa parte attiva, la specularità e l’eccezionale complementarità dei personaggi è dirompente. Ci si sta riferendo alla scena in cui la dama, bruciante di desiderio per le parole che Bergerac le aveva scritto col nome di Cristiano, arriva al campo di guerra. Lì, il nasuto cugino e l’amato stanno patendo la fame assieme agli altri guasconi, sentendo la morte assai vicina (l’attacco definitivo del nemico è imminente).
Rostand fa esplodere in questa scena mortifera la potenza del Femminile, quella che in sanscrito viene chiamata Shakti: la giovane, infatti, non solo mette in pericolo la sua vita, attraversando le trincee nemiche, per riabbracciare il suo amore (pronta a morire con lui), ma fa uscire dalla carrozza pregiate vettovaglie per tutto il reggimento, riportandolo quasi letteralmente in vita. Insomma, al pari del cugino poeta, Rossana si rende protagonista di una “guasconata”, che rovescia in positivo la situazione. Il gesto viene così tanto apprezzato, che tutti i soldati sono sinceramente e felicemente pronti a dare la vita, per proteggere la signora. Bergerac, compiaciuto e ammaliato,  non ne parliamo.
Questo è il codice cavalleresco, questa è l’alta moralità dei guasconi: morire per una donna è un onore.
Infatti, è possibile definire Cyrano, che si distingue in carisma, bravura di penna, quanto di spada e ironia dai suoi commilitoni, come uno dei più grandi esteti di moralità dell’intera letteratura. Amante del bel gesto, nessuna azione viene mossa senza etica. Bergerac è paladino delle più alte virtù, che perfettamente si innestato nelle sue “guasconate”.
Quello che Cyrano prova per Rossana è un amore alto, non ha niente a che fare con il possesso, come quello dell’odioso Conte de Guiche e, in parte, dello stesso Cristiano, che, sebbene ami davvero Rossana, è preda dell’agitazione del corpo giovanile (infatti in una scena culmine Bergerac dirà al giovane: “vai troppo veloce!”). Non è nella brama del ratto il segreto del parlar d’amore, ma nella contemplazione dell’essere amato, il quale non può altro che donarsi, negando il possesso: questo è il tipo d’amore che incendia Cyrano.
Bergerac rinnega il possesso in ogni sua forma: è un monumento alla libertà non egoistica, ma socratica: lontano dalle passioni, senza vizi, dalla morale di ferro, benché gran guascone provocatore. Leale sia con gli amici, che con i nemici. Sia con uomini che con donne. La grandezza di Cyrano sta nell’essere un individuo anti-societario: è l’unico modo di vivere in modo onesto, senza compromessi, senza proprietà, in piena libertà, seguendo però un severo codice morale autoimposto, in cui l’ordine del mondo si palesa chiaramente.
Accanto a tutto ciò, c’è la storia del vero Savinien de Bergerac. La pièce di Rostand è infatti un omaggio al coltissimo, spregiudicato, ironico e anticonvenzionale scrittore realmente esistito nel seicento francese. L’omaggio non è assolutamente filologico. Tanti sono i fatti taciuti o cambiati dal commediografo: in primis, il vero Cyrano pare non non s’infuocasse certamente appresso le gonnelle: si dice fosse omosessuale; non era guascone, anche se tentò la carriera militare, e nacque a Parigi. Ferito in un combattimento, si ritirò dall’esercito e in pochi anni sperperò l’intera eredità paterna, nell’unico modo degno di spendere un patrimonio: studiare danza, scherma, filosofia e fisica. Fu quest’ultima materia che gli diede l’occasione di entrare nella storia della letteratura: Savinien infatti scrisse uno dei primissimi romanzi di fantascienza della storia: “L’altro mondo o Stati e Imperi della Luna” (ne sono debitori sia Jules Verne, che Melies). Rostand per ricordarlo scrive una scena ad hoc. Purtroppo, Savinien morì sostanzialmente di stenti appena trentaseienne.
L’operazione creativa di Rostand è un po’ quella che i Baustelle fanno in “Alfredo”, la canzone in ricordo del tragico incidente di Alfredino Rampi, dove s’intrecciano anacronisticamente fatti ed eventi filologicamente non corretti nel loro susseguirsi, ma che nella memoria collettiva sono perfettamente coerenti tra loro. Rostand porta in scena una società lontana due secoli da quella per la quale lui sta scrivendo e attinge ai personaggi della cultura francese noti ai più della sua epoca. Ecco quindi apparire la società delle Precieuses con i loro soprannomi e autori e opere a loro coevi; gli intimi amici, i maestri e coetanei del vero Bergerac. Per immergersi nelle peculiarità di questo periodo della cultura francese, si consiglia il magistrale lavoro curatoriale e filologico di Cinzia Bigliosi, nella traduzione di Cyrano de Bergerac edito da Feltrinelli (2009).
Ma soprattutto, cercando di dare un senso esperienziale a quanto detto, consigliamo (solo perché non abbiamo i mezzi per imporvela) la visione della pièce di Rostand al Teatro Stanze Segrete, in Trastevere (Roma). Lo si vuole dire senza mezzi termini: lo spettacolo, alla sua terza ripresa (garanzia della sua eccellenza), è meraviglioso. Il giovane Matteo Fasanella, classe 1988, non solo interpreta un Cyrano da batticuore, ma ha firmato sapientemente sia la regia, che l’adattamento. Delle peculiarità spaziali di questo teatro e dei suoi relativi spettacoli, ve ne abbiamo parlato qui e qui: le scene di massa sono impossibili, ma quelle con pochi personaggi raggiungono un livello di intimità davvero travolgente. Ne consegue che l’adattamento di Fasanella elimina le scene di gruppo, riduce a sei i personaggi; la scenografia è minimale, per non dire quasi assente; cadono tutti i riferimenti alla società francese del ‘600: di quel periodo restano solo i costumi e qualche oggetto di scena. In questo modo, non solo l’elegia di Cyrano ha modo di brillare in tutta la sua intensità e purezza davanti al fruitore, ma, soprattutto, il personaggio sembra trascendere il tempo e da eroe cavalleresco diventa eroe mitico: l’immenso amore di un uomo che “può esprimere la sua passione soltanto nascondendola”, scrive la sopracitata Bigliosi.
L’unico aspetto non entusiasmante dello spettacolo sono le musiche: il loro registro da film epico di serie b, mal si sposa con l’eccezionale qualità della recitazione. Un cast attoriale che sostiene agevolmente il ritmo incessante dato dal cambio di toni e di registri del testo di Rostand (ricordiamo che essendo state eliminate alcune scene, i tempi sono ancora più serrati) e che si fa sapiente e fenomenale interprete di ogni singolo sentimento, senza mai eccedere. Si rimane davvero ammirati dalla portata emotiva che Virna Zorzan (Rossana), Matteo Tanganelli (Cristiano), Giuseppe Renzo (Conte de Guiche), Valerio Rosati (Le Bret) e Alessandro Onorati sanno esprimere e donare. Sull’impeccabile e travolgente interpretazione di Matteo Fasanella nel ruolo di Cyrano non ci sono parole, ma, chiosando, non si sa se invidiarlo per la potente naturalezza del suo parlar d’amore, accanto al suo essere ironico e sfacciato; o biasimarlo per la sciocca infelicità che si è scelto, rinnegando sé stesso.
Ciò di cui siamo sicuri però è che vi commuoverete, perché il potere mitico di Cyrano è quello di essere, in piccola o in grande parte, dentro di noi.
“Qui giace Hercule-Savinien/ de Cyrano de Bergerac/ che tutto fu e fu niente”: come il suo amore.

PS: Il Cyrano di Fasanella è in scena a Teatro Stanze Segrete fino al 27 gennaio, 2019.

Pezzo ripreso da  pubblicato giovedì, 24 gennaio 2019

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