14 febbraio 2018

ROSARIO GIUE' ACCANTO A PAPA FRANCESCO

Rosario Giue con il vescovo Corrado Lorefice


CHI HA PAURA DELLA CHIESA VOLUTA DA PAPA FRANCESCO 

ROSARIO GIUE’

Per decenni abbiamo visto mettere al centro i “valori non negoziabili” e ci si è presentati al mondo come “Chiesa del NO”, legati a pesi ormai disumani o ingiustificabili. Ma non ci si accorgeva che così non si era più capaci di “lavare i piedi” (Giovanni 13) agli uomini e alle donne di questo tempo post-cattolico?
La svolta di papa Francesco per alcuni, perciò, è stata spiazzante ma non hanno chiuso la porta. Anche il cardinale di Milano Angelo Scola, che certo non passa per riformista, ha affermato che il Papa sta dando un «pugno nello stomaco» alla Chiesa per scuoterla dal si è fatto sempre così. Altri stanno ad aspettare per vedere come vanno a finire le cose. Pensano: se dopo papa Francesco tutto ritorna come prima a che vale impegnarsi nella riforma?

E se in Vaticano c’è chi (anche quattro cardinali) solleva dubbi e tenta di frenare l’azione di Francesco, è nell’ordine delle cose che anche a Palermo vi sia chi interpreti il ministero del Papa (e di chi qui lo rappresenta) come una fastidiosa parentesi e spera che finisca al più presto! Non manca una limitata frangia reazionaria dell’area cattolica e della destra politica che addirittura biasima Francesco e sente nel suo linguaggio centrato sulla Misericordia odore di eresia! Ci si professa obbedienti e paladini dei romani pontefici, ma di quelli del passato e che piacciono. Infatti costoro non difendono la “Tradizione” della Chiesa universale dal tempo degli Apostoli fino ad oggi. No, la si fa coincidere con le recenti scelte di altri pontefici a loro graditi. Per esempio, nel caso della pastorale familiare, si fa coincidere la “vera dottrina” con l’enciclica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II del 1981. Perciò il linguaggio del discernimento spirituale e pastorale del caso per caso indicato dal Sinodo dei vescovi e ripreso da Francesco nel documento Amoris laetitia appare sconcertante e da rifiutare. Per questo parlano, addirittura, di Chiesa che si prostituisce. Ma, in verità, la Chiesa non ha venduto davvero la propria libertà quando ha intessuto alleanze politiche scandalose per un piatto di lenticchie?
Lo sappiamo: discernere è difficile, usare il linguaggio della condanna è più facile! Giovanni XXIII convocò il Concilio Vaticano II affinché la Chiesa si aggiornasse e non già per condannare. I problemi oggi non vengono dal Concilio Vaticano II o dal fatto che è stato attuato male; vengono, semmai, dal fatto che è stato sviluppato e attuato poco. Ma vorrei, con tenerezza e rispetto, domandare: vi rendete conto che una Chiesa pietrificata diventerebbe una setta oramai muta, incapace di comunicare il Vangelo ai giovani e alle donne in un mondo post- moderno? Vi rendete conto che se non si traduce il Vangelo, come si è fatto nei secoli passati (non è una novità!), la Chiesa rischia di diventare, ancor di più, un’organizzazione potente ma insignificante, senza umanità? L’ evoluzione teologica e pastorale, lo si voglia o no, è un dato della storia ed è necessario, anzi urgente, anche oggi La verità è che il cambiamento, la «conversione pastorale» che papa Francesco pazientemente vuole far vivere alla Chiesa dal basso, è qualcosa di scomodo per tutti noi. Perché mette in questioni abitudini, poteri, privilegi e clericalismi. La questione reale è che, dietro l’apparente difesa della “vera Chiesa”, ciò che in profondità dà più fastidio e fa paura è l’aprire le porte ad una società più inclusiva, più giusta e pluralista. Chi è consapevole anche a Palermo che l’essere «Chiesa in uscita», a partire dalla Misericordia, sia la sola via possibile per essere credibili sa bene che sostenere lo sforzo di papa Francesco è un compito, è un’opportunità.

Rosario Giuè, La Repubblica Palermo, 5 aprile 2017

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