" Questo è ciò che ... indicavamo come caratteristica della nostra epoca:
non già che l’uomo volgare creda d’essere eccellente e non volgare, ma è
ch’egli stesso proclami e imponga il diritto della volgarità, o la
volgarità come un diritto. Il dominio che sulla vita pubblica esercita
oggi la volgarità intellettuale, è forse il fattore più nuovo
dell’odierna situazione, il meno assimilabile a qualunque altro aspetto
del passato.
Per lo meno nella storia europea fino all’età presente, mai il volgo
aveva creduto di possedere «idee» sopra le cose. Aveva credenze,
tradizioni, esperienze, proverbi, abiti mentali; ma non s’immaginava di
possedere opinioni teoriche su quello che le cose sono o debbono essere -
per esempio, sulla politica o sulla letteratura. Gli pareva bene o male
quello che il politico proponeva e faceva; dava o negava la sua
adesione, ma il suo atteggiamento si limitava a ribattere, positivamente
o negativamente, l’azione creatrice di molti altri. Mai gli capitò di
contrapporre alle «idee» del politico le proprie; e tanto meno giudicare
le «idee» del politico dal tribunale di altre «idee» che credeva di
possedere.
Lo stesso in arte e negli altri ordini della vita pubblica. Una innata
coscienza dei propri limiti, di non essere cioè qualificato a
teorizzare, glielo vietava completamente. La conseguenza automatica di
ciò era che il «volgo» non pensava, neanche lontanamente, di decidere in
quasi nessuna delle attività pubbliche che per la maggior parte sono
d’indole teorica. Oggi, invece, l’uomo ha le sue «idee» più tassative su
quanto avviene e deve avvenire nell’universo. Per questo ha perduto
l’uso dell’udito. Perché stare ad ascoltare se già possiede dentro di sé
ciò che occorre? Ormai non è più questione d’ascoltare, ma, anzi, di
giudicare, di sentenziare, di decidere. Non c’è questione della vita,
pubblica dove non intervenga, cieco e sordo com’è, imponendo le sue
«opinioni».
Da José Ortega y Gasset, La ribellione delle masse (1930)
Nessun commento:
Posta un commento