21 dicembre 2015

INTORNO ALL'ECLISSI DELL'EGEMONIA GRAMSCIANA



Anche se si continua a scrivere su Gramsci e una nuova rivista internazionale di studi sul suo originale pensiero muove i suoi primi passi proprio in questi giorni, è innegabile che l'egemonia del suo pensiero è scomparsa  dall'orizzonte culturale e politico del tempo presente. E, per quanto possa essere sgradevole ammetterlo, ha ragione Astolfo a scrivere quanto segue.
 fv


L’egemonia senza popolo

Un libello sulla sinistra francese che “cerca disperatamente il suo popolo”. Diagnosi attardata, benché di uno studioso accademico. Con attrezzi attardati: l’egemonia culturale di Grasmci come preliminare alla vittoria politica. Quasi commovente, essendo una perorazione – di una collezione “Pugni sul tavolo”. Ma non c’è tema o materia su cui la sinistra sia al passo coi tempi: Europa, diritto familiare, natalità, nazionalità, identità culturale, l’elenco di Brustier è impressionante – e il lavoro? Teorizzata da Gramsci a sinistra e praticata dai partiti comunisti, l’egemonia culturale è ora anzi la causa principale della sterilità politica della sinistra stessa, coltivando la propria sopravivenza, il “sottogoverno” della cultura: favori vicendevoli, posti, prebende.
“Á demain, Gramsci” dà l’addio all’egemonia in Francia, dove la pretesa è vuota da tempo, da prima della caduta del Muro. Una riflessione sterile, stereotipa, che ha provocato  abbandoni anche illustri, da Debray e Finkielkraut, una dozzina di nomi rinomati. Ma è facile da leggere perché in Italia non è diverso: la pretesa è immutata alla Rai, nelle redazioni, sempre molto controllate, nell’editoria, nei festival culturali che dilagano. Mentre l’egemonia vera è della destra, in alto e in basso – in economia, in politica e nel linguaggio, dal conformismo al turpiloquio. Cui la sinistra concorre appunto con l’albagia.  
Gaël Brustier, Á demain, Gramsci, Cerf, pp. 72. € 5


3 commenti:

  1. Ora solo chi non conosce Franco Virga può stupirsi di questa frase. Anni fa era impensabile che da lui potesse uscire un giudizio simile. Mi sono sempre stupito che “tanto nomine” dovesse ricorrere al copia incolla per esprimere e comunicarci il suo pensiero. Oggi che è stato “quasi sdoganato”, che non è più filo-brigatisti, non è più “contro”, non è più totalmente ateo e cosi via mi aspettavo che gli eredi di “Livio Gelli” lo avvicinassero più facilmente di quanto stanno facendo. Come tutti è soggetto al fascino delle sirene è mi preoccupa se non si accorge che queste sirene sono grasse e puzzolente , gente che sconosce il bidet e si rifiuta di acquistare chanel 5 pur conoscendone i vantaggi… Noi conoscendolo non prendiamo la cosa come una resa, ma come il principio di ciò che potrebbe diventare “l’ecclissi dell’egemonia gramisciana e la nascita del suo pensiero (del Virga si intende)”. Ma a Franco Virga non si possono dare consigli.

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  2. Onofrio Sanicola, come tutti sanno a Marineo, è un polemista e un provocatore nato. Prima non lo prendevamo neppure in considerazione. Quando ci siamo accorti che, con il suo singolare e discutibile stile, si era fatto un pubblico nel paese della Rocca, abbiamo cominciato a guardarlo con occhi diversi. Così, invece di ignorarlo, lo seguiamo e pubblichiamo anche i suoi commenti. Si vede però che, oltre ad avere tanta fantasia, continua ad avere i suoi antichi pregiudizi. Innazitutto, a scanso di equivoci, precisiamo di non essere mai stato "filo-brigatista"! Poi gli ricordiamo che J. P. Sartre negli anni sessanta del secolo scorso sosteneva che il marxismo fosse l' orizzonte culturale del nostro tempo, "insuperabile fino a quando le condizioni materiali che l' hanno generato non fossero esse stesse superate" (Critica della ragione dialettica).
    Caro Onofrio, ti assicuro che ancora oggi credo che avesse ragione il filosofo francese e, ancor di più, Antonio Gramsci. L'unico problema, come sta ampiamente a mostrare persino uno dei giornali fondato dal sardo, è che non si vedono più in giro discepoli degni di questi Maestri!

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  3. Triste analisi, caro Franco. Ma vera e mi pare che di questo "sonno" della riflessione parliamo da tempo. Io, emotivamente. Tu, con strumenti teorici più raffinati. Non abbattiamoci, però. Forse ci tocca il compito arduo di suonare questa musica, non in modo nostalgico, e non certo in gruppuscoli che altre musiche non conoscono o ammettono (almeno così vogliono far capire!), e alla fine sono solo narcisisticamente autoreferenziali. Ci tocca suonarla in un contesto, come l'odierno, in cui non si vedono alternative migliori (o non peggiori) e quel che abbiamo è sempre meno rischioso degli anni terribili, non solo di effettiva egemonia culturale della destra, ma soprattutto di una sua applicazione sistematica di rapina (mi riferisco proprio alla materialità dei furti) pro domo sua e contro gli interessi generali. Sappiamo cosa intendo dire. Ancora una volta remare a fatica contro, ma ci è toccato un paese cialtronesco che la storia ha incialtronito sempre più.
    Ti abbraccio,
    Nic
    Prof. Nicolò Messina

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