Fra eros e botanica, in cerca di odori femminili
Elena Loewenthal
Profumo di donna. Tenue,
quasi impalpabile come quello delle mimose che ne celebrano la festa,
l'otto di marzo - ma che quest'anno, complice una fioritura precoce,
da oltre un mese disseminano di colore le terre di riviera. E forte,
invasivo, pregnante, inquietante: sono tanti, infatti, i profumi di
donna. Velati e prepotenti, dominanti ad ore alterne. Del resto,
nessun’altra creatura è da sempre come lei: materia e idea. Santa
e dannata - anzi «dannante». Amata e respinta, disprezzata e posta
sopra un altare (magari per essere sacrificata in nome di un'infinità
di cose...).
La donna è metà del
cielo, più di metà dell’umanità. È materia di vita e di utopia,
vittima di soprusi (praticamente per antonomasia) e sublime fonte di
ispirazione. Oltre che di aspirazione, nel senso olfattivo del
termine: perché la donna è anche presenza odorosa, inesauribile
gamma di percezioni che passano attraverso il naso.
Ebbene sì, che la cosa
piaccia o no. La «cosa», cioè la natura «fiutabile» della donna,
viene diffusamente raccontata in un libro che è anche una grande
miniera di materiali, testimonianze e citazioni: La donna di
fiori. Eros, botanica, alchimia scritto da Giuseppe Testa per
Sellerio.
Si legge come una specie
di avventura a volte persino scabrosa, malgrado la prosa qua e là
incerta e avvitata, malgrado qualche imprecisione (inevitabile del
resto, data la mole del materiale). Certamente, è un itinerario
originale e per nulla convenzionale nella poesia, nella filosofia e
in una vasta serie di altre discipline più o meno scientifiche, alla
ricerca di un Graal poco santo ma molto interessante: se ne ricava
un’immagine, anzi un universo del femminile, insolito e ricco di
spunti per tutti.
Si comincia da un assunto
biologico (quasi) incontrovertibile. Come tutti sappiamo, la donna ha
un ciclo: non è una sua esclusiva, perché segna il tempo della vita
e di questo nostro piccolo mondo che ruota intorno a una stella e ha
un satellite che le ruota intorno. Ventotto giorni dura questo ciclo
che segna la fertilità e l’umore femminile, così come le fasi
lunari.
Pochi sanno, però, che a
quanto pare di metabolismo ne esiste anche uno maschile: l’ha
scoperto Wilhelm Fliess medico e grande amico di un altro medico,
Sigmund Freud. Secondo il dottor Fliess, l’uomo nel senso di
maschio ha un ciclo di ventitré giorni, che è «terragno» - mentre
quello femminile risponde alla Luna - e si manifesta (talvolta)
fisicamente con l'epistassi nasale. In sostanza, mentre le donne
mestruano, gli uomini annusano. «Fliess aveva notato un fenomeno
comune: agli uomini sessualmente eccitati, e alle donne vicine alle
mestruazioni, succede di presentare le narici, o le mucose nasali,
rigonfie».
E qui comincia una lunga
storia. Che forse ci forma più di quanto non immaginavamo prima di
leggere questo libro e realizzare, testi alla mano, quanto l’olfatto
e il suo oggetto abbiano impregnato la nostra storia, l'arte, la
poesia, il pensiero. Del resto, il naso è un formidabile custode
della memoria. Quali tuffi nel passato ci procura il vapore di una
cibaria, un effluvio floreale, l’odore impalpabile di un luogo cui
torniamo dopo tanto tempo: in fondo, non siamo altro che la versione
evoluta di un animale da fiuto.
Così, la donna si è
declinata in un’inesauribile gamma di percezioni olfattive. Prima
di tutto quella, dolciastra, repellente e irresistibile al tempo
stesso, del sangue, che è lo scrigno della vita. La donna sa di
sangue. Questo è il suo mistero primo. Quasi per esorcizzare il
timore che questo «sapere» (nel senso ampio della parola) esercita,
la donna è diventata fiore. Tanti fiori diversi: la mimosa gentile,
in questi giorni. La rosa simbolo di purezza ma anche figurazione
della femminile cavità. Così come l’orchidea, che ne è un
disegno quasi perfetto.
«All’alba dell’età
delle scienze... l’anatomia della donna era pur sempre figurata in
forme vegetali. Giardini di prosperosi polloni, getti esuberanti e
tumescenze fronzute, i tomi d’ostetricia, oltre a quelli di
erboristica - l'Hortus Sanitatis (1485), per esempio -
mostravano invariabilmente corpi di alberi-donna». E non solo quei
tomi, certo che no. Da sempre la donna è rappresentata, figurata e
accostata alle percezioni olfattive e visive della natura.
Pensiamo ad esempio al
Cantico dei Cantici, poema d’amore entrato nel canone dei
testi sacri per un soffio (anche se un maestro del Talmud ci dice il
contrario, e cioè che è su questo libro che si regge il mondo,
oltre alla Bibbia tutta). Il Cantico è una vertigine di
profumi e sensazioni fisiche, dove la donna e l’amore sono un
tutt’uno di profumi e visioni. Di qui, passando per i miti greci,
la grande letteratura, l’alchimia e persino una buona porzione di
agiografia, si arriva addirittura alla Pioggia nel Pineto di
Gabriele d’Annunzio: tutta un’allegoria di corpo femminile, altro
che scenario di natura vegetale!
La messe dei profumi di
donna e di tutto ciò che della donna dicono, svelano e occultano, è
insomma inesauribile almeno quanto le strabilianti possibilità che
la natura è capace di sfoderare sotto i nostri occhi. Per questo,
sia l’una sia l’altra non smettono di stupire né di farsi
raccontare.
“La Stampa”, 5 marzo
2011
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