Francesca Caferri
Addio a Fatema
Mernissi voce delle donne arabe
Se n'è andata quando
avremmo avuto più bisogno della sua voce, Fatema Mernissi. A 75 anni
la scrittrice e sociologa marocchina è morta ieri mattina nella sua
casa di Rabat. Una casa piena di colori, idee, luce, libri e
confusione che rispecchiava in pieno l'animo della sua padrona:
vulcanica, esplosiva, iperattiva ma mai confusa.
Con Mernissi il mondo
arabo perde una delle sue voci più importanti, una pioniera, una
stella: colei che per prima, in tempi non sospetti e sulla base di
severi studi coranici, aveva smontato punto per punto le
argomentazioni degli ultraconservatori raccontando il ruolo
fondamentale che avevano le donne nella società nuova immaginata da
Maometto ( Le donne del Profeta) o spiegando perché l'idea che Islam
e democrazia siano incompatibili fosse sbagliata ( Islam e
democrazia).
A sfatare il mito che
questi siano argomenti marginali, ogni libro di Mernissi arrivava
sugli scaffali come un ciclone, accolto da un successo di pubblico
che a lungo non ha avuto paragoni fra gli autori di questa sua parte
di mondo. Ogni suo incontro era salutato dal tutto esaurito: qualche
anno fa, quando a Mantova gli organizzatori del Festivaletteratura
ebbero l'idea di mettere a disposizione gli audio degli interventi
degli scrittori nelle precedenti edizioni del festival, quello della
Mernissi era fra i più gettonati.
Fatema Mernissi era una
grande affabulatrice, ma questo non le impediva di guardare la realtà
con uno sguardo lucido e ficcante: negli anni '90 era stata fra le
prime a pronosticare quello che l'arrivo delle televisioni
satellitari avrebbe significato per il mondo arabo, fino ad allora
abituato solo all'informazione di Stato. Quando il nuovo secolo
arrivò, fu la prima in assoluto a intuire la potenzialità di
Internet nella regione: «È una rivoluzione: il monopolio della
conoscenza è rotto, i giovani non resteranno immobili a lungo»,
scrisse in Karawan e poi disse a Repubblica nel 2007. Si entusiasmò
per le Primavere arabe e non si fece rattristare quando iniziò a
soffiare il vento d'autunno: «Il meccanismo è partito e non si
fermerà: è la fine dei vecchi equilibri».
Solo il trionfo della
violenza estremista la deprimeva: la considerava un abominio,
sosteneva di aver contestato tutto prima ancora che venisse detto,
che bastava prendere una pagina qualunque dei suoi libri per capire
come tutto fosse falso e sbagliato.
Parlava dall'alto di chi
aveva fatto un percorso lunghissimo: era nata nel 1940 in un harem di
Fez. Come tutte le ragazze di quell'era non poteva uscire di casa: le
pareti del grande palazzo di famiglia le erano strette, si rifugiava
in terrazza in cerca di libertà: «Devi solo concentrarti, c'è
sempre un pezzetto di cielo verso cui alzare la testa» le diceva la
sua compagna di fughe, Mina, una ex schiava. Fatema la prese in
parola: si dimostrò talmente brava da costringere la famiglia a
ritirarla dalla scuola coranica e a lasciarle frequentare le prime
scuole pubbliche del Marocco post- coloniale, e poi l'università.
Di lì spiccò il volo:
Parigi, l'Onu, gli Stati Uniti. Successo dopo successo, libro dopo
libro, progetto dopo progetto, per esaudire una promessa fatta alla
madre: «Cambierai il mondo, vero Fatema? Costruirai un pianeta senza
pareti e senza frontiere. Dirai a tutti che Allah ci ha fatto uguali,
uomini e donne».
Il mondo, Fatema Mernissi
lo ha cambiato: facendo scoprire a migliaia di persone di cosa si
parlasse quando si parlava di Islam, di donne, di velo, di
democrazia. Entusiasta, mai banale, mai arrendevole, sempre pronta ad
ascoltare: la sua voce ci mancherà.
La repubblica – 1
dicembre 2015
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