16 dicembre 2015

FRANCO CARDINI CONTRO PREGIUDIZI E MALINTESI INTORNO ALL'ISLAM


Franco Cardini torna a parlare dell'Islam denunciando i pregiudizi e i malintesi che continuano a circolare nel mondo 

Conversazione con Franco Cardini: Europa e Islam, il malinteso continua

di Adriano Ercolani

Franco Cardini è una delle figure più dotte e autorevoli del panorama intellettuale italiano contemporaneo. Collocato tradizionalmente “a destra”, si è emancipato più volte da tale etichetta, non solo con le sue posizioni contrarie alle guerra in Iraq e in Afghanistan, ma addirittura accettando la candidatura a sindaco di Firenze nel 2004, sostenuto, anche, da liste civiche di sinistra.
Tra i massimi esperti di Medioevo, lo storico si è in particolare dedicato allo studio approfondito delle Crociate, svelando in più occasioni la vacuità dei luoghi comuni sul rapporto tra Cristianesimo e Islam.
Riconosciuto, appunto, un’autorità in tale ambito, Cardini è tornato spesso al centro del dibattito culturale, anche sui media generalisti, dopo il conflagrare internazionale del terrorismo di matrice islamista.
Crediamo che una delle sue frasi più note possa essere un punto di riferimento in questi tempi confusi, dilaniati da arroccamenti dogmatici contrapposti: “La Cultura è la capacità di mettersi in discussione”.
Abbiamo incontrato il professor Cardini in occasione del suo intervento al Teatro Argentina nella conferenza Caduta e ricostruzione della Polis, all’interno del ciclo di incontri Conversazioni sulle Rovine, avendo il piacere di approfondire con lui alcuni dei temi della sua riflessione.
L’attualità ci impone di parlare di temi di cui lei si è occupato, anche profeticamente in passato…
Perché dice profeticamente?
Beh, perché alcune dinamiche che delineava poi si sono poi verificate. Pensiamo al falso conflitto con l’Islam esploso sui media conservatori in questi giorni…
Ma erano dinamiche molto chiare…Che poi fossero inquinate da interessi politici o da forme di disinformazione, d’accordo, ma erano considerazioni alla portata di tutti, non direi profetiche. Direi piuttosto inascoltate, ma questo dipende dall’ignoranza, o dalla malafede, di operatori politici e mediatici.
Quasi mi vergogno a chiederle un commento sul titolo vergognoso di Libero sui “Bastardi Islamici”
Io credo di essere stato abbastanza duro ad Agorà con un giornalista di Libero che difendeva quella scelta, oltre tutto a voce alta, ma senza argomenti. Lì ho fatto notare che le parole sono importanti, soprattutto se uno fa il giornalista. All’inizio mi ha risposto con una certa arroganza, dichiarando che a Libero vanno fieri di quel titolo. Ho risposto che non entro nei problemi etici, per dirla pomposamente, che possono indurre qualcuno a vantarsi di qualcosa del genere. Mi riguarda, invece, la loro inesattezza. Se loro vogliono dirigere una contumelia verso i terroristi chiamandoli “bastardi” è una scelta che comunque non mi convince: trovo strano in questo caso chiamare in causa le genealogie, potevano chiamarli “criminali” senza sollevare tante polemiche. Ma il problema è chiaramente la parola ‘islamici’. Ora, a livello internazionale è convenuto che ‘islamico’ sia sinonimo di ‘musulmano’ (la preferisco con una ‘s’, poiché nell’originale in arabo non si sente), traduzione di ‘muslim’: “colui che aderisce all’Islam”.
Una parola che ha una tradizione dotta in Italia ed è assolutamente comprensibile. Nell’italiano fino all’800 si usava ‘maomettano’, ma secondo me non ha molto senso: ha senso chiamare il cristiano tale, poiché si connota una religione incentrata su un Uomo, ma non è il caso dell’Islam: Maometto è il Profeta, non Dio.
Quindi io ho fatto semplicemente notare al giornalista di Libero che non sanno nemmeno l’italiano, quello ordinario: ‘islamico’ è divenuto un sinonimo, spesso dispregiativo, di ‘musulmano’, per attrazione al termine che nella fattispecie sarebbe stato corretto, cioè “islamista”.
Dunque, una connotazione ideologica che si distingue dall’adesione alla fede islamica…
Sappiamo che il suffisso della parola indica un’appartenenza ideologica: ‘socialista’, ‘fascista’, ‘liberista’, addirittura ‘cristianista’, termine coniato all’inizio del 21esimo secolo, senza molto seguito, da alcuni circoli e riviste di cristiani radicali. In questo fenomeno (che va studiato ed è molto interessante) l’Islam non viene usato come fede religiosa ma come un’ideologia politica. Un’ideologia fondata sul movimento di riscossa di tutte le genti che aderiscono ad esso, una riscossa che non persegue, come debbono i credenti, la propria salvezza, bensì l’egemonia sul mondo. La stessa egemonia che l’Islam ha avuto dal VII al, grosso modo, XVIII secolo, prima che l’Occidente progressivamente gliela strappasse. Questa non è fede religiosa, ma ideologia politica. Chi vi aderisce può essere religiosissimo, ma quella è un’ideologia politica. In nome della quale addirittura si scambiano le carte in tavola: si forzano i dettami della shari’a fino al punto di falsare i termini del rapporto con i cristiani. Dire che i cristiani non hanno diritto di stare in territorio musulmano contraddice il diritto coranico, che è molto chiaro.
Una distinzione chiara, ma sulla quale i media stanno facendo proditoriamente confusione a fini propagandistici…
Un giornale (sarò all’antica, sarò rimasto gramsciano) per me non deve fare il gioco di chi lo finanzia o della parte politica più vicina, ma deve anche avere una funzione pedagogica. Il giornalista di Libero a queste mia obiezione ha detto che non c’è tempo da perdere con le parole! Ho risposto che se fosse stato un ragioniere del catasto…Avrei avuto comunque i miei dubbi! Ma che lo dica un giornalista inaccettabile. Se a un giornalista si leva il valore delle parole non è più nulla. Sarebbe meglio che questo tipo di ‘giornalisti’ andasse a zappare la terra.
Il paradosso è che proprio all’interno dell’Islam incontriamo il Sufismo, probabilmente la corrente mistica che più di tutte, nella varie religioni, ha predicato la pace fra i credenti e la convergenza di tutti i percorsi religiosi, pensiamo ai versi sublimi di Rumi o all’insegnamento di Ibn Arabi…
Certo. Intanto bisogna cominciare sempre dalle parole: Sufi vuol dire “Colui che porta il Suf'”, cioè indossa la tela di lana, di capra o cammello, il segno di coloro che hanno scelto una vita di comunione con Dio. Non diremmo una vita penitenziale, l’Islam anche in questo è piu vicino all’Ebraismo piuttosto che al Cristianesimo, dove c’è un forte culto della penitenza, di derivazione greca e indiana.
Ad esempio, il concetto di tapas (pratica ascetica) che è centrale nella letteratura vedica…
Ad esempio, musulmani e ebrei non ce l’hanno. C’è l’idea di appartarsi e di vivere parcamente e castamente, a contatto con Dio. Il Sufi non è un filosofo, quello è il falsafi (che in greco diviene filosofo), che usa la ragione. I mistici con la ragione ci fanno ben poco, il Sufismo è la via del cuore, la via della mano sinistra. Al-Ghazali, come S.Bernardo, ce l’aveva con i filosofi. I due si sarebbero trovati perfettamente d’accordo!
Possiamo dire che i Sufi predicano la convergenza di tutti i percorsi religiosi?
I Sufi dicono che, certo, esiste la Rivelazione, una via attraverso la quale Dio ha favorito il genere umano, in particolare i popoli a cui Dio ha dato la Scrittura, in particolarissimo quelli a cui ha dato la Sua vera Parola, cioè per loro il Corano. Tuttavia, affermano, attraverso la preghiera e il contatto con Dio si può arrivare a una comunione tanto stretta col Divino che alcuni Sufi arrivano a posizioni…quali nel Cristianesimo verrebbero definite eretiche, ma nell’Islam no. Nell’Islam non esistono chiese, ma ci sono le scuole teologico-giuridiche che possono dare pareri negativi o addirittura condannatori.
Una fatwa è un provvedimento giurisprudenziale.
Ma se c’è un sovrano che accetta la fatwa di una determinata scuola contro una determinata tesi, comunque, la persona che ne è oggetto continua a non potersi definire propriamente ‘eretico’, una parola intraducibile in arabo.
Ci sono altre parole sinonimo di condanna, come ‘empio’ o ‘infedele’.
Parlando di condanne e Sufismo, non possiamo non citare Al Hallaj…
Uno dei massimi esponenti del Sufismo che a un certo punto tira fuori questa teoria della sua perfetta comunione con Dio, fino all”indiamento’,
Non lontano da Meister Eckhart o Silesius…
Egli fece a questo riguardo proprio l’esempio di Gesù Cristo. Infatti venne crocifisso. secondo un’antica tradizione iraniana che i califfi abassiti, persiani d’origine, ogni tanto usavano.
Sono celebri i suoi versi: “Ho pensato molto alle religioni, per capirle, e ho scoperto che sono i molti rami di un’unica Fonte”.
Quello di Al Hallaj è un caso molto particolare, estremo, non si può dire che fosse diventato cristiano. Il Sufismo, fino a pochi anni fa, è stato unanimamente rispettato nel mondo sunnita, mentre il mondo sciita ha altre tradizioni mistiche ma comunque presenta forme equivalenti, essendo un mondo pieno di correnti e gruppi.
Una certa animosità, che poi è divenuta inimicizia e ostilità tra i Sufi e i movimenti fondamentalisti, è nata alla fine del XX° Secolo con gli sviluppi propriamente militari del wahabismo, un movimento che si hanno incrementato i sauditi per far piacere agli americani durante la guerra in Afghanistan. Da lì sono nati tutti i problemi che conosciamo oggi.
Riassumendo, potremmo dire che il Sufismo è il volto più universale dell’Islam che testimonia un messaggio di pace e unità fra le religioni.
I Sufi dicono le stesse cose che dice Nicola Cusano nel De Pace Fidei, in un altro modo (ma neanche tanto visto che la base comune è neoplatonica): Dio ha parlato a tutti i popoli e tutte le tradizioni sono sacrali, vi sono alcuni popoli a cui ha parlato attraverso i miti, attraverso la Ragione, ad altri attraverso la Rivelazione, ma alla fine dei tempi tutti i popoli si comprenderanno con Dio e in Dio. Cusano era un cardinale cristiano ma non dice, facciamo attenzione, che i popoli si convertiranno al Cristianesimo! Nella tradizione apocalittica ed escatologica cristiana c’è questa conversione finale, ma in Cusano no. I popoli tornano a Dio attraverso la propria tradizione. Poi, certo, per i cristiani Dio è il Cristo.
A proposito della convergenza di varie tradizioni, uno degli aspetti che più mi ha colpito del suo intervento è stata la citazione di Shri Shiva Nataraja, Shiva come Signore della Danza, un archetipo che poi ritroviamo nella cultura indiana variato nella figura di Dioniso e del quale tracce sono pervenute anche nel Cristianesimo.
Certo, Alain Daniélou ha scritto un bellissimo libro sui rapporti tra Shiva e Dioniso…
Una divinità da lei menzionata all’interno di una sua riflessione molto interessante sul concetto di eterno ritorno presente, a dispetto del pensare comune, anche nel Cristianesimo. Ad esempio, nella continua morte e resurrezione rappresentata nel rituale della messa…
Ne ha parlato molto bene Ossola in un suo intervento recente a Villa Nazareth, la Residenza dell’Università Gregoriana. Egli spiegava come appunto la liturgia cristiana restauri il tempo ciclico e abbandoni in realtà l’idea di “freccia del Tempo”. Un’idea che rimane ad altri livelli. In questo, il Cristianesimo è molto vicino a sistemi pagani, a differenza dell’Ebraismo, che pur avendo accettato la cultura romano-ellenistica non gli ha mai consentito di entrare nel tessuto della fede. La cultura ebraica ha usato gli strumenti della cultura ellenistica, ma non si è fatta invadere. L’Islam ha fatto lo stesso. Il Cristianesimo, invece, ha un rapporto di subordinazione ciclica, soprattutto all’inizio, che poi si è tradotta in forte osmosi nel recupero di tali elementi pagani…checché ne dicano S.Ambrogio e S.Girolamo.
Del resto il primo veniva da una famiglia senatoriale, non poteva amare l’istituto dell’Imperatore, la sua polemica con Teodosio è puramente tacitiana.
Purtroppo, Teodosio era un uomo dotato troppa pazienza…
Sono riflessioni che fanno pensare a La Terra Desolata di T.S.Eliot, sia per il titolo dell’incontro (il celebre verso “Con questi frammenti ho puntellato le mie rovine”), che per il tema del ciclo morte e resurrezione, che ispira tutto il poema, su ispirazione de Il Ramo D’Oro di Frazer…
Certo, è sicuramente uno dei miei poeti preferiti.
Nei tanti libri che ha scritto sul rapporto tra Europa e Islam il sottotitolo di uno è “un dialogo possibile?”, quello di un altro è “la storia di una malinteso”. Secondo lei, in questo momento di tragico conflitto, qual è la situazione?
È senza dubbio una crescente vittoria del malinteso. I malintesi vincono sempre quando c’è la malafede. E qui siamo stretti tra la malafede di alcuni ambienti occidentali e chiaramente quella dell’islamismo, che sono in malafede per principio, spacciando un’ideologia politica per una religione. L’unica eccezione è il presidente francese Hollande. È troppo cretino per essere in malafede.
Ma il dialogo è ancora possibile? Chiaramente, tra le parti in buonafede…
Il dialogo risulta possibile finché almeno nella Chiesa Cattolica (e mi risultano posizioni simili anche in altre chiese cristiane) c’è una figura come Francesco. Egli ha capito due cose: prima di tutto la grossolanità degli errori strategici in corso, poiché bombardare dall’alto vuol dire semplicemente fomentare odio e regalargli adepti. E poi che il modo vero per contrastare il Califfo è la diplomazia, non ricreare i “crociati”, come la propaganda islamista ci descrive. Bisogna neutralizzare queste sciocchezze. Il Papa è il primo nemico del Califfo. Da cristiano, si sta rimettendo alla Volontà Divina. Un Sufi direbbe che è si sta comportando da vero musulmano.
Uno dei significati della parola Islam appunto è arresa al Divino.
Direi, il significato fondamentale. Chiariamo, non è fatalismo. La lotta contro il Destino esiste eccome nell’Islam. L’uomo musulmano se non ha ragione di pensare che quello che gli avviene sia la Volontà diretta di Dio può contrastarlo: altrimenti sarebbe pure illegittimo curare le malattie. In casi estremi, addirittura si può parlare di suicidio. In casi ancora più estremi, se non ci sono alternative, il diritto coranico consente perfino di cibarsi di carne umana.
Quanto debito ha la cultura europea nei confronti dell’Islam?
Ha senza dubbio un debito immenso. Non dobbiamo dimenticare che il succo della modernità è anche l’elaborazione tecnico-scientifica di dati che attraverso la cultura medievale provenivano dal’Islam. I dati che venivano dall’antichità comunque la cristianità occidentale li ha potuti elaborare grazie all’apporto islamico.
Pensiamo all’influenza sulla filosofia medievale cristiana delle sintesi di Avicenna e Averroè…
L’Islam è alla base della modernità. E l’Islam ha accettato gli sviluppi della modernità. I guerriglieri del Califfo negano cialtronescamente la modernità mentre sono dei moderno-dipendenti. Basta vedere la qualità tecnologica dei loro orribili video.
Invece, un fondamentalista intelligente come Khomeyini spiega bene questo punto nella celebre intervista con Oriana Fallaci. La giornalista obiettò che, anche se parlava male dell’Occidente, egli usava il telefono e il condizionatore d’aria, insomma le comodità della tecnologia occidentale. Khomeyini rispose che gli occidentali avevano fatto molte cose buone, che loro riconoscevano e usavano. Ciò che faceva loro paura era la nostra morale. Una risposta assolutamente condivisibile. Poi, posso eccepire che la moralità dell’Ayatollah non è certo la mia…ma quella è una risposta corretta.

Documento ripreso oggi 16 dicembre 2015  da   

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