Ballando nudi nel campo tra le discipline – alcune riflessioni su “100 Global Minds” di Gianluigi Ricuperati
– La transdisciplinarità è
complementare all’approccio disciplinare; fa emergere nuovi dati
dall’incontro tra discipline, che fanno da snodo fra di esse; ci offre
una nuova visione della realtà. La transdisciplinarità non punta al
dominio su più discipline, ma alla loro apertura a ciò che le accomuna e
a ciò che sta oltre di esse.
– La chiave di volta della
transdisciplinarità risiede nell’unificazione semantica e fattuale dei
significati che attraversano le discipline e stanno oltre di esse. Essa
presuppone il riesame delle nozioni di “definizione” e “oggettività”. Un
eccesso di formalismo e la pretesa di un’oggettività assoluta che
comporti l’esclusione del soggetto possono solo avere effetti
inaridenti.
– La visione transdisciplinare supera il campo delle scienze esatte e chiede loro dialogo e riconciliazione con discipline umanistiche e scienze sociali, così come con l’arte, la letteratura, la poesia e l’esperienza spirituale.
– La visione transdisciplinare supera il campo delle scienze esatte e chiede loro dialogo e riconciliazione con discipline umanistiche e scienze sociali, così come con l’arte, la letteratura, la poesia e l’esperienza spirituale.
Articoli 3, 4 e 5 del Manifesto della Transdisciplinarità
(L. de Freitas, E. Morin, B. Nicolescu)
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Una delle prime volte in cui mi è capitato
di parlare di libri con Gianluigi Ricuperati siamo finiti ben presto, ed
entrambi, su un nome, quello dell’inglese Tom McCarthy. Entrambi avevamo una considerevole ammirazione per l’autore di Reminder, C., Tin tin e il segreto della letteratura e il recente Satin island.
Di lui ci piaceva la freschezza strutturale, il rapporto spigliato ma
coinvolto con la metafisica e la sua abilità nel muoversi tra
letteratura e arte contemporanea (caso o sincronicità vogliono, del
resto, che i suoi due omonimi più celebri siano lo scrittore Cormac e
l’artista visuale Paul), anzi una vocazione alla transdisciplinarità*
che andava oltre il suo impegno su tale doppio fronte: nei suoi libri
vengono sempre, e programmaticamente, lanciati raggi conoscitivi
attraverso le discipline – in Satin island, ad esempio, l’intera suggestione prende le mosse dall’antropologia e dalla figura di Claude Lévy-Strauss. Ma c’è di più: per un puro caso, dovuto alla sordità che a volte l’editoria mostra rispetto a ciò che è troppo nuovo, il suo Remainder – in Italia uscito come Déjà-vu
per ISBN – inizialmente rifiutato da tutti gli editori e rimasto nel
limbo per quattro anni, è uscito per Metronome, un editore no-profit di
libri d’artista, in una tiratura di 750 copie distribuite nei bookshop
dei musei di arte contemporanea. Da lì è emerso lentamente, costruendosi
un piccolo seguito di qualità, fino a diventare un classico
contemporaneo (addirittura la BBC lo ha messo
al 35° posto tra i romanzi inglesi di tutti i tempi, sopra a Swift,
Carroll e Sterne – hype, certo, se non proprio deliberata volontà di
sparigliare, ma comunque ennesimo segno del fatto che si tratta di un
libro destinato a rimanere).
Incrociare le discipline, ci insegna la
vicenda McCarthy, non è solo questione tematica, ma a volte diventa
anche strutturale. Fare un libro non significa solo scriverlo, ma anche
inserirlo in determinati percorsi produttivi, distributivi e di lettura,
e praticare qualunque disciplina significa anche collocarsi in un
determinato punto della storia della medesima e del suo dialogo con le
altre.
Proprio parlando con Tom McCarthy, nel corso
di un incontro svoltosi nell’ambito del festival Von Rezzori, emerse la
questione del rapporto tra produzione artistica e valore economico,
molto diverso nell’arte contemporanea e nella letteratura. Se in
quest’ultima, governata oggi dal sistema editoriale, il venduto è
l’unico fattore a definire le entrate dell’autore, e quindi per certi
versi il ‘valore’ grezzo della sua produzione almeno sul breve e medio
periodo, il sistema dell’arte contemporanea ha saputo creare, sia pure
con sue proprie storture, dispositivi di attribuzione di valore
indipendenti dalla risposta del pubblico di massa. Di fronte a un campo
editoriale in cui l’aggettivo ‘letterario’ è divenuto quasi indicatore
di un problema, e quindi al rischio di trovarsi in futuro in cui la
fiction con qualche ambizione sarà relegata, nei cataloghi e nelle
librerie, allo spazio che ha oggi la poesia, non suonerà strano
chiedersi se il mondo letterario non debba provare a guardare a quello
dell’arte per creare dispositivi di emersione della qualità assoluta, e
di sostentamento di chi ne produce, svincolati dal mercato di massa.
È solo una delle tante suggestioni che emergono sfogliando 100 Global Minds,
il singolare volume curato da Ricuperati per l’irlandese Roads
Publishing (con i disegni di David Johnson), sorta di repertorio di
pensatori globali, selezionati in quanto cross-disciplinari
nell’approccio o nell’influenza del loro lavoro. Il fatto che si tratti
di un coffee-table book, ovvero di un librone grosso, quasi
quadrato, rilegato fuori e patinato dentro, oltre che interamente
illustrato, può sembrare una scelta vezzosa ma visto il tema è,
viceversa, completamente aderente all’obiettivo. Invece di guardare
dipinti lowbrow o mappe d’epoca o fotografie di oggetti di design (se
non proprio di tavolini da caffè, come nel Coffee table coffee table book
di Payne e Zemaitis), qui si guardano ritratti di pensatori (realizzati
a pennino, come in trasparenza, con macchie acquarellate di vari colori
ampiamente fuoriuscenti dal contorno di ogni volto, a rimandare
all’ibridazione, ma anche alle macchie di Rorschach, come a suggerire il
tracciamento di un subconscio rizomatico del mondo attuale), affiancati
da una frase del personaggio a cui è dedicata la pagina e dalla sua
biografia: il risultato è che riflettendo sul loro percorso, ci si trova
a riflettere sul nostro.
Una possibile obiezione: ma le informazioni
su questa gente le posso trovare in qualunque momento su Internet. Vero.
Ma le cercherei? Le ho cercate? Oggi più che mai lo scopo dei libri è
fungere da filtro, aggregatore, modello di relazione tra aspetti della
realtà. Vale per un libro come 100 Global Minds ma anche per i
romanzi. La letteratura sta cambiando, e non nel senso ristretto
annunciato dai profeti dell’e-book e del self-publishing: scrivere
romanzi nell’epoca della massima e istantanea disponibilità di dati
significa, appunto, e ancor più di prima, assumersi la responsabilità di
scomporre, ricomporre, fornire mappe coerenti e flessibili della
realtà, all’interno del singolo libro e tra più libri.
A volte, per via anche di storture recenti
ma in fin dei conti già superate di un mercato che vorrebbe appiattire a
prodotto anche l’autore, pare che non si possa neanche essere
multidisciplinari all’interno della letteratura: il fatto che
qualcuno possa scrivere, oltre a romanzi per così dire ‘letterari’,
romanzi di genere, romanzi a più mani e romanzi ibridi (come se tutti i
romanzi non fossero già ibridi per definizione) pare ancora qualcosa in
grado di gettare nello stupore una parte degli addetti ai lavori, quasi
che fosse intrinsecamente impossibile – allo stesso modo in cui, in
epoca precedente solo all’affermazione, ma anche all’inevitabilità, del
lavoro cross-, multi-, inter- e trans- disciplinare, lo sembrava
l’ibridare nel proprio lavoro antropologia e arte, design e sociologia,
musica e programmazione e architettura…
100 Global Minds è di fatto un
catalogo: l’invito che porge il volume è a scoprire ciascuno dei
personaggi ivi presentati per poi approfondirlo per contro proprio, ma
anche a prendere coscienza delle barriere rotte da ciascuno di loro,
così da aprire alla possibilità di simili e ulteriori rotture. Un
catalogo, e un prisma: la selezione e la giustapposizione di questi nomi
e volti suggerisce infatti una determinata visione del mondo attuale e
di quello a venire. La scelta effettuata non segue infatti parametri
scientifici o anche solo quantitativi (per quanto a margine del libro si
trovi la rappresentazione grafica dei risultati dell’algoritmo
progettato da Roberto Vaccarino per misurare la presenza del nome di
ciascun pensatore in ambiti diversi dal proprio, che ha fornito un primo
asse intorno a cui lavorare): al di là dei nudi dati, Ricuperati
procede allo stesso modo in cui si procede scrivendo un romanzo, ovvero
per suggestioni scelte sopra le altre in base all’autorità del flusso
autoriale.
In 100 Global Minds troviamo Julia
Kristeva e Enzo Mari, Ai Weiwei e Giorgio Agamben, Laurie Anderson, Wes
Anderson e Paul Thomas Anderson, visionari di ieri come Bruce Sterling e
di oggi come Neri Oxman, e ancora Roberto Calasso e Brian Eno
(interdisciplinare anche nelle soluzioni ai problemi: le sue oblique cards, piccolo I-Ching
per artisti, sono utili tanto quando si compone musica quando si scrive
un romanzo), Žižek e Picketty e molti (87) altri, tra cui ovviamente lo
stesso McCarthy e svariati altri scrittori.
Perché tanti scrittori? chiede lo stesso
Ricuperati nell’introduzione al volume. Perché nel mondo post-letterario
scrittori e umanisti, solo apparentemente meno rilevanti, avranno un
ruolo anche più significativo di un tempo, dato che il loro compito sarà
proprio quello di stare in prima linea a tradurre e fungere da ponte,
nodo e collegamento tra una disciplina e l’altra. Un compito che oggi
già esplorano col loro lavoro molti esponenti dell’arte contemporanea,
altra disciplina che vanta infatti molte presenze in 100 Global Minds.
La libertà di materiali, approcci, temi, uso
dello spazio e del tempo raggiunta dalle arti visuali non può non
destare l’interesse e l’ammirazione di chiunque lavori con qualunque
medium, in qualunque disciplina: anche di chi, come molti dei grandi
inclusi nel libro, resta convinto che la letteratura – e in particolare
il romanzo, inteso nel senso più ampio possibile – sia ancora lo
strumento più potente per rappresentare, interpretare e definire la
realtà. Se lo è, ciò avviene anzitutto perché, come aveva a scrivere Georgi Gospodinov,
non è ariano: il romanzo nasce e prospera nel meticciato, e fin dalle
origini ha svolto, più o meno consapevolmente, tale funzione di ponte
tra nozioni, impressioni e aspetti della realtà. Per queste ragioni,
l’incontro tra letteratura e arte contemporanea può rappresentare, come è
il caso di McCarthy, un primo e più diretto passo verso uno sfondamento
di barriere che deve però diffondersi in tutte le direzioni – alcune
delle quali sono efficacemente indicate dagli altri esempi portati da 100 Global Minds – e non soltanto all’interno delle opere ma anche nel loro contesto di fruizione.
–
* vale la pena ricordare che per
crossdisciplinare si intende l’approccio a una disciplina con le
categorie di un’altra; per multidisciplinare l’uso di più discipline;
per interdisciplinare la sintesi e l’uso integrato di più discipline;
per transdisciplinare una interdisciplinarità che trascende anche le
barriere tra discipline. Per quanto nella stessa dicitura del libro
curato da Ricuperati si parli di ‘world’s most daring
cross-disciplinary’ thinkers, è evidente che tale capacità di ‘osare’
non è altro che una naturale tensione alla transdisciplinarità.
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