04 gennaio 2019

SUL CINISMO POLITICO DI SALVINI


Considerazioni sul sovranismo percepito

di Giorgio Mascitelli

Narra la storia che Jean-Baptiste Lully morì di cancrena a un piede, che il compositore italofrancese si era ferito da sé con la mazza di ferro con la quale soleva battere il tempo dell’orchestra rifiutando in seguito di farsi amputare la gamba, come proposto dai medici. Devo confessare che l’Italia sotto le cure di Salvini evoca ai miei occhi più che un immaginario mussoliniano proprio lo spettro della fine di Lully. Mi sembra questa la morale che insegna la vicenda della recente legge finanziaria: dalle roboanti dichiarazioni di non arretramento nemmeno di un millimetro fino all’accordo che introduce nuovi obblighi finanziari per un’Italia, che nel frattempo è completamente isolata in Europa ( si sa che gli amici austriaci e ungheresi di Salvini considerano esauriti i loro doveri amicali una volta fattisi un selfie con il ministro degli interni e per tutto il resto si attengono scrupolosamente alle indicazioni della Germania).
Se questo esito, del tutto prevedibile per come è stata condotta la tattica italiana di rapporti con la commissione europea, è verosimilmente indifferente al cinismo politico di Salvini, che considera la finanziaria un argomento qualsiasi della sua campagna elettorale  permanente, è probabile che per altri esponenti del governo, che si sono posti seriamente la questione dell’approvazione della legge, il momento della ritirata del progetto sia coinciso con il fallimento dell’asta dei BTP Italia di novembre. I BTP Italia sono infatti dei titoli rivolti ai piccoli risparmiatori, che lanciati con successo negli anni scorsi avevano avuto la funzione utile di segnalare che attacchi speculativi di breve periodo contro l’Italia erano destinati all’insuccesso per la capacità d finanziarsi sul mercato interno. In altri termini quell’Italia settentrionale e benestante di provincia che ha votato massicciamente per Salvini ha abbandonato il governo su un’iniziativa che numerosi esponenti della Lega avevano lasciato intendere essere un modo per offrire gambe solide su cui far marciare l’idea sovranista. Questo sovranismo del cuore ma non del portafoglio è del resto comprensibile sul piano degli interessi di classe perché per il momento per le persone sopra un certo livello economico quella europea resta la soluzione più conveniente e l’idea di investire i propri soldi in titoli emessi da un governo che va a uno scontro frontale con l’Europa, per quanto astrattamente a qualcuno possa piacere questa prospettiva, non è certo rassicurante. D’altra parte Salvini, se vuole continuare a togliere voti ai cinquestelle, non può rinunciare a quei toni che servono a intercettare le fasce della popolazione più in difficoltà.
In realtà questa scelta di Salvini non è solo frutto delle necessità tattiche di fare concorrenza agli alleati di governo, ma la sua efficacia risiede nel fatto che la borghesia nell’era della globalizzazione ha perduto la capacità simbolica e peraltro anche quella politica di costruire grande aggregazioni egemoniche sul piano nazionale che governino la società: di conseguenza chi vuole vincere deve fare riferimento a istanze simboliche di altro genere. Questo in quanto la borghesia  nell’era della globalizzazione ossia dell’abolizione del mercato interno è per forza transnazionale, tranne nei paesi centrali del sistema come gli Stati Uniti, la Cina e forse la Germania e il Giappone, ma questo nel concreto significa una sua tendenziale convergenza con obiettivi e interessi stranieri che si pongono, in un’ottica sovranista, in oggettiva opposizione con lo sviluppo del paese.
Visto che Salvini è innanzi tutto espressione della parte culturalmente e politicamente più retriva di questa borghesia, sarà costretto per non perdere la sua base a una politica sovranista limitata ad alcuni aspetti politici tralasciando quelli economici. Insomma avremo con ogni probabilità quello che si potrebbe chiamare un sovranismo sovrastrutturale che punterà molto sul razzismo e sulla lotta contro gli emigranti extracomunitari come forma di compensazione simbolica per le classi subordinate e di fatto abbandonate a se stesse, anche se è verosimile che verranno introdotti altri temi di forte impatto simbolico, per esempio è da seguire con attenzione in cosa effettivamente si tradurrà l’annunciata misura di introdurre l’insegnamento dell’educazione alla cittadinanza in tutte le scuole con personale formato ad hoc. Insomma è probabile che la Lega rafforzerà sul piano della rappresentazione politica le istanze sovraniste e su quello della volontà economica si atterrà alle linee neoliberiste, come dimostra anche il progetto di legge sull’autonomia differenziata delle regioni del nord.
In linea teorica questa politica salviniana non è affatto irresistibile e anzi fino a pochi anni fa non avrebbe avuto spazio di manovra, ma oggi la crisi del partito democratico la rende senza avversari. Il partito democratico sotto la guida di Renzi ha compiuto l’errore di trasformarsi nel campione nazionale di questa borghesia transnazionale abbandonando la propria base tradizionale con gli esiti che sono sotto gli occhi di tutti e in ciò condividendo lo stesso destino di altri partiti di centrosinistra in altri nazioni che hanno compiuto il medesimo errore, con l’aggiunta che nello specifico italiano questa borghesia transnazionale è  in fuga dal paese  anche in senso fisico e dunque progressivamente disinteressata alla sua evoluzione o involuzione. Del resto queste posizioni alla Emma Bonino, nelle quali la globalizzazione è una trionfale cavalcata in cui le occasioni fioccano a saperle cogliere, possono godere di grande popolarità in qualche redazione o in qualche istituto di ricerca di Milano e Roma, ma non sono adatte a governare una nazione, che resta anche nella globalizzazione una dimensione di governo irrinunciabile. Insomma questo sovranismo sovrastrutturale e zoppicante è tenuto in piedi involontariamente dagli apologeti della globalizzazione esattamente come è accaduto in Ungheria.
Ne La grande proletaria s’è mossa, il discorso con cui Giovanni Pascoli elogiava la guerra di Libia, si trova una contraddizione rivelatrice : all’inizio il poeta ricorda come gli emigranti italiani all’estero in quanto poveri lavoratori sono soggetti a discriminazioni e forme di razzismo da parte degli stranieri, nella seconda parte del testo il poeta ricorda la superiorità culturale dell’Italia su berberi e turchi con i toni tipici del paternalismo imperialista dell’epoca. Questo stato d’animo contraddittorio, ovviamente in forme storicamente diverse, sussiste anche oggi in Italia e tutta la capacità comunicativa di Salvini, così sottolineata da numerosi commentatori, consiste nello sfruttarlo. Questa operazione, per quanto condotta con abilità, troverà un suo limite oggettivo quando il sovranismo salviniano rivelerà la sua natura sovrastrutturale ossia la sua non volontà di toccare i rapporti di forza decisi dalle attuali politiche europee e globali. Eppure anche il raggiungimento di questo limite rischia di non bloccare la sua operazione politica se si troverà di fronte un’opposizione politicamente corretta che continua a considerare l’Europa neoliberista dei nostri giorni il migliore dei mondi possibili e incapace di ricordare che l’unico cambiamento dei rapporti di forza possibile in Europa nascerà da una politica delle alleanze con chi in Europa vive problemi analoghi ai nostri.

Giorgio Mascitelli 

Testo ripreso da  https://www.nazioneindiana.com/2019/01/04/considerazioni-sul-sovranismo-percepito/

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