Lo studio come specchio dell'animo dell'artista.
Franco Marcoaldi
Spiando il maestro
all'opera nel suo studio
Qualche anno fa uscì un
bel libro di Michael Peppiatt sullo studio parigino di Alberto
Giacometti. «Tra quelle quattro mura», sosteneva il critico, «erano
visibili tutte le diverse tracce della battaglia intrapresa
dall'artista nel corso di quarant'anni di indefesso lavoro per
esprimere una peculiare visione dell'uomo».
Insomma, niente di meglio
del famoso "buco" di rue Hyppolite, per capire l'amore di
Giacometti per l'ombra, oltre che per una vita povera, spoglia,
monacale. Quello studio grigio e polveroso, in un edificio
dall'aspetto derelitto, «era allo stesso tempo teatro e archivio,
scenario di sublimi realizzazioni e, cosa forse ancor più
interessante, deposito di ripetute sconfitte ». Ecco perché la sua
visione, e la sua accurata descrizione, rappresentano – secondo
Peppiatt – il modo migliore per affrontare il labirinto Giacometti.
A pensarci bene, non
accade lo stesso con tutti gli artisti? Il loro studio-antro, o
stanza dei giochi e degli incubi, o Wunderkammer, che si trasforma in
personalissima fabbrica d'arte, non è forse lo specchio più fedele
della loro anima? Ci sarà una ragione se la "familiarità"
degli oggetti raffigurati da Giorgio Morandi si andava accumulando
nel contesto altrettanto familiare della sua casa bolognese, dove
l'artista viveva con madre e sorelle. Per contro: il caos assoluto
dello studio londinese di Francis Bacon, con fotografie e tele
stracciate e calpestate, abbandonate a terra al loro destino, non
rimanda in qualche modo alle disiecta membra dei corpi martoriati che
compaiono sulle sue tele? E l'immagine del radioso studio di Calder a
Parigi, non rivela immediatamente qualcosa della sua specialissima
arte – così aerea, gioiosa, circense?
Courbet, La bottega del pittore
Courbet, La bottega del pittore
Per non parlare poi di
tutti gli innumerevoli casi in cui lo studio, l'atelier, diventa esso
stesso soggetto dell'opera. A partire dal misterioso quadro di
Courbet, La bottega del pittore , affollato delle persone più
diverse («è il mondo che viene a farsi dipingere da me»), per
arrivare al nostro Gianfranco Ferroni, dove l'umano invece è ormai
scomparso e sulla moquette del proprio spazio di lavoro rimangono
soltanto cicche di sigaretta, fili della luce strappati, bottiglie
rovesciate.
La questione del rapporto
studio-artista, con la ricostruzione dello spazio creativo, si
ripropone ora nella mostra di Villa Manin dedicata all'ultima fase di
Miró, quella del suo trasferimento a Maiorca. Finalmente il sogno di
un grande ambiente suo e solo suo sta per realizzarsi. La moglie di
Miró – si legge nel catalogo – convince l'amico e architetto
Josep Lluís Sert a disegnare un edificio che combini i tratti della
nuova architettura razionalista con il gusto mediterraneo.
Mirò nel suo studio
La luce naturale viene sfruttata al massimo grazie a "lucernari zenitali", in ambienti che dialogano costantemente con il territorio circostante. Stilemi tradizionali si alternano all'uso del calcestruzzo a vista. E, non pago di questo spazio tanto grande e luminoso, nel 1959 Miró acquista anche una costruzione maiorchina a poche centinaia di metri dalla precedente, dove poter «creare tele e sculture monumentali oltre che per decongestionare lo studio».
Mirò nel suo studio
La luce naturale viene sfruttata al massimo grazie a "lucernari zenitali", in ambienti che dialogano costantemente con il territorio circostante. Stilemi tradizionali si alternano all'uso del calcestruzzo a vista. E, non pago di questo spazio tanto grande e luminoso, nel 1959 Miró acquista anche una costruzione maiorchina a poche centinaia di metri dalla precedente, dove poter «creare tele e sculture monumentali oltre che per decongestionare lo studio».
A suo tempo, Leonardo da
Vinci aveva sostenuto che lo studio dell'artista «dovrebbe essere
piccolo, perché gli spazi piccoli favoriscono la concentrazione
mentale, mentre quelli grandi spingono alla distrazione ». Miró,
evidentemente, non la pensava allo stesso modo.
La repubblica – 18
ottobre 2015
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