ph. salvina chetta
tra le tue cose una rosa
secca di santa Rita –
tra i medicinali scaduti
le ricevute di cambiali
gli incartamenti colorati
dei regali, biglietti
d’auguri per Pasqua e Natale
spediti da Forlì;
una rosa, povera cosa –
riposa da lungo tempo
tra le pagine gialle
di un libretto delle ore:
passita nel silenzio
nel bruno del tempo
passita povera cosa
in una giornata di giugno
afosa,
fiore devoto –
la vita dei vecchi,
al suono dei tasti
una Olivetti
nei cerchi di fumo del tempo.
*
Peppino, nome di un ragazzo
di due secoli fa:
Palermo di miseria,
di bombe, di pane duro
e cimici: tessera annonaria –
un punto al giorno come un colpo
al cuore, gli occhiali
di tartaruga fissi sulla settimana
enigmistica. Ti ricordo senza
averti conosciuto, ventura
dei poeti: esisti nei versi,
apostolato delle vite di dura scorza,
mercede della memoria –
storia che si fa soffio di canto,
quiete di un giorno di luglio.
*
un paese è anche passeggiare
con un cono gelato in mano.
Può sembrare strano, lo so,
ma non ricordo più l’ultima
volta che abbiamo passeggiato
insieme con un cono in mano.
Farei di tutto per incontrarti al bar,
prendere un gelato, la mente
sgombra e il cuore assente, le mani
occupate a tenere il cono al limone,
e intorno un paese, uno vero,
un paese di persone in volo.
*
non voglio rifugiarmi nella storia
paesana, nel ripiego, nel risvolto
di copertina, nell’eco del tempo
da cartolina d’augurio e saluto;
ricerco nella fatica, nel dolore
che viene dall’assenza di parole,
o dall’uso smodato, furbo, accattone
di talune – e sono coltellate,
tiri gaglioffi, bandiere al vento del niente
imbecille e senza scopo.
Lo sai, saranno crociere a Marrakech,
voli intercontinentali a Dubai
e disprezzo per il bene del giorno,
e per la vita tutta – col rancore
del borghese sazio, della dama
di compagnia dietro ai vetri sporchi
dei suoi desideri.
Poi il nuovo giorno, il sole che scandaglia
ogni tegola, ogni strada, le vigne
addormentate, le palizzate
di legno e metallo; poi le persone
usciranno di casa, parleranno –
chi venderà verdura, chi pesce
salato, e la lotta di due gatti
e il sorriso che t’immagini del grano
nei campi ancora scuri.
Nicola Grato
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