Oggi diamo
spazio allo storico Franco Cardini, grande
esperto di Islam e Medio Oriente. Lo facciamo riproponendo una intervista
pubblicata da L’Espresso il 29 giugno 2015. Ci sembrano particolarmente
significative due cose, tra le altre: 1) Lo storico non marxista, anzi di solida
formazione liberale, analizza senza
paraocchi le tragedie del nostro tempo aiutandoci a comprenderle meglio grazie alle
sue serie conoscenze storiche; 2) Cardini, a differenza di tanti improvvisati
analisti dell’ultima ora, mostra come le
stragi degli ultimi mesi siano figlie del tentativo di strumentalizzare gli jihadisti,
riconoscendo le responsabilità del nostro ipocrita Occidente.
Franco Cardini:
"Ecco chi finanzia il Califfato"
di Luca
Steinmann
29 giugno
2015
In questo
momento così delicato per gli equilibri del Mediterraneo abbiamo intervistato
una delle voci più auterevoli. Franco Cardini è il Direttore del Centro di
Studi sulle Arti e le Culture dell’Oriente dell’Università Internazionale
dell’Arte di Firenze e storico di fama mondiale.
Dalla strage di Charlie Hebdo all'attentato di Sousse è evidente che l'Europa ha la guerra dell’Is in casa. Quali sono le responsabilità dell’Occidente in tutto ciò?
Sia i governi europei che quello americano hanno delle responsabilità non solo recenti, ma che iniziano nel periodo post-coloniale del Medio Oriente. Il peccato originale fu quello di voler fare delle vecchie colonie dei nuovi protettorati economico-finanziari. Gli inglesi soprattutto tentarono di mantenere de facto il controllo di quelle zone, negando l’anima islamica di quel mondo e a seguito di ciò nacquero i primi movimenti islamisti, come i Fratelli musulmani in Egitto. Da allora fino ai nostri giorni le forze occidentali hanno trattato strumentalmente il mondo islamico, facendo i propri interessi. Ancora oggi si pensa che il fondamentalismo sia strumentalizzabile. Gli Stati Uniti, per esempio, favorirono lo stabilirsi degli jihadisti provenienti dallo Yemen e dall’Arabia Saudita in Afghanistan durante la guerra contro l’Unione sovietica, per trasformarla in una guerra santa anti-russa. Essa fu vinta, ma gli jihadisti rimasero e formarono il movimento dei talebani che fino a metà degli anni Novanta fu appoggiato da Washington. Poi i talebani si svincolarono avvicinandosi alla Cina, cosa che ha portato all’11 settembre e a tutte le conseguenze che oggi abbiamo sotto gli occhi.
Cos’è mancato invece all’Europa nella comprensione del mondo arabo e dei paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo?
L’Europa non ha capito cosa realmente stia succedendo. In molti pensano che l’unico nemico del Califfato sia l’Occidente. Ciò è errato e i fatti di questi giorni lo mostrano chiaramente. La maggior parte delle vittime sono infatti di religione musulmana. Gli attentati in Kuwait e Somalia mostrano una forte lotta che è in corso tra sciiti e sunniti, oltre che tra jihadisti e moderati. C’è in atto una guerra civile all’interno del mondo islamico che spinge migliaia di persone in bocca ai fondamentalisti, molti dei quali offrono un programma sociale ed economico fondato sul prestito senza interessi delle banche islamiche che attrae tantissimi giovani. Quello che l’Europa non ha capito è che non c’è solo fanatismo violento, ma anche proposte di alternativa al mondo occidentale.
Esistono invece proposte di alternativa al mondo occidentale anche tra i cosiddetti islamici moderati?
Esistono, per esempio nel socialismo arabo che si ispira a Nasser che oggi è ripreso dal presidente della Siria Assad e che era stato fatto proprio da Saddam Hussein e Gheddafi. Certo Saddam e Gheddafi erano dittatori sanguinari, ma mettevano in prima istanza l’appartenenza nazionale e non la religione e mantenevano uno stato sociale fatto di scuole, università, assistenza e comunicazione che strappava i giovani dall’estremismo ed erano per questo un argine contro il Califfo. Di fatto erano in grado dimantenere la pace. Oggi Assad, che è l’unico ancora in vita, è inviso dall’Occidente perché amico dell’Iran e nemico della Turchia che è membro della Nato. E’ qui il grande problema: paesi come Turchia e Arabia Saudita sono alleati dell’Occidente che però combattono Assad e di conseguenza favoriscono l’Is.
Chi sono dunque i veri alleati dell’Is? E da dove prende i soldi?
Esistono delle complicità finanziarie e economiche tra il Califfato e alcuni stati alleati dell’Occidente, tra cui Turchia, Arabia Saudita e Qatar. Quello che l’Is sta facendo al livello geografico è di ridisegnare il territorio di Iraq e Siria a favore dei paesi citati e a discapito di Assad. Il Califfo però è sempre più forte, tanto da poter porre le condizioni ai propri alleati. Vuole essere l’unico rappresentante dell’Islam radicale e sta tentando di egemonizzare il mondo islamico sotto la sua guida. Nel Medio Oriente sta incontrando difficoltà grazie alle resistenze di Assad e dei curdi, ma sta ottenendo grandi consensi in Africa, dove gli stati sociali sono meno sviluppati se non inesistenti, come in Somalia. Non è un caso che sia in quelle regioni che abbiano origine i flussi migratori che sbarcano sulle nostre coste.
Immigrazione e diffusione del Califfato sono dunque collegate. Quali sono le contromosse con cui bisognerebbe rispondere?
La guerra si vince con l’intelligence e non con i bombardamenti a tappeto. E’ una guerra prima di tutto ideologica da vincere con il soft power e non con le dimostrazioni di forza. Chiudere 80 moschee in Tunisia, come è avvenuto, fa il gioco del Califfo, al quale si regalano simpatie. Fare lo stesso in Italia, come ha suggerito una certa stampa di destra, vorrebbe dire aumentare il rischio. Il Califfo sta alzando il tiro perché vuole che i governi occidentali rispondano con misure dure e indiscriminate come queste che gli porteranno consensi. Più la tensione si alza, più porterà avanti politiche di crudeltà per indurre a reazioni sbagliate. Dicono bene Obama e Papa Francesco quando invitano al dialogo con l’Islam moderato.
Alcuni politici invitano a una nuova crociata contro l’Islam.
Le conseguenze di ciò le abbiamo già sperimentate con la dottrina Bush, che prevedeva l’identificazione di un grande nemico per giustificare il proprio espansionismo geopolitico. Quando ha identificato il nemico nell’Islam ha invocato a una nuova guerra santa, esattamente come fa oggi il l’Is. Parlare di guerre sante e di soluzioni indiscriminate è sbagliato dall’una come dall’altra parte. Bush attaccando il mondo islamico ha fatto il gioco del Califfo, che tagliando gole fa il gioco della dottrina Bush. Leggo con preoccupazione che essa sta tornando ad essere maggioritaria all’interno del Congresso americano. L’Is va combattuta militarmente, ma agli islamici moderati va aperto il dialogo, altrimenti ci troveremo sempre più jihadisti in Europa.
In Europa la politica di destra ritiene sia possibile che gli jihadisti si mimetizzino ai migranti sui barconi. E’ possibile?
E’ possibile, ma non dobbiamo dimenticare che le cellule jihadiste in Europa ce le abbiamo già. Purtroppo la destra europea pensa a creare consenso e non a risolvere la situazione. Una soluzione che dovrebbero proporre se volessero tentare di risolvere gli eccessi dei flussi migratori è di individuare i veri motivi per cui queste genti scappano e attaccare i veri responsabili. Uno di questi è certamente il Califfo, ma che riesce a radicarsi in un’Africa resa allo stremo dagli interessi di multinazionali che ne hanno sfruttato le risorse e costretto le popolazioni alla fame.
Dalla strage di Charlie Hebdo all'attentato di Sousse è evidente che l'Europa ha la guerra dell’Is in casa. Quali sono le responsabilità dell’Occidente in tutto ciò?
Sia i governi europei che quello americano hanno delle responsabilità non solo recenti, ma che iniziano nel periodo post-coloniale del Medio Oriente. Il peccato originale fu quello di voler fare delle vecchie colonie dei nuovi protettorati economico-finanziari. Gli inglesi soprattutto tentarono di mantenere de facto il controllo di quelle zone, negando l’anima islamica di quel mondo e a seguito di ciò nacquero i primi movimenti islamisti, come i Fratelli musulmani in Egitto. Da allora fino ai nostri giorni le forze occidentali hanno trattato strumentalmente il mondo islamico, facendo i propri interessi. Ancora oggi si pensa che il fondamentalismo sia strumentalizzabile. Gli Stati Uniti, per esempio, favorirono lo stabilirsi degli jihadisti provenienti dallo Yemen e dall’Arabia Saudita in Afghanistan durante la guerra contro l’Unione sovietica, per trasformarla in una guerra santa anti-russa. Essa fu vinta, ma gli jihadisti rimasero e formarono il movimento dei talebani che fino a metà degli anni Novanta fu appoggiato da Washington. Poi i talebani si svincolarono avvicinandosi alla Cina, cosa che ha portato all’11 settembre e a tutte le conseguenze che oggi abbiamo sotto gli occhi.
Cos’è mancato invece all’Europa nella comprensione del mondo arabo e dei paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo?
L’Europa non ha capito cosa realmente stia succedendo. In molti pensano che l’unico nemico del Califfato sia l’Occidente. Ciò è errato e i fatti di questi giorni lo mostrano chiaramente. La maggior parte delle vittime sono infatti di religione musulmana. Gli attentati in Kuwait e Somalia mostrano una forte lotta che è in corso tra sciiti e sunniti, oltre che tra jihadisti e moderati. C’è in atto una guerra civile all’interno del mondo islamico che spinge migliaia di persone in bocca ai fondamentalisti, molti dei quali offrono un programma sociale ed economico fondato sul prestito senza interessi delle banche islamiche che attrae tantissimi giovani. Quello che l’Europa non ha capito è che non c’è solo fanatismo violento, ma anche proposte di alternativa al mondo occidentale.
Esistono invece proposte di alternativa al mondo occidentale anche tra i cosiddetti islamici moderati?
Esistono, per esempio nel socialismo arabo che si ispira a Nasser che oggi è ripreso dal presidente della Siria Assad e che era stato fatto proprio da Saddam Hussein e Gheddafi. Certo Saddam e Gheddafi erano dittatori sanguinari, ma mettevano in prima istanza l’appartenenza nazionale e non la religione e mantenevano uno stato sociale fatto di scuole, università, assistenza e comunicazione che strappava i giovani dall’estremismo ed erano per questo un argine contro il Califfo. Di fatto erano in grado dimantenere la pace. Oggi Assad, che è l’unico ancora in vita, è inviso dall’Occidente perché amico dell’Iran e nemico della Turchia che è membro della Nato. E’ qui il grande problema: paesi come Turchia e Arabia Saudita sono alleati dell’Occidente che però combattono Assad e di conseguenza favoriscono l’Is.
Chi sono dunque i veri alleati dell’Is? E da dove prende i soldi?
Esistono delle complicità finanziarie e economiche tra il Califfato e alcuni stati alleati dell’Occidente, tra cui Turchia, Arabia Saudita e Qatar. Quello che l’Is sta facendo al livello geografico è di ridisegnare il territorio di Iraq e Siria a favore dei paesi citati e a discapito di Assad. Il Califfo però è sempre più forte, tanto da poter porre le condizioni ai propri alleati. Vuole essere l’unico rappresentante dell’Islam radicale e sta tentando di egemonizzare il mondo islamico sotto la sua guida. Nel Medio Oriente sta incontrando difficoltà grazie alle resistenze di Assad e dei curdi, ma sta ottenendo grandi consensi in Africa, dove gli stati sociali sono meno sviluppati se non inesistenti, come in Somalia. Non è un caso che sia in quelle regioni che abbiano origine i flussi migratori che sbarcano sulle nostre coste.
Immigrazione e diffusione del Califfato sono dunque collegate. Quali sono le contromosse con cui bisognerebbe rispondere?
La guerra si vince con l’intelligence e non con i bombardamenti a tappeto. E’ una guerra prima di tutto ideologica da vincere con il soft power e non con le dimostrazioni di forza. Chiudere 80 moschee in Tunisia, come è avvenuto, fa il gioco del Califfo, al quale si regalano simpatie. Fare lo stesso in Italia, come ha suggerito una certa stampa di destra, vorrebbe dire aumentare il rischio. Il Califfo sta alzando il tiro perché vuole che i governi occidentali rispondano con misure dure e indiscriminate come queste che gli porteranno consensi. Più la tensione si alza, più porterà avanti politiche di crudeltà per indurre a reazioni sbagliate. Dicono bene Obama e Papa Francesco quando invitano al dialogo con l’Islam moderato.
Alcuni politici invitano a una nuova crociata contro l’Islam.
Le conseguenze di ciò le abbiamo già sperimentate con la dottrina Bush, che prevedeva l’identificazione di un grande nemico per giustificare il proprio espansionismo geopolitico. Quando ha identificato il nemico nell’Islam ha invocato a una nuova guerra santa, esattamente come fa oggi il l’Is. Parlare di guerre sante e di soluzioni indiscriminate è sbagliato dall’una come dall’altra parte. Bush attaccando il mondo islamico ha fatto il gioco del Califfo, che tagliando gole fa il gioco della dottrina Bush. Leggo con preoccupazione che essa sta tornando ad essere maggioritaria all’interno del Congresso americano. L’Is va combattuta militarmente, ma agli islamici moderati va aperto il dialogo, altrimenti ci troveremo sempre più jihadisti in Europa.
In Europa la politica di destra ritiene sia possibile che gli jihadisti si mimetizzino ai migranti sui barconi. E’ possibile?
E’ possibile, ma non dobbiamo dimenticare che le cellule jihadiste in Europa ce le abbiamo già. Purtroppo la destra europea pensa a creare consenso e non a risolvere la situazione. Una soluzione che dovrebbero proporre se volessero tentare di risolvere gli eccessi dei flussi migratori è di individuare i veri motivi per cui queste genti scappano e attaccare i veri responsabili. Uno di questi è certamente il Califfo, ma che riesce a radicarsi in un’Africa resa allo stremo dagli interessi di multinazionali che ne hanno sfruttato le risorse e costretto le popolazioni alla fame.
Documento
tratto da .espresso.repubblica.it/plus/articoli/2015/06/29/news/ecco-chi-finanzia-il-califfato-1.219189
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