06 febbraio 2018

PROFUMO DI DONNA



Fra eros e botanica, in cerca di odori femminili 

Elena Loewenthal

Profumo di donna. Tenue, quasi impalpabile come quello delle mimose che ne celebrano la festa, l'otto di marzo - ma che quest'anno, complice una fioritura precoce, da oltre un mese disseminano di colore le terre di riviera. E forte, invasivo, pregnante, inquietante: sono tanti, infatti, i profumi di donna. Velati e prepotenti, dominanti ad ore alterne. Del resto, nessun’altra creatura è da sempre come lei: materia e idea. Santa e dannata - anzi «dannante». Amata e respinta, disprezzata e posta sopra un altare (magari per essere sacrificata in nome di un'infinità di cose...).
La donna è metà del cielo, più di metà dell’umanità. È materia di vita e di utopia, vittima di soprusi (praticamente per antonomasia) e sublime fonte di ispirazione. Oltre che di aspirazione, nel senso olfattivo del termine: perché la donna è anche presenza odorosa, inesauribile gamma di percezioni che passano attraverso il naso.
Ebbene sì, che la cosa piaccia o no. La «cosa», cioè la natura «fiutabile» della donna, viene diffusamente raccontata in un libro che è anche una grande miniera di materiali, testimonianze e citazioni: La donna di fiori. Eros, botanica, alchimia scritto da Giuseppe Testa per Sellerio.
Si legge come una specie di avventura a volte persino scabrosa, malgrado la prosa qua e là incerta e avvitata, malgrado qualche imprecisione (inevitabile del resto, data la mole del materiale). Certamente, è un itinerario originale e per nulla convenzionale nella poesia, nella filosofia e in una vasta serie di altre discipline più o meno scientifiche, alla ricerca di un Graal poco santo ma molto interessante: se ne ricava un’immagine, anzi un universo del femminile, insolito e ricco di spunti per tutti.
Si comincia da un assunto biologico (quasi) incontrovertibile. Come tutti sappiamo, la donna ha un ciclo: non è una sua esclusiva, perché segna il tempo della vita e di questo nostro piccolo mondo che ruota intorno a una stella e ha un satellite che le ruota intorno. Ventotto giorni dura questo ciclo che segna la fertilità e l’umore femminile, così come le fasi lunari.
Pochi sanno, però, che a quanto pare di metabolismo ne esiste anche uno maschile: l’ha scoperto Wilhelm Fliess medico e grande amico di un altro medico, Sigmund Freud. Secondo il dottor Fliess, l’uomo nel senso di maschio ha un ciclo di ventitré giorni, che è «terragno» - mentre quello femminile risponde alla Luna - e si manifesta (talvolta) fisicamente con l'epistassi nasale. In sostanza, mentre le donne mestruano, gli uomini annusano. «Fliess aveva notato un fenomeno comune: agli uomini sessualmente eccitati, e alle donne vicine alle mestruazioni, succede di presentare le narici, o le mucose nasali, rigonfie».
E qui comincia una lunga storia. Che forse ci forma più di quanto non immaginavamo prima di leggere questo libro e realizzare, testi alla mano, quanto l’olfatto e il suo oggetto abbiano impregnato la nostra storia, l'arte, la poesia, il pensiero. Del resto, il naso è un formidabile custode della memoria. Quali tuffi nel passato ci procura il vapore di una cibaria, un effluvio floreale, l’odore impalpabile di un luogo cui torniamo dopo tanto tempo: in fondo, non siamo altro che la versione evoluta di un animale da fiuto.
Così, la donna si è declinata in un’inesauribile gamma di percezioni olfattive. Prima di tutto quella, dolciastra, repellente e irresistibile al tempo stesso, del sangue, che è lo scrigno della vita. La donna sa di sangue. Questo è il suo mistero primo. Quasi per esorcizzare il timore che questo «sapere» (nel senso ampio della parola) esercita, la donna è diventata fiore. Tanti fiori diversi: la mimosa gentile, in questi giorni. La rosa simbolo di purezza ma anche figurazione della femminile cavità. Così come l’orchidea, che ne è un disegno quasi perfetto.
«All’alba dell’età delle scienze... l’anatomia della donna era pur sempre figurata in forme vegetali. Giardini di prosperosi polloni, getti esuberanti e tumescenze fronzute, i tomi d’ostetricia, oltre a quelli di erboristica - l'Hortus Sanitatis (1485), per esempio - mostravano invariabilmente corpi di alberi-donna». E non solo quei tomi, certo che no. Da sempre la donna è rappresentata, figurata e accostata alle percezioni olfattive e visive della natura.
Pensiamo ad esempio al Cantico dei Cantici, poema d’amore entrato nel canone dei testi sacri per un soffio (anche se un maestro del Talmud ci dice il contrario, e cioè che è su questo libro che si regge il mondo, oltre alla Bibbia tutta). Il Cantico è una vertigine di profumi e sensazioni fisiche, dove la donna e l’amore sono un tutt’uno di profumi e visioni. Di qui, passando per i miti greci, la grande letteratura, l’alchimia e persino una buona porzione di agiografia, si arriva addirittura alla Pioggia nel Pineto di Gabriele d’Annunzio: tutta un’allegoria di corpo femminile, altro che scenario di natura vegetale!
La messe dei profumi di donna e di tutto ciò che della donna dicono, svelano e occultano, è insomma inesauribile almeno quanto le strabilianti possibilità che la natura è capace di sfoderare sotto i nostri occhi. Per questo, sia l’una sia l’altra non smettono di stupire né di farsi raccontare.

“La Stampa”, 5 marzo 2011

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