Dalla Genesi a San Francesco: in "Uomini e animali nel Medioevo", per il Mulino, Chiara Frugoni attraversa una fitta rete di immagini e testi alla scoperta dell’ideale (perduta) armonia degli esseri viventi.
Francesco Stella
Bibbia, mappe del mondo e mirabilia
Nel romanzo Baudolino del
2000 Umberto Eco immagina che il protagonista, giunto ai confini del
leggendario Regno del Prete Gianni, uno stato «ideale» collocato in
un Oriente estremo e indefinito ma non immaginario, assista a guerre
combattute da specie umane mostruose (nel senso latino di
«prodigiose»), come gli sciapodi, uomini a gamba unica con piedone
utile a proteggersi dal sole facendo ombra (skia in greco), e per
questo capaci di una corsa velocissima, o i blemmi, esseri con la
testa nel torace simili agli Spongibob dei cartoni animati. Queste
razze abitavano regioni della terra poco conosciute e perciò
suscettibili di ospitare uomini e animali fuori dagli standard
europei.
Per la sua narrazione Eco
attingeva a quelle raccolte di esotismi che erano i cataloghi di
monstra e i bestiari, descrizioni di animali (ma anche piante,
herbaria, o pietre, lapidaria) familiari o conosciuti solo da
racconti di viaggiatori o da fonti autorevoli come la Bibbia o la
Storia naturale di Plinio e i suoi derivati. Ma sempre e comunque
reali, in quanto parte della creazione voluta da Dio: come scriveva
Agostino, la loro apparente stranezza dipende dall’insufficienza
della nostra conoscenza scientifica e non da un difetto di
attendibilità.
Negli ultimi anni su questo genere letterario, grazie anche alla maggiore facilità sia di reperire sia di stampare illustrazioni a colori del magico mondo medievale, sono stati pubblicati anche in Italia saggi e raccolte di cui «Alias» ha spesso dato conto: da Bestiari del Medioevo di Michel Pastoureau (Einaudi 2012) all’imponente antologia di testi edita per Giunti da Francesco Zambon pochi mesi fa. Sembrava perciò un’impresa impossibile riparlarne trovando una chiave nuova.
Ma il Medioevo è un
arsenale inesauribile e Uomini e animali nel Medioevo Storie
fantastiche e feroci (il Mulino «Grandi illustrati», pp. 387,
con 235 immagini a colori, euro 40,00) di Chiara Frugoni, storica di
instancabile generosità (di un anno fa il suo accattivante Vivere
nel Medioevo), riesce nell’impresa, pur ricorrendo in parte a
materiali familiari agli appassionati di immaginario medievale e
ancor più accessibili da quando portali web di straordinaria
ricchezza come http://bestiary.ca/ mettono a disposizione centinaia
di immagini anche rare con relative interpretazioni, spesso inedite a
stampa.
La Frugoni, maestra
della ricerca sul rapporto immagine/testo, sceglie sostanzialmente
tre chiavi, distribuite in cinque capitoli. La prima riguarda gli
animali della Bibbia, e in particolare quelli legati al loro primo
apparire, nella Genesi. Dei due racconti biblici sulla
creazione, sensibilmente diversi fra loro, il volume indaga con
magistrale chiarezza le problematiche, ponendosi domande che rendono
questo moderno bestiario diverso dagli altri: come comunicava Adamo
con gli animali? E le bestie dell’Eden si esprimevano in qualche
modo? La risposta, che muove dalla lingua pre-umana a quelle
successive al peccato originale e alla torre di Babele, si dipana
navigando in scioltezza fra fonti teologiche e capitelli romanici,
documenti canonistici ed esplorazioni di opere celebri e composite
come il tappeto o arazzo di Girona (XII secolo), sorta di sommario
del mondo e delle sue figurazioni e scansioni principali.
La capacità di guidarci in una rappresentazione complessa si manifesta al massimo grado nel capitolo forse più nuovo del volume, quello dedicato alle mappae mundi, raffigurazioni cartografiche che ambivano a riassumere le conoscenze sulla Terra, da quelle antropologiche a quelle zoologiche, geografiche, storiche, religiose, offrendo allo spettatore quella vista dall’alto già immaginata da Cicerone nel Somnium Scipionis così caro al Medioevo.
In particolare è
illuminante il capitolo sulla Mappa custodita un tempo a Ebstorf in
Sassonia, distrutta durante la guerra ma ricostruita sulla base di
riproduzioni da una fotografia, poi perduta anch’essa, del 1888.
Composta da trenta pelli di capra e larga tre metri e mezzo,
raffigurava un globo equivalente al corpo di Cristo (di cui si vedono
spuntare la testa a nord, i piedi a sud, le braccia a est e ovest) e
abitato da centinaia di edifici e figure botaniche, zoologiche e
umane distribuite in coloratissimi territori separati da fiumi e
montagne e circondati dall’Oceano circolare: al margine di questa
cintura vivono appunto sciapodi, blemmi e le altre varietà umane a
cui, dopo le enciclopedie di Plinio e Isidoro, il Medioevo dedicò
cataloghi specifici come il Liber Monstrorum (VIII-IX
secolo), qui non utilizzato.
Frugoni ci accompagna
riquadro per riquadro lasciandoci scoprire le dyomede delle Isole
Tremiti, il serpente moas e lo iaculo, lo stellio e la cerasta, ma
anche i popoli «grifi» del nord Europa e i biondi albanesi, la
Amazzoni e i cannibali Massageti, i mille papaveri rossi cui re Dario
paragonava la moltitudine dei suoi guerrieri poi sterminati da
Alessandro e i luoghi d’Africa e d’Asia dove erano stati
martirizzati gli apostoli. Questa mappa, che molti studiosi hanno
attribuito a Gervasio di Tilbury, estensore a inizio Duecento di un
atlante testuale di mirabilia tradotto in italiano da
Elisabetta Bartoli nel 2009 (Il libro delle meraviglie, Pacini
Editore), è diventata più comprensibile grazie alla prima
trascrizione dei testi che la circondano, dovuta nel 2007 a Hartmut
Kluger e collaboratori, e la Frugoni ci aiuta a farne tesoro
riportandone e traducendone i passi più interessanti.
Lo stesso percorso avviene con la più ridotta Mappa di Hereford, conservata ancora in originale, e col mirabile mosaico della cattedrale di Otranto, che era stato oggetto fin dal ’68 di un celebre studio di Frugoni e Settis. Anche qui solo grazie al ricorso ai bestiari si riesce a capire, ad esempio, perché il grande albero di fico che regge il mondo e la storia sia sostenuto da due elefanti, uno dei quali è aiutato da un elefantino sottostante. Secondo il Physiologus, matrice di tutti i bestiari, gli elefanti (qui Adamo ed Eva) dormivano appoggiandosi a un albero perché non avevano articolazioni al ginocchio e, se l’albero veniva abbattuto dai cacciatori, morivano prigionieri del proprio peso, a meno che un cucciolo della stessa specie (simbolo di Cristo che salva l’umanità) non li facesse risollevare con la proboscide.
Il segreto dell’inesauribile fascino del Medioevo è appunto questa vertiginosa pansemiosi del creato, celebrata da Eco nel suo Arte e bellezza nell’estetica medievale, per la quale ogni essere, oggetto, personaggio, episodio o fenomeno è sempre segno di altro e di altro ancora, una macchina generativa che solo la cultura simbolista di fine Ottocento ha saputo riprendere e sviluppare, sia pure su basi completamente diverse.
Il volume si chiude sul tema degli animali pericolosi, che recupera un oggetto privilegiato della ricerca di Frugoni: l’iconografia di san Francesco. In questo caso fulcro dell’indagine è il celebre Fioretto sul lupo di Gubbio, ammansito dal santo a patto che i paesani gli diano da mangiare, «imperocché io so bene che per la fame tu hai fatto ogni male», come efficacemente rappresentato nelle tavole del Sassetta ora alla National Gallery: un giustificazionismo biologico (e, per estensione, sociologico) del male che ancora oggi fa il suo effetto.
Ci illumina così, anche
oltre l’eccezionalità individuale del poverello di Assisi,
sull’alterità di un modello culturale in cui, sia pure su un piano
più ideale che pratico, l’armonia degli esseri viventi, nella
riconquista di un adamitico linguaggio comune, è un segno di santità
– ancora poco esplorato – che attraversa il Millennio, da Antonio
abate a Mammes di Cesarea agli eremiti irlandesi o a sant’Eustachio
fino appunto all’Umbria francescana.
Il Manifesto/Alias – 23
dicembre 2018
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