25 dicembre 2015

UN RACCONTO DI NATALE DI B. BRECHT



Bertolt Brecht
Il pacchetto del Buon Dio. Un racconto di Natale
Prendete le vostre sedie e le vostre tazze di The e venite qui, vicino al forno, e non dimenticate il Rhum! Bisogna stare al caldo quando si racconta del freddo!
Alcuni uomini, soprattutto quelli che hanno qualcosa contro il sentimentalismo, nutrono una profonda avversione per il natale. Ma almeno uno dei Natali nella mia vita è ancora ben impresso nella mia memoria. Era la vigilia di natale del 1908 a Chicago. Ero arrivato a Chicago all’inizio di Novembre, e subito mi dissero – non appena qualcuno si informava della mia situazione – che quello sarebbe stato l’inverno più freddo che una città già poco ospitale come quella, potesse offrire. Quando chiesi che opportunità di lavoro ci potessero essere per un calderaio, mi dissero che non c’era alcuna chance, e quando iniziai a cercare un posto dove dormire, tutto risultò essere troppo caro per le mie tasche. E questa scoperta la fecero in tanti, in quell’inverno di Chicago nel 1908, operai di ogni specie.
Ed il vento soffiò gelido dal lago Michigan per tutto Dicembre, e verso la fine del mese anche una catena di fabbriche per il confezionamento della carne fallirono, e molti operai persero il lavoro, e furono buttati improvvisamente in mezzo alle fredde strade.
Giravamo per tutto il giorno in diversi quartieri, alla vana ricerca di un qualsiasi lavoro, ed eravamo già felici se potevamo trascorrere qualche ora, alla sera, in qualche locale strapieno nel quartiere dei macellai. Lì almeno era caldo, e potevamo sedere in pace. E rimanevamo seduti, finché qualcuno se ne andava con un bicchiere di Whisky, ed allora risparmiavamo tutto il giorno solo per quel bicchiere di whisky, in cui trovavamo calore, rumore e compagni, cioè tutto quello che per noi allora significava speranza.
Eravamo seduti là anche alla vigilia di natale di quell’anno, ed il locale era addirittura più affollato del solito, ed il Whisky più annacquato, ed i clienti più disperati che mai. È naturale allora che né i clienti, né tantomeno l’oste fossero in vena di festeggiare, quando l’unico problema dei clienti sembra quello di farsi durare il bicchiere di Whisky per l’intera serata, mentre l’unico problema dell’oste sarebbe quello di riempire i bicchieri vuoti sui tavoli…
Però attorno alle dieci arrivarono due, tre ragazzotti, che – il diavolo sa come – avevano qualche dollaro in tasca ed invitarono tutti i presenti a bere un paio di bicchieri extra, proprio perchè era la vigilia di Natale, e l’aria era pregna di buoni sentimenti. Cinque minuti dopo quel locale era irriconoscibile. Tutti bevevano Whisky fresco (e facevano dannatamente attenzione a che i bicchieri venissero riempiti correttamente), i tavoli vennero accostati l’uno all’altro, ed allora una ragazza infreddolita fu invitata a ballare un Cakewalk, e tutti i clienti battevano le mani a tempo. Ma cosa posso dire? Forse il diavolo stesso c’aveva messo la sua zampa nera, eppure l’atmosfera si fece veramente natalizia.
Già dall’inizio quella festa aveva preso una strana, cattiva piega. Penso anche che molti furono provocati dal fatto di dover accettare per forza i regali. I donatori di questa atmosfera natalizia quindi non venivano visti con occhio particolarmente grato. Già dopo i primi bicchieri di Whisky qualcuno propose di organizzare un vero scambio di regali, un’impresa in grande stile, per così dire.
Visto che non c’erano molti regali da distribuire, si cercarono dei doni che avessero, per lo meno, un grande valore per chi lo donasse, un significato particolare insomma.
Allora regalammo all’oste un secchio con della neve sporca presa all’esterno, visto che ce n’era tanta, in modo che avesse abbastanza acqua per annacquare il Whisky per tutto l’anno. Al cameriere regalammo un vecchio barattolo di conserva rotto, così che avesse almeno un buon pezzo di argenteria. Ad una ragazza del locale regalammo un coltellino tascabile, con cui si potesse grattare via dal viso la cipria dell’anno passato.
Tutti i regali furono accolti da grandi applausi degli astanti, ma non da chi li riceveva ovviamente. E poi arrivò il meglio.
Tra noi c’era un uomo che aveva sicuramente un punto debole. Stava seduto tutte le sere là, e tutti quelli con cui parlava pensavano che – sebbene sembrasse indifferente a tutto e tutti – in realtà avesse una paura fottuta della polizia. Ma tutti notavano che non se la passava sicuramente bene.
Per questa persona pensammo ad un regalo veramente speciale. Da una vecchia agenda, col consenso dell’oste, strappammo via tre pagine, dove era stampato un annuncio della polizia, le inserimmo in un vecchio giornale, e consegnammo questo strano pacchetto all’uomo.
Il locale si fece improvvisamente silenzioso quando gli donammo il pacchetto. Lui lo perse con timore, e sorrise leggermente dal basso. Notai come apriva il pacchetto con le dita, per capire subito di cosa si trattasse. Ma poi aprì tutto velocemente.
Ed allora successe qualcosa di straordinario. Esitava sulla corda con cui era legato il “pacchetto”, quando il suo sguardo, apparentemente assente, cadde sull’articolo del giornale in cui avevamo avvolto le pagine dell’agenda. Ed allora il suo sguardo non fu più assente. Tutto il suo esile corpo (era molto alto) si avvolse, per così dire, attorno alle pagine del giornale, chinò lo sguardo dentro le pagine ed iniziò a leggere. Mai più, né prima, né dopo quel momento, ho visto un uomo leggere con tanta foga. Inghiottiva semplicemente ogni parola che leggeva. E poi alzò lo sguardo. E di nuovo, mai ho visto - né prima né dopo – un uomo sorridere in un modo tale come quell’uomo.
“Ora leggo nel giornale” disse a fatica, con voce calma ma un po’ arrugginita, in contrasto con il suo viso raggiante “ che tutta la storia è stata chiarita. Qualcuno in Ohio sa che io non ho nulla a che vedere con tutto questo”. E poi scoppiò a ridere.
E noi che stavamo lì, in piedi, a bocca aperta, e ci aspettavamo tutt'altra reazione, capimmo appena che quell’uomo era stato accusato di un qualche reato, ma che ora, leggendo il giornale, aveva capito che era stato completamente riabilitato. Ed allora iniziammo a ridere a squarciagola con lui, di tutto cuore, e la nostra rappresentazione raggiunse l’apice. L’amarezza iniziale fu subito dimenticata, ed allora sì che quello fu un Natale da ricordare, che durò fino alla mattina successiva e ci rese tutti felici.
E nella soddisfazione generale non fu più importante che quelle pagine del giornale non erano state affatto scelte da noi, bensì da Dio in persona.

(Le foto sono di Lee Jeffries, un fotografo che ha girato Europa e Stati Uniti scattando fotografie a senzatetto. Ritratti in bianco e nero molto stretti, per andare a scavare in ogni segno e ogni ruga sui volti dei soggetti.)

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