A quanto pare bisogna
andar cauti in Italia e dovunque, in fatto di inquisizione (con
iniziale minuscola), ci sono persone e istituti che hanno la coda di
paglia o il carbone bagnato: modi di dire senz'altro pertinenti,
pensando ai bei fuochi di un tempo. E viene da pensare a quel passo
dei Promessi Sposi quando il sagrestano, alle invocazioni di
don Abbondio, attacca a suonare ad allarme la campana e a ciascuno
dei bravi che stanno agguatati in casa di Lucia «parve di sentire in
ritocchi il suo nome, cognome e soprannome». Così succede appena si
dà di tocco all'Inquisizione: molti galantuomini si sentono chiamare
per nome, cognome e numero di tessera del partito cui sono iscritti.
E non parlo, evidentemente, soltanto di galantuomini cattolici. Altre
inquisizioni l'umanità ha sofferto e soffre tuttora; per cui, come
dice il polacco Stanislaw Jerzy Lec, prudenza vuole che non si parli
di corda né in casa dell'impiccato né in casa del boia.
“L’eresia
è di per sè una grande cosa e colui che difende la propria eresia è
sempre un uomo che tiene alta la dignità dell’uomo. Bisogna essere
eretici, rischiare sempre di essere eretici, se no è finita. E’ stato
anche il partito comunista dell’URSS ad avere avuto paura dell’eresia e
c’è sempre nel potere che si costituisce in fanatismo questa paura
dell’eresia. Allora ogni uomo, ognuno di noi, per essere libero, per
essere fedele alla propria dignità, deve essere sempre un eretico”
Leonardo Sciascia
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