13 maggio 2018

AL CINEMA: Cosa dirà la gente




Ho visto ieri sera un bel film che mette a nudo i conflitti che dilaniano una piccola comunità pakistana emigrata in Norvegia. Al di là della storia specifica, ben raccontata dal regista di Cosa dirà la gente, il film fa riflettere su quanto sia difficile, anche nel tempo della "globalizzazione", l'integrazione tra culture diverse e quanto sia radicata nel cuore delle persone la cultura della comunità d'origine. (fv)
Oslo. Nisha ha sedici anni e una doppia vita. In famiglia è una perfetta figlia di pachistani. Fuori casa è una normale ragazza norvegese. Quando però il padre la sorprende in casa di notte in compagnia del suo ragazzo i genitori e il fratello si organizzano per portarla, contro la sua volontà, in Pakistan affidandola a una zia. In un Paese che non ha mai conosciuto Nisha è costretta ad adattarsi alla cultura da cui provengono suo padre e sua madre.
Ci sono due modi per avvicinarsi a questo film. Uno è sbagliato e l'altro è corretto. Quello sbagliato potrebbe leggerlo come l'ennesimo attacco contro chi ha una cultura diversa finalizzato a sottolinearne solo i tratti più che negativi.
Quello corretto trae origine dal sapere che la regista (nata nel 1976) all'età di 14 anni è stata rapita dai suoi familiari e lasciata in Pakistan per un anno mezzo solo perché aveva soprattutto amici norvegesi e non voleva piegarsi all'idea di non potersi comportare come loro.
È quindi uno sguardo dall'interno quello che Iram Haq ci offre grazie anche a un'ottima interprete come l'esordiente (sul grande schermo) Maria Mozhdah nel cui sguardo si può leggere una vasta gamma di sentimenti che vanno dalla felicità alla disperazione più profonda. Al centro del film c'è il rapporto tra una figlia e un padre convinto (insieme a una madre che lo sostiene) di agire 'per il suo bene'. Ciò che però maggiormente colpisce e fa riflettere è un elemento che ha le caratteristiche dell'originalità in una vicenda come questa. Quello che accade a Nisha non trae origine da un fondamentalismo religioso. Arrivata in Pakistan la ragazza dirà di non voler pregare e questo ci fa comprendere che non lo faceva neanche in Norvegia.

Quindi ciò che la famiglia pretende da lei non è legato a motivazioni di fede ma, e forse è ancora peggio, a ciò che il titolo del film esplicita: quello che dirà la gente. È il conformismo sociale a dettare l'agenda dei comportamenti nella comunità di immigrati pakistani ed è ad esso che il padre sente il dovere di aderire rischiando di giungere anche a situazioni estreme. La regista precisa che non tutto quello che accade a Nisha è successo anche a lei ma la cronaca ogni tanto ci ricorda che episodi simili accadono e non hanno quasi mai un lieto fine. Il fatto che sia finalmente una donna che li trasforma in cinema ci dice anche che qualcosa sta finalmente cambiando. Ci vorrà tempo ma per tutte le Nisha, nonostante ciò che ci racconta la cronaca, c'è una speranza.


Giancarlo Zappoli in  https://www.mymovies.it/


1 commento:

  1. Se ci si pensa bene, poi, in Sicilia, 50 anni fa, la maggior parte delle persone - specialmente nelle piccole comunità - ragionava esattamente come la famiglia pakistana del film

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