In una
biografia-romanzo Simona Weller racconta la storia della pittrice che
rimase delusa dall'adesione del marito al fascismo.
Daria Galateria
L'audacia di Benedetta donna futurista e moglie di Marinetti
A casa del pittore Balla
si entrava dalla finestra, da un aereo ballatoio. A Roma per fondare
i fasci futuristi, il 3 febbraio 1918, saltando nello studio di
Balla, Marinetti non pensava di precipitare nel più passatista dei
colpi di fulmine. Mandano a chiamare infatti — abita giusto a
fianco — Benedetta Cappa, che è pittrice, e più futurista di
tutti, assicura il fratello. Benedetta non ha vent'anni, treccia e
occhi neri, una bellezza. È il romanzo del loro amore
Marinetti amore mio di
Simona Weller (Marlin Editore). La Weller è anche, a sua volta,
pittrice; e così la vita di Benedetta — in una stagione storica
movimentata, raccontata da un'inedita e rivelatoria angolazione
privata — ritrae anche, tra risvolti tecnici e sensibilità
pittorica, la sua avventura artistica, tra le più grandi del
Futurismo.
Benedetta Cappa ha una
madre valdese e una famiglia di grande libertà intellettuale.
Affronta Marinetti, che ha ventidue anni più di lei, una fama
immensa e tante amanti, con l'ironia. Gli spedisce per lettera un
capolavoro di tavola parolibera (le parole "senza fili"
futuriste): un filo che cinque spille fissano a stella, attorno al
nucleo della parola "vuoto".
L'audacia,
l'indipendenza, il genio di Benedetta si impongono sul "disprezzo
della donna" proclamato da Marinetti dieci anni prima nel
Manifesto del futurismo; e sopraggiunge nel maggio del '20 l'amore en
plein air, in un campo dietro la basilica di S.Agnese fuori le mura.
A seguire, un matrimonio che è un modello di confronto e rispetto e
due figlie partorite in casa. Intanto Benedetta assiste all'amicizia
indefessa di "Tom" con Mussolini, dall'epoca della parola
d'ordine "svaticanamento" giù fino all'interventismo e
alle guerre — e allora, la donna scrive i versi del suo vigoroso
scoraggiamento: «Una tristezza di quaranta chili / un cono di
volontà / stati d'animo disegnati e disegni di forze». Il futurismo
al femminile, nella biografia-romanzo di Simona Weller, inanella le
sue figure maggiori, sempre irretite nello spettro della sensibilità
di Betty: Roughena Zatkova, l'artista "cinetica" compagna
del fratello Arturo — il fratello socialista che, preso di mira
dagli squadristi, "Tom" fa riparare in Francia; o Valentine
de Saint-Point, l'inquieta autrice del Manifesto della lussuria.
Epico e specialistico è
il racconto del capolavoro di Benedetta: le immense tele murali
dipinte nel 1933-34 per il Palazzo delle Poste di Palermo.
Inaspettatamente, il finale del racconto è pirotecnico. Al di là
della scomparsa dell'inimitabile Tom, Weller racconta, grazie alle
conversazioni con Ala Marinetti, gli interrogatori subiti da
Benedetta, la fuga delle figlie, il salvataggio delle opere futuriste
di casa. E la mostra a Parigi, nel 1951; Peggy Guggenheim riceve
Benedetta nel suo appartamento e le presenta lo scultore Calder: che,
per l'entusiasmo, la prende in braccio e la lancia in aria come una
bambola di pezza.
La repubblica – 12
dicembre 2015
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