06 maggio 2017

SCIASCIA CONTRO TUTTI GLI INQUISITORI





A quanto pare bisogna andar cauti in Italia e dovunque, in fatto di inquisizione (con iniziale minuscola), ci sono persone e istituti che hanno la coda di paglia o il carbone bagnato: modi di dire senz'altro pertinenti, pensando ai bei fuochi di un tempo. E viene da pensare a quel passo dei Promessi Sposi quando il sagrestano, alle invocazioni di don Abbondio, attacca a suonare ad allarme la campana e a ciascuno dei bravi che stanno agguatati in casa di Lucia «parve di sentire in ritocchi il suo nome, cognome e soprannome». Così succede appena si dà di tocco all'Inquisizione: molti galantuomini si sentono chiamare per nome, cognome e numero di tessera del partito cui sono iscritti. E non parlo, evidentemente, soltanto di galantuomini cattolici. Altre inquisizioni l'umanità ha sofferto e soffre tuttora; per cui, come dice il polacco Stanislaw Jerzy Lec, prudenza vuole che non si parli di corda né in casa dell'impiccato né in casa del boia.

Leonardo Sciascia, Le parrocchie di Regalpetra. Morte dell'inquisitore, Prefazione all'edizione Universale Laterza, 1967.

“L’eresia è di per sè una grande cosa e colui che difende la propria eresia è sempre un uomo che tiene alta la dignità dell’uomo. Bisogna essere eretici, rischiare sempre di essere eretici, se no è finita. E’ stato anche il partito comunista dell’URSS ad avere avuto paura dell’eresia e c’è sempre nel potere che si costituisce in fanatismo questa paura dell’eresia. Allora ogni uomo, ognuno di noi, per essere libero, per essere fedele alla propria dignità, deve essere sempre un eretico”

Leonardo Sciascia

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