Henri Matisse fu per tutta la vita un collezionista d'arte. I quadri
(suoi e degli altri) lo aiutavano a vivere. Appena sposato comprò il suo
primo Cézanne con i soldi della dote della moglie.
Lea Mattarella
Henri e Pablo rivali
per gioco ma non troppo
«Matisse possedeva in
quei tempi un piccolo Cézanne e un piccolo Gauguin e diceva che
tutti e due gli erano necessari. Aveva comprato il Cézanne con la
dote di sua moglie e il Gauguin con l'unico gioiello che lei avesse
mai posseduto, l'anello. E siccome a Matisse i due quadri erano
necessari, erano felici. Il quadro di Cézanne rappresentava dei
bagnanti presso una tenda; quello di Gauguin la testa di un ragazzo. Più tardi, passando gli
anni, quando Matisse divenne molto ricco, non smise più di comprar
quadri. Diceva che lui di quadri s'intendeva e ci aveva fiducia,
mentre d'altro non s'intendeva. Così per suo piacere e come l'ottimo
dei capitali da lasciare ai suoi figli comprava dei Cézanne».
A donarci questo
folgorante ritratto di Matisse collezionista è Gertrude Stein
nell'Autobiografia di Alice Toklas che altro non è che il racconto
della sua vita. È lei ad aver rivelato anche il gustoso aneddoto che
vede Matisse e Picasso scambiarsi due opere e scegliere in dono
ognuno il dipinto meno significativo dell'altro. Erano i due grandi
del secolo e come tali si sono confrontati. Amandosi, spiandosi, ma
anche alimentando una rivalità a colpi di capolavori, «in un botta
e risposta tra Gioia di vivere e Demoiselle d'Avignon ».
Matisse
Matisse acquista le
Tre bagnanti di Cézanne nel 1899 da Ambroise Vollard, il mercante
che aveva fatto del pittore di Aix la grande avventura della sua
vita, per dirla ancora con la Stein. Il dipinto diventerà il suo
portafortuna e se ne priverà solo nel 1936 quando ne farà dono al
Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris.
Accanto al Cézanne entra
subito agli esordi della collezione, il gesso del Busto di Henri
Rochefort di Auguste Rodin che era appartenuto a Manet. Sono anni in
cui Matisse lavora alla scultura nello studio di Emile Bourdelle.
Dirà più tardi di averlo fatto «come studio complementare, al fine
di mettere ordine nel mio cervello». È invece creativamente
disordinata la sua raccolta che, d'altra parte, non è quella di una
persona qualunque: è un museo soggettivo che suggerisce la profonda
natura delle sue scelte artistiche.
Ed è per questo che
nelle pareti della casa e dell'atelier possono convivere le opere dei
suoi contemporanei, i frammenti dei tessuti copti, insieme alle
sculture primitive. Un po' come succede nei suoi interni dipinti dove
tutto sta insieme in maniera armonica.
Matisse, Atelier Rouge (1911)
Matisse, Atelier Rouge (1911)
Se Cézanne è il grande
amore dell'inizio, sarà un altro impressionista, Auguste Renoir, a
rapirgli lo sguardo in un secondo momento. Ecco come la sua mente
critica e speculativa riesce a tenere insieme il rigore severo del
primo, con il monumento alla sensualità senza pensieri messo in
scena dal secondo: «L'opera di Renoir, dopo quella di Cézanne la
cui grande influenza si è subito manifestata presso gli artisti, ci
salva dall'astrazione pura. Le regole che si può cercare di
stabilire considerando l'opera di questi due maestri appaiono più
difficilmente decifrabili in Renoir, che ha maggiormente dissimulato
il proprio sforzo… L'aspetto della sua opera ci fa vedere un
artista che ha ricevuto i grandi doni e ha saputo rispettarli con
riconoscenza».
Insieme a loro, in casa
Matisse ci sono i compagni di strada dell'avventura fauve come Derain
e Marquet, Gris e Severini, Signac e Seurat. Il piccolo paesaggio di
quest'ultimo è accanto a una riproduzione della Lotta di Giacobbe
con l'angelo di Delacroix. Matisse confessa all'amico Charles Camoin
di aver capito di possedere sia l'animo scientifico e puntiglioso di
Seraut che quello romantico di Delacroix. In un perfetto equilibrio.
La repubblica – 12
dicembre 2015
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