14 maggio 2017

LA LUCIDA INDIGNAZIONE DI STEFANO VILARDO

La testata dell'intervista di Tano Gullo, col ritratto di Stefano Vilardo fatto da Nicolò D'Alessandro, pubblicata oggi da Repubblica


ph di francesco virga




Sulle pagine palermitane de La Repubblica odierna si trova una preziosa intervista di Tano Gullo a Stefano Vilardo. Il maestro di Delia, più lucido che mai, spara a zero contro la letteratura inutile ed oziosa dei nostri giorni, senza risparmiare Camilleri e Savatteri.
Su Andrea Camilleri scrive: "Sono amico di Camilleri, ma se parliamo di lingua siciliana dico che non ha inventato nulla: il suo è un siciliano maccheronico che non si parla da nessuna parte. Mi ricorda il latinorum di Teofilo Folengo. Oggi si pubblicano troppi libri ma non c'è nulla di nuovo. Con la morte di Consolo è finita la letteratura italiana".
A Gaetano Savatteri non perdona di aver messo in discussione, nel suo ultimo libro, i grandi scrittori siciliani del 900 "che hanno aperto il cervello a tante generazioni".

       Sulla politica è ancora più severo.  I politici odierni vengono definiti “un manipolo di saltimbanchi arruffoni che saltano da un partito all’altro, senza ritegno, per restare incollati alle poltrone e alle mangiatoie del bene pubblico”.
        E, anche se mostra di non avere del tutto perduto la speranza che “la storia riprenda il suo cammino di progresso e giustizia”, è scoraggiato dallo sfacelo che vede attorno a sé: “ Tutte le cose belle vanno scomparendo. C’è una sorta di desertificazione di sentimenti e valori. Ogni cosa è diventata altro”.
           fv


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