Una sinistra incapace
di una qualsiasi critica della modernità liberale è una sinistra
subalterna che non si pone neanche più il problema di elaborare un'altra
visione delle cose e dunque totalmente incapace di egemonia.
Jean-Claude Michéa
La sinistra deve
rifondare l’alleanza illuminista
Intervista di Fabio
Gambaro
«La progressione del voto per il Fronte Nazionale tra le classi popolari si spiega innanzitutto con l’incapacità della sinistra di parlare a quella parte della popolazione ».
Per Jean-Claude Michéa,
infatti, la sinistra contemporanea non ha più nulla a che vedere con
la nobile tradizione socialista. Incapace di proporre un’alternativa
economica al capitalismo trionfante, ha ripiegato sulle battaglie
civili care all’intellighenzia progressista e in sintonia con
l’individualismo dominante.
Il filosofo francese lo
spiega in un breve e interessantissimo saggio intitolato I misteri
della sinistra (Neri Pozza, traduzione di Roberto Boi), il cui
analizza la deriva progressista dall’ideale illuminista al trionfo
del capitalismo assoluto.
«La sinistra non solo
difende ardentemente l’economia di mercato, ma, come già
sottolineava Pasolini, non smette di celebrarne tutte le implicazioni
morali e culturali. Per la più grande gioia di Marine Le Pen, la
quale, dopo aver ricusato il reaganismo del padre, cita ormai senza
scrupoli Marx, Jaures o Gramsci! Ben inteso, una critica
semplicemente nazionalistica dal capitalismo globale è
necessariamente incoerente. Ma purtroppo oggi è la sola – nel
deserto intellettuale francese – che sia in sintonia con quello che
vivono le classi popolari».
Come spiega questa evoluzione della sinistra?
«Quella che ancora oggi
chiamiamo “sinistra” è nata da un patto difensivo contro la
destra nazionalista, clericale e reazionaria, siglato all’alba del
XX secolo tra le correnti maggioritarie del movimento socialista e le
forze liberali e repubblicane che si rifacevano ai principi del 1789
e all’eredità dell’illuminismo, la quale include anche Adam
Smith. Come notò subito Rosa Luxemburg, era un’alleanza ambigua,
che certo fino agli anni Sessanta ha reso possibili molte lotte
emancipatrici, ma che, una volta eliminate le ultime vestigia
dell’Ancien régime, non poteva che sfociare nella sconfitta di uno
dei due alleati. È quello che è successo alla fine degli anni
Settanta, quando l’intellighenzia di sinistra si è convinta che il
progetto socialista fosse essenzialmente “totalitario”. Da qui il
ripiegamento della sinistra europea sul liberalismo di Adam Smith e
l’abbandono di ogni idea d’emancipazione dei lavoratori».
Perché quella che lei chiama la “metafisica del progresso” ha spinto la sinistra ad accettare il capitalismo?
«L’ideologia progressista è fondata sulla credenza che esista un “senso della storia” e che ogni passo avanti costituisca un passo nella giusta direzione. Tale idea si è dimostrata globalmente efficace fintanto che si è trattato di combattere l’Ancien régime. Ma il capitalismo – basato su un’accumulazione del capitale che, come ha detto Marx, non conosce “alcun limite naturale né morale” – è un sistema dinamico che tende a colonizzare tutte le regioni del globo e tutte le sfere della vita umana. Focalizzandosi sulla lotta contro il “vecchio mondo” e le “forze del passato”, per il “progressismo” di sinistra è diventato sempre più difficile qualsiasi approccio critico della modernità liberale. Fino al punto di confondere l’idea che “non si può fermare il progresso” con l’idea che non si può fermare il capitalismo ».
In questo contesto, in che modo la sinistra cerca di differenziarsi dalla destra?
«Da quando la sinistra è
convinta che l’unico orizzonte del nostro tempo sia il capitalismo,
la sua politica economica è diventata indistinguibile da quella
della destra liberale. Da qui, negli ultimi trent’anni, il
tentativo di cercare il principio ultimo della sua differenza nel
liberalismo culturale delle nuove classi medie. Vale a dire nella
battaglia permanente combattuta dagli “agenti dominati della
dominazione”, secondo la formula di André Gorz, contro tutti i
“tabù” del passato. La sinistra dimentica però che il
capitalismo è “un fatto sociale” totale. E se la chiave del
liberalismo economico, secondo Hayek, è il diritto di ciascuno di
“produrre, vendere e comprare tutto ciò che può essere prodotto o
venduto” (che si tratti di droghe, armi chimiche, servizi sessuali
o “madri in affitto”), è chiaro che il capitalismo non accetterà
alcun limite né tabù. Al contrario, tenderà, come dice Marx, a
affondare tutti i valori umani “nelle acque ghiacciate del calcolo
egoista”».
Perché considera un
errore da parte della sinistra aver accettato il capitalismo? C’è
chi sostiene che sia una prova di realismo...
«Come scriveva Rosa
Luxemburg nel 1913, la fase finale del capitalismo darà luogo a “un
periodo di catastrofi”. Una definizione che si adatta perfettamente
all’epoca nella quale stiamo entrando. Innanzitutto catastrofe
morale e culturale, dato che nessuna comunità può sopravvivere solo
sulla base del ciascuno per sé e dell’interesse personale. Quindi,
catastrofe ecologica, perché l’idea di una crescita materiale
infinita in un mondo finito è la più folle utopia che l’uomo
abbia mai concepito. E infine catastrofe economica e finanziaria,
perché l’accumulo mondializzato del capitale – la “crescita”–
sta per scontrarsi con quello che Marx chiamava il “limite
interno”. Vale a dire la contraddizione tra il fatto che la fonte
di ogni valore aggiunto – e dunque di ogni profitto – è sempre
il lavoro vivo, e la tendenza del capitale ad accrescere la
produttività sostituendo al lavoro vivo le macchine, i programmi e i
robot. Il fatto che le “industrie del futuro” creino pochi posti
di lavoro conferma la tesi di Marx».
Perché, in questo contesto, ritiene necessario pensare “la sinistra contro la sinistra”?
«La forza della critica
socialista nasce proprio dall’aver compreso fin dal XIX secolo che
un sistema sociale basato esclusivamente sulla ricerca del profitto
privato conduce l’umanità in un vicolo cieco. Paradossalmente, la
sinistra europea ha scelto di riconciliarsi con questo sistema
sociale, considerando “arcaica” ogni critica radicale nei suoi
confronti, proprio nel momento in cui questo comincia a incrinarsi da
tutte le parti sotto il peso delle contraddizioni interne. Insomma,
non poteva scommettere su un cavallo peggiore! Per questo oggi è
urgente pensare la sinistra contro la sinistra».
La Repubblica – 19
dicembre 2015
Jean- Claude Michéa
I misteri della
sinistra
Neri Pozza, 2015
euro 15
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