Paco Ignacio Taibo II
ricostruisce la storia di una spia durante la
“gloriosa” Comune.
Paco Ignacio Taibo II
Parigi 1871 caccia al
fantasma
Rimasi colpito, leggendo
“La Comune” di Louise Michel, da un misterioso accenno: “Vaysett,
per meglio cospirare, aveva a Parigi sette domicili”. Non avevo mai
sentito parlare di questo Vaysett, ma che godesse di sette domicili
mi sembrava un bel vanto, anche per una spia di Versailles e
anticomunarda. Diedi per scontato che si trattasse di una metafora.
Spinto dalla curiosità, tuttavia, andai nel garage di casa mia, dove
c’è lo scaffale comunardo della mia biblioteca, e mi sono messo a
cercare Vaysett. La ricerca mi portò al nome di Vaysett George e
alla fine che fece, fucilato dai “Vengeurs de Flourens” negli
ultimi giorni della Comune. Prima di essere fucilato, lanciò una
strana minaccia: «Risponderete della mia morte davanti al Conte di
Fabrice », che, a quanto pare, era un ufficiale prussiano e non un
capo dello spionaggio di Versailles. I dati forniti da Jules
Tallandier nel 1871 assicuravano che la fucilazione aveva avuto luogo
sul Pont Neuf, il famoso nono ponte, dove una volta mi ha portato per
mano Julio Cortázar in Le armi segrete. Place Dauphine è la punta
dell’Île Saint-Louis. Il sesso di Parigi,
secondo Breton. Ricordo che proprio lì mi aveva fatto una foto
Daniel Mordzinski. Aveva scelto
inconsapevolmente il luogo della fucilazione per fotografarmi?
Messo da parte il ponte,
tornai al personaggio. Diverse ore più tardi, avevo chiarito che
Vaysett era stato scoperto mentre tentava di comprare il generale
comunardo Jaroslaw Dombrowski, quel meraviglioso polacco dai baffi
sottili che si era formato in una scuola militare per nobili a San
Pietroburgo, aveva partecipato all’insurrezione popolare di
Varsavia e, divenuto generale della Comune, era morto sulle barricate
a 33 anni, dando poi il suo nome, molti anni dopo, alla XIII Brigata
Internazionale che combatté nella guerra di Spagna. Era troppo per
la mia anima inesistente: una spia che ha sette case, fucilata sul
Ponte di Cortázar per aver tentato di comprare Dombrowski. Finii col
leggermi tutto quello che c’era sulla XIII Brigata e la battaglia
di Teruel. Passarono i giorni.
Nella History of the
Commune of 1871 di Eleanor Marx Aveling, la figlia di Marx racconta
che Vaysett usò come intermediario per arrivare al generale
comunardo un suo aiutante di campo, Hutzinger, che era stato una spia
della polizia tra gli esiliati londinesi, e che dunque doveva aver
conosciuto da bambina, nelle riunioni che si facevano a casa di suo
padre. Lo sguardo della bambina sulla spia, che era l’aiutante
dell’altra spia? Vaysett offrì 500 mila franchi, secondo alcuni,
un milione e mezzo secondo gli esagerati e diecimila secondo i
moderati, a Dombrowski perché ritirasse le sue truppe consentendo
l’apertura di una delle porte di Parigi per lasciar passare i
versagliesi. Al generale comunardo veniva offerto un salvacondotto e
il pagamento in biglietti della Banca di Francia o con un pagherò
della casa Rothschild di Francoforte. Veysett sarà denunciato,
arrestato, fucilato.
Accidenti. Questa è una
storia, il frammento di un romanzo? Niente? Ero sul punto di
arrendermi e di lasciare la cosa nell’armadio virtuale dove
conservo i materiali che un giorno dovranno trovare un destino
migliore, quando in un ottimo studio di Bernard Vassor compare la
lista delle case usate dalla spia Vaysett... Solo che sommandoli non
abbiamo quei sette e presumibilmente metaforici domicili di Louise
Michel, ma nove! A che gli servivano nove case? Sono tentato di
andare a vedere quelle strade prendendo come guida i romanzi dei
Pardaillan di Zevaco. Per fortuna, mi fermo. [...] Un giorno in cui
sembra che quello che scrivo non voglia farsi raccontare, torno
erraticamente su questa storia e provo a cercare in rete con altre
ortografie. Veysett/ Vayset/Vaysset/Veysset?
Alleluia. Trovo uno
studio di P. Martínez sugli esuli e le spie nella English Historical
Revue, un testo della vedova, il ritaglio di un giornale di provincia
degli Stati Uniti che riprende una nota di agenzia, versioni
piuttosto conservatrici sulla Revue des deux mondes. Uso il mio
tesserino della Biblioteca di New York per accedere a versioni
complete e leggibili di questo materiale.
La versione anticomunarda
lo descrive come un uomo “intraprendente, energico e abile”, un
agricoltore di 50 anni (agricoltore?) tenuto d’occhio dalla polizia
comunarda di Raoul Rigault per un certo tempo finché era riuscito a
depistarla. Quando viene denunciato il tentativo di corrompere
Dombrowski tramite Hutzinger e sua moglie, signora Frossard,
cominciano a cercarlo; perquisiscono la casa di rue Caumartin,
arrestano sua moglie, più tardi viene denunciato dal portiere di una
delle sue tante altre case mentre si trova all’Hotel Le Lapin Blanc
a Saint-Denis (decimo domicilio), lo arrestano, dice di chiamarsi
Jean, non Georges.
Stranamente, emerge dagli
interrogatori un nuovo indirizzo “dove si tenevano le riunioni più
importanti”: rue de Madrid numero 29. Compare nella storia
Théophile Ferré. Grazie al Dictionnaire de la Commune de Paris di
Georges Darboy posso precisare la sua biografia: militante blanquista
e forse impiegato in uno studio legale, condannato quattro volte
durante il Secondo Impero per le sue opinioni politiche, membro del
152° battaglione della Guardia Nazionale, delegato del comitato
centrale repubblicano dei venti circondari (arrondissements) con
Louise Michel. Dirige la difesa dei cannoni di Montmartre del 18
marzo. Mi fermo. Cerco la straordinaria versione a fumetti
dell’insurrezione di Tardi e Vautrin, L’urlo del popolo; quando
finisco i quattro volumi mi sono scordato perché sono tornato in
modo così ossessivo sulla Comune (non torniamo tutti sulla Comune di
Parigi, madre di tutte le sinistre?).
Passano i mesi,
casualmente torno su Veysett. È il 24 maggio, lo stesso giorno in
cui Ferré ordina la fucilazione dell’arcivescovo di Parigi, che
poi giustificherà la sua futura esecuzione nel novembre del 1871?
Accade che il responsabile della Sicurezza e membro del comitato
centrale della Comune, con un plotone dei Vengeurs de Flourens, tira
fuori l’uomo delle undici case dal deposito in cui è detenuto. Lo
portano al Pont Neuf, accanto alla statua di Enrico IV. Ferré dice a
Georges Veysset: “Sarà fucilato. Ha qualcosa da dire?”. E
Georges risponde: “La perdono”. Quattro uomini scaricano i propri
fucili, il cadavere viene gettato oltre il parapetto nella Senna.
“Questa è la giustizia del popolo”, avrebbe detto Ferré. Tutto
ciò dove mi porta? Non ne ho la minima idea.
Traduzione di Luis E.
Moriones
La repubblica – 12
maggio 2017
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