01 maggio 2017

G. BATAILLE, L' erotismo è l'approvazione della vita fin dentro la morte.



Bataille, il sesso e la morte
Umberto Galimberti



"La Storia dell' erotismo (1951) di Georges Bataille è la seconda parte di una sequenza unitaria di opere che, iniziata con La parte maledetta (1949), avrebbe |dovuto concludersi con La sovranità rimasta incompiuta e inedita. A differenza della sessualità, che gli uomini hanno in comune con gli animali in quel regime a bassa definizione dove non c' è né angoscia né trascendenza, pura espressione dell' economia della specie che altro non ha in vista se non la propria perpetuazione, l' erotismo è il tratto tipicamente umano che ruota intorno ai divieti che la comunità umana, per salvaguardare se stessa, ha posto intorno alla sfera sessuale e alla morte, di cui l' uomo, a differenza dell' animale, è consapevole. La maggior violenza infatti è per noi la morte che ci strappa dalla nostra ostinazione di veder durare quel corpo che noi siamo. Il desiderio di immortalità che qui entra in gioco è il desiderio di conservare la sopravvivenza dell' individuo, dell' essere personale che la totalità dell' essere, mai percorsa dalla morte, dissolve. La totalità dell' essere, infatti, non ha nulla a che fare con la morte, al contrario, la morte dell' individuo la manifesta nella sua eternità. Ma c' è un altro modo di sperimentare la morte della propria individualità nel corso della vita, è il modo dell' eros, dove l' individualità, come la vittima sacrificale, è uccisa dalla semplice intensità del godimento che la percorre, e che nell' attimo del piacere la sottrae all' ordine del tempo, per immergerla in quel tempo astorico, dove il soggetto non è più l' io e l' economia del suo desiderio, ma la tensione verso la totalità «nella forma di colei - scrive Bataille - che nell' amplesso ne è lo specchio in cui noi stessi veniamo riflessi». Se da un lato sopportiamo a fatica la condizione che ci lega a un' individualità casuale e mortale, e nello stesso tempo abbiamo un desiderio di durare in questo corpo destinato a perire, dall' altro non siamo immuni dalla nostalgia della totalità originaria che, annullandoci, ci collega all' essere. Da questa nostalgia ci difende il divieto, che però si lascia infrangere dalla trasgressione che lo percorre in quella ambivalenza tra la conservazione della propria individualità e la sua dissoluzione, che è alla base di ogni episodio d' amore e di ogni evento di morte. Se l' essere amato diventa, per chi lo fa oggetto d' amore, la trasparenza del mondo, se ciò che attraverso di lui appare è l' essere pieno, illimitato che oltrepassa di gran lunga i limiti dell' individualità, è pur vero che tutto ciò è possibile solo nella violazione della sua e della nostra individualità, quindi in un atto che richiama, nella metafora dell' omicidio e del suicidio, la dissoluzione della morte. In questo senso, scrive Bataille: «L' amore è l' approvazione della vita fin dentro la morte», e insieme l' anticipazione della morte nel corso della vita, in quel gioco rischioso intorno al limite dove si affollano divieti e trasgressioni. Posti a difesa della natura umana, i divieti, oltre a separare l' uomo dall' animale che non li osserva, circoscrivono il territorio non umano della trasgressione, che è poi il territorio del sacro e del sacri-ficio. Per questo gli animali, che non conoscono divieti, assumevano agli occhi dei primitivi il carattere del sacro e venivano sacrificati. C' è infatti una profonda affinità tra il sacrificio e l' atto d' amore, perché se è vero che amore inizia là dove la bestialità finisce, la bestialità è così ben conservata nell' erotismo che le immagini tratte dall' animalità non cessano mai di essergli legate. Ma forse proprio per questo l' amore è sacro. Come attività trasgressiva che si oppone al divieto, l' amore è vicenda divina, dove l' uomo eccede, compie l' eccesso. Siamo all' altezza dell' eccesso? In caso diverso la nostra sessualità non è in alcun modo una vicenda "umana".

Umberto Galimberti
Da La Repubblica, 18 febbraio 2006

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