23 novembre 2015

ANTIFASCISTI ITALIANI IN TUNISIA







La Tunisia degli antifascisti italiani tra le due guerre in un bel libro di Leila El Houssi, giovane ricercatrice italiana di padre tunisino, professore a contratto di Storia dei paesi islamici presso l'Università di Padova.

Gabriele Proglio
Italiani in Africa, non solo con Mussolini


Un libro di duecentotrenta pagine per raccontare la Tunisia degli antifascisti italiani tra le due guerre: è L’urlo contro il regime di Leila El Houssi (Carocci, pp.232, euro 22). Frutto di un’approfondita ricerca in numerosi archivi italiani, francesi e tunisini, il volume ricostruisce i passaggi fondamentali della vicenda antifascista in Tunisia. «L’obiettivo – spiega El Houssi – è di mettere alla prova l’attendibilità dell’immagine diffusa sinora, che ha dipinto la numerosa collettività italiana nel paese nordafricano, durante il periodo fascista, totalmente fedele al regime di Roma».

Albert Memmi ha acutamente fatto notare come gli italiani in Tunisia vissero una dimensione altra, non appartenendo né ai colonizzati né ai colonizzatori. Andrien Salmieri ha declinato questo posizionamento in un’altra prospettiva: quella dell’europeità degli italiani, e, al contempo, della loro adesione culturale al mondo arabo. El Houssi recepisce queste tesi:  nel primo capitolo, ricostruisce,  le vicende della migrazione italiana nell’antica terra di Berberia.

Numerosi sono gli eventi che minano i diritti degli italiani in Tunisia: il decreto del 1883, emanato dal bay, con l’estensione della giurisdizione francese ai tunisini e agli europei; quello del 1887 sulla cittadinanza accordata ai richiedenti residenti in Tunisia; l’accordo delle Convenzioni, siglato tra Parigi e Roma nel 1896, che prevedeva la salvaguardia degli interessi italiani in Tunisia per contro a una dichiarazione italiana di non ostruzionismo nei confronti dell’amministrazione francese nel paese nordafricano.

Superato anche lo snodo del primo conflitto mondiale, la rivendicazione dell’italianità arriva col fascismo. È Mussolini a usare come volano propagandistico la condizione degli italiani in Tunisia. La strategia del fascismo è di occupare ogni spazio disponibile, operando – chiarisce El Houssi – un controllo sistematico dei connazionali attraverso l’invio da Roma di rappresentanti del partito e del governo incaricati di preservare l’italianità e di stimolare il patriottismo della comunità italiana».

Fin dal 1924, due sono le componenti che si oppongono al fascismo: quella liberale e quella comunista. El Houssi ricostruisce in modo capillare le vicende che ruotano intorno a questi gruppi, non trascurando di studiarne la composizione sociale e i mondi culturali di provenienza. Dalla trama emergono, una dopo l’altra, le vicende di moltissimi antifascisti come Giulio Cesare Barresi, Antonio Casubolo, Renato Gallico, Gianpaolo Finidori.

A partire dal 1928 l’atmosfera si surriscalda con gli attentati antifascisti alla sede dell’Unione, testata fedelissima al fascismo. Nel 1930 viene costituita la filiale della Lidu (Lega Italiana dei diritti dell’uomo) ove confluiscono vari raggruppamenti antifascisti. Il presidente, Giulio Cesare Barresi, stabilisce dei contatti con il Partito Socialista e con i sindacati; con la Concentrazione antifascista incontrando, a Parigi, Carlo Rosselli, Claudio Treves, Luigi Campolonghi e Emilio Lussu. Intanto, continuano le intimidazioni e le denunce dell’Ovra. Sul fronte antifascista, tra il 1930 e il 1932, aumenta lo sforzo propagandistico: nasce La Voce Nuova che di lì a poco si fonderà con l’Eco d’Italia, organo della Concentrazione.
Nel luglio del 1932 la sede della testata è assaltata da un gruppo di fascisti in cerca di informazioni sul direttore, Vincenzo Serio. Un’altra redazione, quella dell’Unione, è oggetto di attentati dinamitardi, pare costruiti ad hoc dalla polizia politica italiana per screditare gli antifascisti. Dal 1932 al 1933 il tema a tenere banco, su cui si gioca tra l’altro l’intesa Destur-fascismo, è quello dei Musulfranc, ossia dei musulmani naturalizzati francesi con tensioni sociali che sboccheranno in scontri, nel boicottaggio dei prodotti francesi e nell’emanazione dei decreti scellerati (aprile del 1933), con conseguente sospensione di tre giornali.

Il 7 gennaio 1935 è la data dell’accordo Mussolini-Laval. Con esso il fascismo, scrive El Houssi, «baratta gli italiani in Tunisia» in cambio dell’assenso francese alla penetrazione in Etiopia. Gli antifascisti, in particolare i comunisti, si mobilitano contro la politica coloniale italiana. Nel 1936 due eventi caratterizzano le vicende tunisine: la salita al potere in Francia del Front Populaire e il colpo di stato di Franco in Spagna. Le piazze si riempiono e aumenta l’attività giornalistica. Nascono nuove organizzazioni, come l’Unione popolare italiana e il Circolo popolare Garibaldi.
Nel 1937, i fascisti fanno il primo morto: un comunista, Giuseppe Miceli, viene assassinato il 20 settembre da un gruppo di cadetti italiani della «Colombo» e «Vespucci» intenzionati a colpire il Circolo Popolare Garibaldi.  In un clima sempre più rovente, in seguito alla sospensione dell’attività sindacale voluta dal residente Ahmed Pacha, arriva a Tunisi Velio Spano il cui compito è valutare la situazione del gruppo comunista di origine italiana. Nel 1939 giunge a Tunisi anche Giorgio Amendola: deve fondare una nuova testata, il Giornale.

Poi, con la firma del patto tedesco-sovietico i comunisti vengono espulsi dalla Lidu e si ritrovano isolati. Con la dichiarazione di guerra di Mussolini alla Francia, il 10 giugno 1940, gli italiani, tutti gli italiani, vengono rastrellati e deportati nei campi di Sbeitla, Ain Sefra, Souk Aras e Kasserine.

In conclusione, L’urlo contro il regime è un ottimo saggio, importante per la documentazione storica ma anche per le analisti interpretative fornite. El Houssi centra quindi l’obiettivo: mostra tutte le sfaccettature politiche e sociali degli italiani in Tunisia, leggendo le vicende antifasciste con una molteplicità di sguardi, ossia tenendo conto tanto degli avvenimenti tunisini, quanto degli accadimenti internazionali.

il manifesto – 19 novembre 2015

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