Honoré
Daumier, “Nous voulons Barabbas”
Una mia cara amica, Aurelia D'Andrea, stamattina ha opportunamente citato un passo del grande critico e storico dell'arte, Giulio Carlo Argan, che illumina il celebre quadro di H. Daumier. La netta distinzione che propone Argan tra FOLLA e POPOLO oggi mi sembra più necessaria che mai. (fv)
«Si
osservi questo dipinto: […] La figurazione è quella che va comunemente sotto il
titolo di “Ecce Homo”: Daumier la muta in “Nous voulons Barabbas”, integrando
così l'immagine con le parole urlate dalla folla. Quando raffigura genti del
popolo, Daumier dà loro un senso eroico, una gagliardia quasi michelangiolesca.
Qui però non si tratta di popolo, ma di folla: il popolo resiste e si ribella,
la folla cede al potere. Bisogna dunque presentare la folla come qualcosa di
amorfo, di sfatto, di impersonale. […] La deformazione […] è una deformazione
più morale che fisica, che vuol dare il senso e il disgusto della mollezza,
della manovrabilità della folla. […] Daumier, insomma, non rappresenta il
fatto, ne esprime visivamente il significato morale: l'incolpevole, stupida
malvagità della folla ubbidiente alla malvagità torva dei potenti».
Giulio Carlo Argan, da “Lettura - Honoré Daumier - Noi vogliamo Barabba”, in L'arte moderna 1770/1970, Sansoni, 1970.
Giulio Carlo Argan, da “Lettura - Honoré Daumier - Noi vogliamo Barabba”, in L'arte moderna 1770/1970, Sansoni, 1970.
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