09 maggio 2018

DUE POESIE DI MARIA GRAZIA INSINGA



      Ho incontrato per la prima volta Maria Grazia Insinga nella libreria Macaione di Palermo in occasione della presentazione delle sue ultime poesie, raccolte in un bel libretto stampato alla "Leporello". Anche grazie al modo in cui l'autrice ha letto alcune di queste poesie, ho sentito una forte risonanza di esse dentro in me; Maria Grazia è riuscita davvero a scuotermi. Poi ho appreso che l'autrice, prima ancora che poeta, è una valente musicista. Anche per questo credo che sia ben consapevole del fatto che la poesia, per essere ben compresa, ha bisogno della voce e del corpo del poeta. Ma noi qui, in questo spazio, non possiamo fare altro che trascrivere solo alcuni suoi versi e rimandare a un'altra occasione una più attenta analisi della sua poetica. (fv)


Il mostro

Dentro il nicchio di ulivo preservate
il sacro corpo da sacrilegi vari e i rimanenti
murate la nicchia per pietà e rispetto
muratele il petto urlano i muti e i muti seni e l’altre cose
indicano dove scavare e finirà l’ossigeno etcetera
e il lume e la targhetta d’argento giurerà

è la testa della madre della madre
accorreranno nobili a dividerle il cranio e altre cose
all’altro capo barattare polvere con la terra
fuoco con altro fuoco a capo
una grazia con un fottutissimo grazie e niente
in empiterno fararsi etcetera etcetera

*
un intero bosco di bestemmie silvestri
lavorate a bulino nella conchiglia corrotta
accorri Idrisi e i corallai lei è sana e io
maledetta! ricaccia nella pozza di seni
l’odio tutto e l’amo di banale amore amaro
e disperati i tuffatori arabici in un mar rosso
in cerca della coralligena lei gigante e preda
mai scovata e scava ancora e ancora maledetta 



La bestia

non era la tromba del giudizio
scale a spirale sul nulla o l’orecchio
della bestia meravigliosa

le giumente in minuscoli pruni scomposte
vi scendevano e di così sensuale
non avevo mai visto 

Maria Grazia Insinga

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