28 maggio 2017

PAPA FRANCESCO DA' UNA LEZIONE DI DIRITTO COSTITUZIONALE

Il Papa incontra gli operai dell' ILVA di Genova

      
«L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Papa Francesco inizia la sua visita a Genova partendo dall'Ilva, cattedrale laica simbolica della crisi industriale nazionale, e cita la Costituzione Italiana, aggiungendo: «Togliere il lavoro alla gente, sfruttare la gente è anticostituzionale». 
Se non erro, è la prima volta che un Papa citi un articolo della Costituzione del 1948 che, più d'uno, in questi ultimi anni ha cercato di stracciare. Anche per questo mi sembra importante  ricordarlo. fv

      Riprendo dal quotidiano della CEI, L' Avvenire,  il resoconto dell' incontro di Papa Francesco con gli operai di Genova avvenuto la settimana scorsa:

Papa Francesco: «Lavoro per tutti, non reddito per tutti» 

«È la prima volta che vengo a Genova, qui vicino al porto da dove è partito il mio papà. E questo mi fa una grande emozione» così ha esordito papa Francesco, si è poi svolto il dialogo, in 4 domande e 4 risposte, con esponenti del mondo del lavoro. Un imprenditore, una lavoratrice interinale, un sindacalista, un disoccupato.

Il buon imprenditore e lo speculatore
Accolto dagli applausi, il Papa scandisce: «Il lavoro è una priorità umana, e quindi della Chiesa e del Papa». «Non c'è buona economia senza buon imprenditore» afferma. «Il lavoro va fatto bene». E pensare che il lavoratore lavori bene solo perché è pagato è una grande disistima nei suoi confronti. Bisogna lavorare bene per rispetto della propria dignità, e della dignità del lavoro. «Il vero imprenditore conosce i suoi lavoratori, ne condivide le fatiche e le gioie. Se non ha l'esperienza della dignità del lavoro non sarà un buon imprenditore. Quando deve licenziare qualcuno è sempre una scelta dolorosa. Nessun buon imprenditore ama licenziare la sua gente. Chi pensa di rivolvere il problema della sua impresa licenziando gente è un commerciante. Oggi vende la sua gente, domani venderà la dignità propria». E ricorda l'episodio, già citato in altre occasioni, di un imprenditore che lo ha avvicinato piangendo, dopo la Messa in Casa Santa Marta, perché costretto a dichiarare fallimento facendo perdere il lavoro a 60 persone. «Pregava e piangeva». L'imprenditore «non è uno speculatore, che usa e strumentalizza persone per fare profitto». Lo speculatore licenzia, sposta l'azienda, senza problemi. «Con lo speculatore l'economia perde volto e volti. Dietro le decisioni dello speculatore non ci sono persone. Bisogna temere gli speculatori, non gli imprenditori». «Paradossalmente, qualche volta il sistema politico sembra incoraggiare chi specula sul lavoro e non chi crede nel lavoro. Perché crea burocrazia e controlli, così chi non è speculatore rimane svantaggiato e chi lo è riesce a trovare i mezzi per eludere i controlli». il Papa cita l'economista Luigi Einaudi: «Milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge, non soltanto la sete di guadagno».

Il ricatto sociale e la dignità. «Lavoro per tutti, non reddito garantito»
Francesco prende poi spunto dalle parole di una lavoratrice interinale: «Tu hai finito con la parola "riscatto sociale". A me viene in mente "ricatto sociale". Quello che dico adesso è accaduto in Italia un anno fa. C'era povera gente disoccupata. La ragazza che me lo ha raccontato era colta, parlava alcune lingue. Le hanno detto: saranno 10-11 ore al giorno, lei ha detto "Sì, sì". Le hanno detto: si comincia con 800 euro al mese. Lei: "800 soltanto, 11 ore?". L'impiegato dello speculatore le ha detto: signorina, guardi indietro la coda, se non le piace se ne vada. Questo è ricatto». «Un'altra persona mi ha raccontato che ha lavoro, ma da settembre a giugno. Viene licenziato a giugno e ripreso a settembre. E così si gioca, nel lavoro in nero». Dopo queste aggiunte a braccio, Francesco prende in mano il testo scritto: «I luoghi della Chiesa sono i luoghi della vita, dunque anche le piazze e le fabbriche. Molti degli incontri tra Dio e gli uomini sono avvenuti mentre le persone lavoravano: Mosè pascolava il gregge, i primi discepoli erano pescatori. La mancanza di lavoro è molto più del venire meno di una sorgente di reddito per poter vivere. Lavorando noi diventiamo "più" persone, la nostra umanità fiorisce. I giovani diventano adulti solo lavorando». «Il lavoro è amico dell'uomo e l'uomo è amico del lavoro. Gli uomini e le donne si nutrono con il lavoro, con il lavoro sono unti di dignità». Per questo «attorno al lavoro si unisce l'intero patto sociale». Quando non si lavora «la democrazia entra in crisi». E cita l'articolo 1 della Costituzione italiana: «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». «Togliere il lavoro, sfruttare la gente è anticostituzionale». «L'obiettivo vero da raggiungere non è il reddito per tutti, ma il lavoro per tutti. Perché senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti». «Il lavoro di oggi e di domani sarà diverso, forse molto diverso da quello di ieri. Ma dovrà essere lavoro, non pensione. Si va in pensione all'età giusta, è un atto di giustizia. Ma è contro la dignità delle persone mandarle in pensione a 40 anni, dare loro un assegno dello Stato e dire "Arrangiati"». «La scelta è fra il sopravvivere e il vivere».

La meritocrazia è un'ingiustizia
La competitività non è buona impresa, perché mina «quel tessuto di fiducia che è l'anima di ogni organizzazione». «Bisogna dire con forza che questa cultura competitiva tra i lavoratori dentro l'impresa è un errore e quindi va cambiata se vogliamo il bene dell'impresa, dei lavoratori e dell'economia». Un altro errore: la meritocrazia. «Usa una parola bella, il merito, ma sta diventando una legittimazione etica della diseguaglianza perché interpreta i talenti delle persone non come un dono ma come un merito, determinando un sistema di vantaggi e svantaggi cumulativi». In questa cultura, «il povero è considerato un demeritevole e quindi un colpevole». È la vecchia logica degli amici di Giobbe, che volevano convincerlo di essere colpevole della propria sventura. È la logica del fratello maggiore nella parabola del Figliol Prodigo.

No al lavoro domenicale
Una disoccupata. Ci sono quelli che vorrebbero lavorare ma non riescono e quelli che sono «Senza il tempo della festa, il lavoro è schiavismo. Nelle famiglie dei disoccupati non è mai domenica. Per celebrare la festa dobbiamo celebrare il lavoro». Il lavoro è fatica, ma «una società edonista che vuole solo il consumo non capisce il valore del lavoro». «Tutte le idolatrie sono esperienze di puro consumo». «Senza ritrovare una cultura che stima la fatica e il sudore - sottolinea il Papa - continueremo a sognare il consumo di puro piacere». «Il lavoro è il centro di ogni patto sociale».

Da L'AVVENIRE del 27 maggio 2017

1 commento:

  1. E facile lanciare sermoni... Prima Pensi a pulire la sha Chiesa......

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