28 maggio 2018

DIFENDERE LA COSTITUZIONE SEMPRE: 1. Rosario Giuè; 2. Paolo Maddalena.



     Anche se trovo discutibili alcune scelte dell' attuale Presidente della Repubblica, in questo delicato momento, di fronte agli insulti osceni che gli vengono rivolti dai fascisti,  ritengo che bisogna fare  quadrato attorno a lui e, soprattutto, continuare a sostenere la necessità di non modificare per nulla la legge fondamentale del nostro Paese. 
      Mentre respingo con fermezza  i volgari insulti (di marca mafiosa e fascista) che sono stati rivolti in queste ultime ore al Presidente della Repubblica, propongo all'attenzione dei lettori due diversi punti di vista sulla crisi che si è aperta e sull'operato del capo dello Stato. (fv) 

 1. L’IMPORTANZA DELL’EQULIBRIO COSTITUZIONALE DEI POTERI 
E IL PRESIDENTE MATTARELLA


 Rosario Giuè


La Costituzione italiana, la sua attuazione o il suo tradimento, si può apprezzare al meglio se va colta nel contesto di una storia, di una evoluzione storica. L’Europa, dopo il lungo inverno del feudalesimo, dove non c’era l’idea di cittadinanza e non si parlava di diritti, tra il Cinquecento e il Seicento vede sorgere i nascenti Stati nazionali, poi detti assoluti che avevano solo nel re la personificazione dello Stato. Di fronte al sovrano si era sudditi. Il sovrano era sopra la legge. Non si prevedeva una divisione dei poteri. E’ con le rivoluzioni della borghesia: Inglese (1686), Americana (1787) e Francese (1789), che termina l’Antico Regime e la sovranità si trasferisce, almeno sul piano formale, dal sovrano ai cittadini, con l’elezione dei parlamenti. Nasceva lo Stato liberale. Si trattava di un risultato storico. Erano riconosciuti i diritti dell’uomo come inalienabili, perché innati, propri dell’individuo per natura. La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino proclamata in Francia nel 1789, fu il simbolo di questo mutamento. Ma, come si può notare si parlava di diritti dell’uomo, usando un termine solo maschile. Per questo la scrittrice Olympe de Gouyes, insieme ad altre donne, pubblicò il 26 agosto dello stesso 1789 una Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, inascoltata, fino ad essere decapitata.
Ora, in ogni caso, si teorizzava e si accettava la divisione dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. Il sovrano (e chi detiene il pubblico potere) ora accettava di sottostare alla legge. Così si passava dallo Stato assoluto allo Stato liberale. La nascita, comunque, dello Stato liberale, lo Stato di diritto significava che lo stesso Stato si autolimitava, lo stesso potere pubblico accettava di rispettare la legge: di stare sotto la legge e non al di sopra di essa. Per realizzare al meglio questo principio, il giurista e filosofo francese Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu, nel libro Lo Spirito delle leggi, spiegava: «Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti [...]. Perché non si possa abusare del potere occorre che [...] il potere arresti il potere». Detto in altre parole: poiché ogni potere tende a espandersi fino a dove non incontra un limite, cioè tende a diventare assoluto e quindi tirannico, occorre che “il potere arresti il potere”, secondo un meccanismo o sistema di pesi e contrappesi. Ecco il senso della separazione dei tre poteri statali. Quel principio è stato fatto proprio da tutte le democrazie moderne.
Ciò è ben rispecchiato anche nell’articolo 1 della nostra Costituzione repubblicana, al comma 2, dove è scritto: «La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Dunque, anche i rappresentanti eletti dal popolo non hanno ricevuto un potere assoluto, ma devono rispettare questo equilibrio dei poteri. Non sono al di sopra dell’equilibrio tra i poteri.
Presidente Sergio Mattarella, all’interno di una prassi costituzionale da tempo consolidata, si è mosso con lungimiranza, per la salvaguardia del bene della comunità nazionale a servizio del quale è posto il patto costituzionale, a tutela di tutti e di tutte. Di questo gli va dato atto. Grazie, Presidente Mattarella.

Rosario Giuè, teologo e docente di diritto nelle Scuole Medie Superiori.

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Riconoscimento formale del passaggio della sovranità dal Popolo Italiano al mercato globale

Paolo Maddalena


La mancata approvazione della proposta di governo dei vincitori delle elezioni politiche M5Stelle e Lega è il riconoscimento formale della fine della democrazia e del passaggio della sovranità del popolo Italiano alla finanza e alle multinazionali. Il pensiero neoliberista può festeggiare il suo trionfo liberticida. La spiegazione data dal Presidente della Repubblica: fare il bene dei risparmiatori italiani, impedendo l’uscita dall’euro, non convince e non tiene conto che, restando nell’euro (che è una lira sopravvalutata e un marco svalutato), Il debito pubblico, che ci è stato imposto dal mercato globale (al quale ci siamo dovuti rivolgere dopo che Andreatta, con una lettera del 12 febbraio 1981 sollevò la Banca d’Italia dall’obbligo di acquistare i buoni del tesoro rimasti invenduti, anticipando così gli effetti dannosi della moneta unica), non nasce dai nostri sprechi (come asserisce un poco informato giornalista tedesco, il quale non sa che l’Italia dedica allo Stato sociale il 41 per cento del Pil, mentre la media europea è del 45 per cento, e non ricorda neppure che la Germania ha violato per cinque anni il limite di Maastricht, non ha mai denunciato il suo surplus commerciale e fruisce ancora del contributo europeo per la riunificazione), ma ci è imposto dalla speculazione finanziaria (incostituzionale e illegale anche a termine dei Trattati internazionali), la quale non si ispira più alla regola della domanda e dell’offerta, ma a quella della pura convenienza individuale, costringendoci a “privatizzare” e “svendere” tutte le nostre fonti di produzione della ricchezza (beni produttivi, demani, e servizi pubblici essenziali), in modo da privarci dell’intero territorio, e, cioè dell’esistenza stessa della nostra Comunità politica.
Non si deve sottacere, poi, che il nostro “debito pubblico”, essendo la conseguenza del mutamento del sistema economico produttivo di stampo keynesiano (che è sancito dalla nostra Costituzione) in un sistema economico predatorio di stampo neoliberista, realizzato in circa quaranta anni, con attendismo e propaganda menzognera, nonché con la sottomissione dei nostri governi, si è concretato in una “prestazione impossibile” ai sensi dell’art. 1218 del nostro codice civile, poiché dovuta a un fatto (la trasformazione del sistema economico) non imputabile al debitore e cioè all’ignaro Popolo Italiano. Il quale, d’altro canto, per un verso è costretto al pareggio di bilancio e, per altro verso è nell’impossibilità di ottenere uno “sviluppo economico”, che è l’unica via possibile per ridurre il debito. Si tratta, insomma, non solo di una “impossibilità” giuridica, ma anche di una “impossibilità” di fatto. Peraltro, è bastato un cenno di cambiamento di questo sistema per scatenare la violenta campagna denigratoria e mistificatoria del neoliberismo imperante, il quale mira a confondere le idee e costringerci a fare la fine della Grecia.
Ma oggi, 28 maggio 2018, deve scattare la nostra controffensiva, pacifica e costituzionalmente legale, rispondendo agli insulti della stampa tedesca e francese con una forte iniziativa interna, e cioè con la nazionalizzazione delle fonti di produzione della ricchezza, con il divieto di delocalizzazione, con il recupero dei beni pubblici illegalmente venduti. Insomma, occorre far prevalere sui Trattati la nostra Costituzione (esattamente come hanno fatto e fanno Germania e Francia), tenendo presente che la nostra Corte costituzionale ha sempre sancito che non possono avere ingresso nel nostro ordinamento le norme europee che violino diritti fondamentali, come il diritto al lavoro, alla salute, all’ambiente, ecc., (cosiddetta teoria dei “contro limiti”). E tutto questo senza dimenticare che i cosiddetti “poteri forti” in realtà sono poteri debolissimi, poiché la loro ricchezza è formata soprattutto da derivati e altra moneta fittizia di questo genere. Non ci nascondiamo che la battaglia sarà durissima, ma sono dalla nostra parte la dignità di un Popolo e una Costituzione unica al mondo.

Paolo Maddalena, giurista e giudice emerito della Corte Costituzionale. Testo ripreso da attuarelacostituzione.it
 




3 commenti:

  1. Riprendo dal mio diario FB alcuni commenti pervenuti:

    Riccardo Farci Ma chi è che vuole modificare la Legge Fondamentale dello Stato ?

    Francesco Virga: Tanti ci hanno provato (da Berlusca a Renzi!) e vedrai che presto torneranno a provarci ...magari con la scusa di creare una vera e propria Repubblica presidenziale!

    Riccardo Farci: Ora il discorso è diverso .... qua è in discussione la democrazia ... il voto degli italiani ..


    Francesco Virga: Il discorso sostanzialmente è sempre lo stesso, caro Riccardo. Il problema è sempre quello del potere che, in una Repubblica fondata sulla Costituzione antifascista del 1947, non potrà mai essere concentrato in un unico polo. Vai a studiare meglio la storia della nostra Costituzione, concepita col sistema dei contrappesi proprio per evitare una ricaduta in un regime dittatoriale!

    Roberto Li Castri: Interpreti totalmente il mio pensiero in un momento così delicato per le sorti dell'Italia e per la tutela delle istituzioni democratiche. In questo frangente dobbiamo ringraziare i nostri padri costituenti per la lungimiranza con la quale hanno saputo trovare un perfetto equilibrio fra i poteri dello stato, in modo tale da evitare che un bulletto possa montarsi la testa e replicare ciò che avvenne cento anni fa.

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  2. Marco Ninci: Ma il problema non è se la costituzione consentiva o no a Mattarella di fare quello che ha fatto. Il problema è che Mattarella ha agito per evidenti pressioni esterne. Questo è inaccettabile.

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  3. Se non l'avete ancora capito, sarò più chiaro: l'incarico a Cottarelli (una vera e propria COFFA!) non l'ho digerito neppure io! Ma oggi, almeno sul mio diaario FB, niente politica. Solo cose belle e poesia.

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