Franca Viola, ieri
Franca oggi
UNA DONNA SICILIANA CHE
HA CAMBIATO LA STORIA
Molti hanno dimenticato Franca Viola, la ragazza di Alcamo (TP) rapita e stuprata nel 1965, che coraggiosamente rifiutò il
cosiddetto matrimonio riparatore ,
previsto ancora in quegli anni dal Codice Penale italiano.
Riproponiamo di seguito la scheda di Paola Busolo, pubblicata da http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/franca-viola/ , ricca di dettagli che mostrano come le scelte delle singole persone possano talora cambiare la storia di un Paese.
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Franca Viola nasce nel 1947 ad Alcamo (TP) da una modesta famiglia di mezzadri; sono gli
anni in cui la riforma agraria provoca un gran fermento in Sicilia, con
la scomparsa dei feudi e la nascita di un ceto di piccoli proprietari. All’età di quindici anni, con il
consenso dei genitori, Franca si fidanza con Filippo Melodia, nipote di
un noto mafioso locale e membro di una famiglia benestante. Dato che
Filippo viene accusato di furto e appartenenza a banda mafiosa, il padre
di Franca decide di rompere il fidanzamento. Il giovane emigra in
Germania e appena rientra, dopo un breve periodo di reclusione, torna
alla carica a casa di Viola. Le sue minacce di tipo puramente mafioso
sono comunque rivolte al padre, al quale viene bruciata la casetta di
campagna, distrutto il vigneto, portato un gregge di pecore a pascolare
nel campo di pomodori… Bernardo Viola viene persino minacciato con una
pistola, ma nessuno di questi strumenti lo spaventa abbastanza da fargli
“mollare” la custodia della figlia. Il 26 dicembre 1965 il Melodia, con
la sua banda di amici, si ripresenta a casa Viola e, dopo aver
distrutto tutto e gravemente malmenato la madre, si porta via Franca e
il fratellino che le si è aggrappato alle gambe nel tentativo di
proteggerla. Il fratellino viene rispedito a casa, Franca viene tenuta
prigioniera prima in un caseggiato isolato e poi in casa della sorella
del Melodia, ad Alcamo stessa. “Rimasi digiuna per giorni e giorni. Lui
mi dileggiava e provocava. Dopo una settimana abusò di me. Ero a letto,
in stato di semi-incoscienza”, racconterà Franca. Il 6 gennaio 1966 la
polizia rintraccia il rifugio e riesce in maniera rocambolesca a
liberare la giovane. Il Melodia viene arrestato con i suoi complici, ma
conta evidentemente sul matrimonio “riparatore” che, come prevedeva la
legge italiana, scagionava il rapitore che sposava la propria vittima.
Franca però rifiuta di sposarsi dando quindi avvio al processo, che si svolge nel dicembre del 1966. Il padre Bernardo decide di costituirsi parte civile malgrado le pressioni esercitate per dissuaderlo. L’attenzione di tutta la stampa locale e nazionale è altissima, sia perché è la prima volta che una donna sceglie di dichiararsi “svergognata” e sfidare le arcaiche regole di un “onore” presunto e patriarcale, sia perché in questa vicenda si ravvisa l’occasione di intaccare, almeno in parte, il potere della mafia. Il prezzo da pagare era altissimo: minacce, ricatti, l’opinione pubblica ostile, insomma una clausura stretta, con polizia fuori da casa giorno e notte e nessuna possibilità di lavoro per il padre. Ma la chiarezza della posizione di Franca risuonava come un monito a una società in movimento: “Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce”.
Franca, già duramente provata dalla violenza del rapimento e dalla vita di clausura che stava conducendo, è pure costretta a cambiare legale, avendo incontrato nello studio del proprio patrocinante il parente di uno dei rapitori, cosa che le pare un tradimento, un’offesa intollerabile.
Trasportata da Alcamo a Trapani da una camionetta della polizia, Franca presenzia con grande coraggio a tutte le udienze. Il Melodia tenta di infangarla ulteriormente, raccontando che i loro primi rapporti risalivano al luglio del ”63, epoca del loro fidanzamento, ed erano stati consumati nella casa dei genitori di lei approfittando delle temporanee assenze dei familiari. Dai legali del Melodia viene persino avanzata richiesta – fortunatamente respinta – di una perizia per accertare quando fosse avvenuta la deflorazione della ragazza.Il processo si conclude con la condanna ad 11 anni per il Melodia ed i suoi complici.
“Non ho mai avuto paura, non ho mai camminato voltandomi indietro a guardarmi le spalle. È una grazia vera, perché se non hai paura di morire muori una volta sola.”
L’attesa vendetta delle famiglie dei condannati, per fortuna, non arriva. L’arciprete di Alcamo predica che tutto quel baccano farà restare Franca “zitella”. Invece Franca si sposa il 4 dicembre del 1968 con Giuseppe Ruisi. Durante il processo il Melodia l’aveva minacciata, dicendole che se avesse sposato quell’uomo lo avrebbe ammazzato. Loro si sposano lo stesso: la cerimonia è annunciata per le 10. Franca vuole un matrimonio in piena regola, le partecipazioni, l’abito bianco, i fiori in chiesa, il ricevimento… Davanti e dentro alla chiesa moltissimi fotografi e curiosi, tutti gabbati, perché la cerimonia si è già svolta alle 7 del mattino, alla presenza solo di familiari e testimoni. Arrivano gli auguri di Saragat, Presidente della Repubblica, di Leone, Presidente del Consiglio; Scalfaro, Ministro dei Trasporti, regala un biglietto ferroviario valido per un mese su tutta la rete ferroviaria italiana. Paolo VI la riceve in udienza: “Le persone a volte sbagliano senza sapere quello che fanno”.
Sulla sua storia così esemplare è stato persino girato un film, La moglie più bella. Il suo ruolo è interpretato da una giovane Ornella Muti.
Oggi Franca vive ancora ad Alcamo, ha avuto tre figli. “È arrivato il momento in cui ho dovuto dirglielo. Sergio era in prima media. La sua insegnante un giorno disse in classe ‘Fra qualche anno nelle antologie ci sarà anche la storia della mamma di Sergio’”.
Filippo Melodia è morto, ucciso vicino a Modena. Alcuni dei suoi complici vivono ancora ad Alcamo. “Li incontro ogni tanto. Preferisco evitarli, ma se non riesco li saluto e loro mi salutano, quasi sempre abbassano gli occhi. Magari anche loro sono stati ingannati, magari quello lì gli aveva detto quello che poi ha detto al processo, che io ero d’accordo a sposarlo ma mio padre no”.
Ma nonostante il coraggio di Franca abbia fatto da apripista a molte analoghe denunce, affinché il “matrimonio riparatore”, insieme con il “delitto d’onore”, escano dal codice civile come argomenti che legittimano di fatto la violenza su donne, fidanzate, mogli, si dovrà aspettare il 1981: l’altro ieri.
Franca però rifiuta di sposarsi dando quindi avvio al processo, che si svolge nel dicembre del 1966. Il padre Bernardo decide di costituirsi parte civile malgrado le pressioni esercitate per dissuaderlo. L’attenzione di tutta la stampa locale e nazionale è altissima, sia perché è la prima volta che una donna sceglie di dichiararsi “svergognata” e sfidare le arcaiche regole di un “onore” presunto e patriarcale, sia perché in questa vicenda si ravvisa l’occasione di intaccare, almeno in parte, il potere della mafia. Il prezzo da pagare era altissimo: minacce, ricatti, l’opinione pubblica ostile, insomma una clausura stretta, con polizia fuori da casa giorno e notte e nessuna possibilità di lavoro per il padre. Ma la chiarezza della posizione di Franca risuonava come un monito a una società in movimento: “Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce”.
Franca, già duramente provata dalla violenza del rapimento e dalla vita di clausura che stava conducendo, è pure costretta a cambiare legale, avendo incontrato nello studio del proprio patrocinante il parente di uno dei rapitori, cosa che le pare un tradimento, un’offesa intollerabile.
Trasportata da Alcamo a Trapani da una camionetta della polizia, Franca presenzia con grande coraggio a tutte le udienze. Il Melodia tenta di infangarla ulteriormente, raccontando che i loro primi rapporti risalivano al luglio del ”63, epoca del loro fidanzamento, ed erano stati consumati nella casa dei genitori di lei approfittando delle temporanee assenze dei familiari. Dai legali del Melodia viene persino avanzata richiesta – fortunatamente respinta – di una perizia per accertare quando fosse avvenuta la deflorazione della ragazza.Il processo si conclude con la condanna ad 11 anni per il Melodia ed i suoi complici.
“Non ho mai avuto paura, non ho mai camminato voltandomi indietro a guardarmi le spalle. È una grazia vera, perché se non hai paura di morire muori una volta sola.”
L’attesa vendetta delle famiglie dei condannati, per fortuna, non arriva. L’arciprete di Alcamo predica che tutto quel baccano farà restare Franca “zitella”. Invece Franca si sposa il 4 dicembre del 1968 con Giuseppe Ruisi. Durante il processo il Melodia l’aveva minacciata, dicendole che se avesse sposato quell’uomo lo avrebbe ammazzato. Loro si sposano lo stesso: la cerimonia è annunciata per le 10. Franca vuole un matrimonio in piena regola, le partecipazioni, l’abito bianco, i fiori in chiesa, il ricevimento… Davanti e dentro alla chiesa moltissimi fotografi e curiosi, tutti gabbati, perché la cerimonia si è già svolta alle 7 del mattino, alla presenza solo di familiari e testimoni. Arrivano gli auguri di Saragat, Presidente della Repubblica, di Leone, Presidente del Consiglio; Scalfaro, Ministro dei Trasporti, regala un biglietto ferroviario valido per un mese su tutta la rete ferroviaria italiana. Paolo VI la riceve in udienza: “Le persone a volte sbagliano senza sapere quello che fanno”.
Sulla sua storia così esemplare è stato persino girato un film, La moglie più bella. Il suo ruolo è interpretato da una giovane Ornella Muti.
Oggi Franca vive ancora ad Alcamo, ha avuto tre figli. “È arrivato il momento in cui ho dovuto dirglielo. Sergio era in prima media. La sua insegnante un giorno disse in classe ‘Fra qualche anno nelle antologie ci sarà anche la storia della mamma di Sergio’”.
Filippo Melodia è morto, ucciso vicino a Modena. Alcuni dei suoi complici vivono ancora ad Alcamo. “Li incontro ogni tanto. Preferisco evitarli, ma se non riesco li saluto e loro mi salutano, quasi sempre abbassano gli occhi. Magari anche loro sono stati ingannati, magari quello lì gli aveva detto quello che poi ha detto al processo, che io ero d’accordo a sposarlo ma mio padre no”.
Ma nonostante il coraggio di Franca abbia fatto da apripista a molte analoghe denunce, affinché il “matrimonio riparatore”, insieme con il “delitto d’onore”, escano dal codice civile come argomenti che legittimano di fatto la violenza su donne, fidanzate, mogli, si dovrà aspettare il 1981: l’altro ieri.
Fonti, risorse bibliografiche, siti
Elena Doni - Manuela Fugenzi, Il secolo delle donne, Roma, Laterza 2001Maria Pia Di Bella, «Le cas Franca Viola: la ragazza che disse di no», in Les Annales ESC, numero 4, luglio-agosto 1983
Liliana Madeo, «Franca Viola, la rivincita della “svergognata”», La Stampa, 15 agosto 1992
Film
La moglie più bella, di Damiano Damiani, 1970
Riprendo dal mio diario FB alcuni commenti pervenuti:
RispondiEliminaFrancesca Sgorbati Bosi: indimenticabile! e indimenticabile il fatto che il CORRIERE DEL PICCOLI pubblicò la sua storia.
Loretta Fusco: le dobbiamo essere grate.
Laura Frisoni: Una grande Donna con un grande padre ... buongiorno Francesco !
RispondiEliminaFrancesco Virga: Mi piace la tua sottolineatura del ruolo che ebbe in tutta la storia anche il padre di Franca!
Rispetto veramente per lei e per suo padre che si ribellarono ai prepotenti e a una legge assurda
RispondiEliminaVa precisato, peraltro, che l'articolo 544 del vecchio codice penale italiano ( risalente, in gran parte, al fascista Codice Rocco) , secondo il quale il reato dello stupro veniva estinto con il cosiddetto “matrimonio riparatore”, venne abrogato con la legge 442, emanata il 5 agosto 1981 a sedici anni dal rapimento di Viola, e solamente nel 1996 lo stupro sarà legalmente riconosciuto in Italia non più come un reato "contro la morale", bensì come un reato "contro la persona".
RispondiEliminaI remember this case from my teenage years. Franca Viola was the most courageous young woman I had heard of. It was transforming for her to say NO to both the rapist and the state.
RispondiEliminaHer father's courage was also remarkable.
Now let's hope that similar strength will come to the aid of all those young women still being forced into tribal marriages.
Ricordo questo caso dalla mia adolescenza. Franca Viola era la giovane donna più coraggiosa di cui avessi sentito parlare. È stato trasformante per lei dire NO sia allo stupratore che allo Stato.
Anche il coraggio di suo padre era notevole.
Ora speriamo che una forza simile venga in aiuto di tutte quelle giovani donne ancora costrette a sposarsi in tribù.
I remember this case from my teenage years. Franca Viola was the most courageous young woman I had heard of. It was transforming for her to say NO to both the rapist and the state.
RispondiEliminaHer father's courage was also remarkable.
Now let's hope that similar strength will come to the aid of all those young women still being forced into tribal marriages.
Ricordo questo caso dalla mia adolescenza. Franca Viola era la giovane donna più coraggiosa di cui avessi sentito parlare. È stato trasformante per lei dire NO sia allo stupratore che allo Stato.
Anche il coraggio di suo padre era notevole.
Ora speriamo che una forza simile venga in aiuto di tutte quelle giovani donne ancora costrette a sposarsi in tribù.
I remember this case from my teenage years. Franca Viola was the most courageous young woman I had heard of. It was transforming for her to say NO to both the rapist and the state.
RispondiEliminaHer father's courage was also remarkable.
Now let's hope that similar strength will come to the aid of all those young women still being forced into tribal marriages.
Ricordo questo caso dalla mia adolescenza. Franca Viola era la giovane donna più coraggiosa di cui avessi sentito parlare. È stato trasformante per lei dire NO sia allo stupratore che allo Stato.
Anche il coraggio di suo padre era notevole.
Ora speriamo che una forza simile venga in aiuto di tutte quelle giovani donne ancora costrette a sposarsi in tribù.