Dizionario innamorato
dell’ebraismo di Jacques Attali è un libro affascinante. Da tenere
sul comodino per leggerlo un poco alla volta, senza fretta.
Il"Dizionario
innamorato dell’ebraismo" di Jacques Attali
Il poliedrico Attali
(economista, giornalista, consigliere di stato con Mitterrand,
consulente economico di Hollande, che proprio da lui fu convinto a
iscriversi al Partito socialista, primo presidente della Banca
europea per la ricostruzione e lo sviluppo) nacque ad Algeri da
genitori ebrei assieme a un gemello, il primo novembre di
settant’anni fa, e cioè ventiquattro ore dopo il ristabilimento di
quel decreto che nel 1870 aveva accordato la cittadinanza a tutti gli
ebrei di Algeria, e che nell’ottobre 1940 era stato revocato dal
governo di Vichy.
Il padre era “rabbino
per cultura se non per professione”, ricorda, mentre la madre
“insegnava l’ebraico e la Bibbia agli allievi di una scuola
dell’Alleanza israelitica universale ad Algeri”. Discendenti di
sefarditi fuggiti in nord Africa dalla Spagna, “entrambi
traducevano l’ebraico in francese passando per l’arabo, lingua
nella quale, per quindici secoli, quasi sessanta generazioni di ebrei
hanno commentato la Bibbia”. Ma nel 1956 anche loro avrebbero
dovuto di nuovo emigrare, dirigendosi nella Francia metropolitana.
Della città natale, Attali ricorda che la sua “essenza ebraica –
così vibrante, calorosa e intensa – è da allora totalmente
scomparsa”.
In un primo momento,
all’offerta di contribuire con questo testo a una popolare collana
francese dedicata ai “dizionari innamorati”, Attali aveva reagito
con perplessità: “Io leggo l’ebraico, ma lo parlo male, e il
giudaismo non è che una delle dimensioni della mia cultura, della
mia storia e della mia visione del mondo”, avrebbe risposto. In
cambio, si offrì di scrivere un dizionario “innamorato del
futuro”. Ma poi, “ripensandoci – spiega – ho realizzato che
quella era in fondo la migliore definizione del giudaismo: il
giudaismo è innamorato del futuro. E allora ho accettato”, ne sono
uscite quasi novanta voci. “Naturalmente l’ordine alfabetico
proprio di ogni dizionario non è, in alcun modo, il più logico.
Tuttavia, poiché il popolo ebraico adora i giochi di parole e i
giochi di lettere, non è affatto per caso che questo libro comincia
con Aronne, il primo gran sacerdote, e finisce con Zohar, il grande
libro della Qabbalah: bisogna cominciare con il purificarsi per
andare, di voce in voce, fino al più grande mistero”.
Nella versione italiana,
rispetto all’originale francese l’inizio si è spostato su Abele.
Che peraltro, secondo il traduttore, offre anch’esso “significati
interessanti” per “i lettori amanti dei giochi di parole e di
lettere”. Non si tratta di un’enciclopedia aridamente
nozionistica, ma del tentativo di interpretare e vivificare
un’eredità personale e culturale dalla portata globale.
Quello di Attali è un
ebraismo dubbioso, essenziale: “Nomadi, gli ebrei adorano viaggiare
leggeri, perciò amano la sintesi”. Che può essere una lingua, o
un libro, o una teologia, o una pratica, o un modo di pensare, ma
soprattutto una storia. Una storia millenaria, in primo luogo
mitologica, segnata dall’enigma storico di come sia riuscito a
sopravvivere ai millenni e alle più tremende avversità, ma anche
dal confronto e dallo scambio con le altre civiltà. E che diventa
oggi, in forza della sua spiccata singolarità, un baluardo della
resistenza a una certa globalizzazione in cui “tutte le comunità,
tutte le culture, tutte le religioni, tutti i particolarismi sono
minacciati dalla stessa dissoluzione”.
“Conoscete i sei ebrei
che hanno cambiato la storia del mondo?”, chiede a un certo punto
Attali, che confessa la sua predilezione molto ebraica per storielle
e apologhi. “Mosè, perché ha detto: ‘Tutto è Legge’. Gesù,
perché ha detto: ‘Tutto è Amore’. Spinoza, perché ha detto:
‘Tutto è Natura’. Marx, perché ha detto: ‘Tutto è Denaro’.
Freud, perché ha detto: ‘Tutto è Sesso’. Infine Einstein,
perché ha detto: ‘Tutto è relativo’”.
Il foglio – 1 gennaio 2014
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