Da giovane ero rimasto conquistato dalle parole dedicate al deserto dal mio scrittore preferito di allora: Albert Camus. Oggi che non sono più giovane, almeno dal punto di vista anagrafico, all'elogio lirico che ne aveva fatto il grande scrittore franco-algerino, preferisco le parole più sobrie e meditate del Consigliere di Mitterand.
Jacques Attali
Deserto
Il deserto è anche il
tempo che scorre nello spazio, è anche l'adolescenza, il passaggio
dal bambino (schiavo dei propri genitori) all'adulto (che deve
costruirsi un territorio). L'adolescenza è dunque come il Sinai; il
bar mitzvah è come la scoperta del Decalogo.
Il deserto è il luogo
dell'apprendistato, necessariamente nomade, alla vita, dove ciascuno
esce completamente diverso. Il luogo della trasgressione e del
pentimento, entrambi fondamento della maturità, che non bisognerà
mai dimenticare, una volta diventati sedentari. E anche il luogo
dell'apprendistato alla vita in società, dove si scopre che si ha
bisogno degli altri per viaggiare: nessuno è mai sopravvissuto alla
traversata del deserto. Per concludere: è il luogo che nessuno ha il
desiderio di lasciare, perchè costituisce una specie di tregua, di
parentesi di libertà tra due spazi costrittivi; come lo è la notte
per gli adolescenti, come lo sono per loro anche i videogiochi,
deserti virtuali.
La sola cosa da fare di
fronte al deserto, sia esso materiale o morale, reale o virtuale –
come con il tempo di cui esso è una metafora -, è darsi il coraggio
di attraversarlo; di penetrarvi, di prenderne il meglio, di nutrirsi
dell'esperienza, di elevare la coscienza di sé, ma di non restarvi.
(Jacques Attali, Dizionario innamorato dell'ebraismo, Fazi, p. 132)
P. S. A scanso di equivoci continuo a leggere con gusto e amore Albert Camus. Non a caso recentemente ho ricordato la pagina che mi conquistò quando avevo solo vent'anni: http://cesim-marineo.blogspot.it/2014/06/il-deserto-di-albert-camus.html
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