Pubblichiamo un intervento di Luciano Canfora apparso sul numero 4/2015 della rivista Hystrio, a cura di Maddalena Giovannelli e Martina Treu. Ringraziamo l’autore e la testata (fonte immagine).
Satira politica o politica satirica?
La recente esperienza drammatica di Charlie Hebdo ha riproposto con forza la questione della satira politica (anche la religione è ormai politica e forse lo è sempre stata), nonché la domanda intorno ai limiti che essa – la satira – deve porsi. In un mondo ideale nessun limite alla satira dovrebbe essere consentito, e nessuna reazione violenta dovrebbe essere prevedibile. Così non è nella realtà concreta e dunque il problema si pone.
Ricordo ancora, alla metà degli anni Settanta, cioè quarant’anni fa, le minacce di querela da parte di Enrico Berlinguer nei confronti di Forattini, il quale aveva l’abitudine, come vignettista de La Repubblica, di raffigurare Berlinguer in vestaglia e pantofole e magari con la brillantina in testa, a significarne l’imborghesimento. La situazione divenne quasi ridicola e spinse Forattini ad atteggiarsi sempre più a destro-qualunquista.
Gli insulti alla religione islamica da parte dei vignettisti francesi erano essenzialmente sciocchi, non per il contenuto che era nullo, ma per la volgarità. Il fatto però che degli indegni sicari fanatici li abbiano uccisi li ha resi postumamente eroi della libertà di stampa e di satira. Ma anche Aristofane ha messo sulla scena parole terribili e insultanti, non solo nei confronti degli uomini politici ma anche delle divinità. Come ho avuto occasione di scrivere in un recente numero di Micromega dedicato a Charlie Hebdo (1/2015) «bisognerebbe leggere o rileggere le Rane. Una raffigurazione più insultante di divinità veneratissime come Dioniso, Eracle, Plutone eccetera sarebbe difficile da trovare, non soltanto nella letteratura di ogni tempo, ma anche negli archivi di Charlie Hebdo. Il pubblico rideva ma non per questo perdeva i propri convincimenti e le proprie inclinazioni religiose. Cleone pensò di reagire agli insulti aristofanei: Cleone è passato alla storia come personaggio discutibile, se non negativo, Aristofane ha trionfato».
Aristofane fu portato davanti alla boulé ateniese da Cleone: non per le offese rivolte a Cleone medesimo, ma per la pesantissima diagnosi critica dell’imperialismo ateniese. Aristofane era sicuramente un conservatore, piuttosto amico dei golpisti del 411 a.C., e Cleone era un demagogo imperialista. Quando però Tucidide dà la parola a Cleone, lo fa parlare con una ampiezza di argomentazioni ed efficacia pari a quelle di Pericle.
La peculiarità del tempo nostro invece è che i principali comici non sono più i vignettisti o gli attori satirici, ma direttamente i politici stessi. Di solito si pensa che all’Italia spetti un primato in questo campo, dal momento che nell’ultimo ventennio (1994-2011) per una dozzina d’anni è stato Presidente del Consiglio un brillante showman che si era addestrato sulle navi da crociera.
Ciò non toglie che costui si sia rivelato un abile animale politico, deposto con la forza da una specie di golpe bianco e che abbia, al tempo stesso, creato all’estero l’immagine di un Paese governato da un grande comico. Attualmente gli è subentrato un comico molto più giovane e assai più ripetitivo, certamente meno abile nel giocare la tastiera della comicità e forse già avviato a una parabola discendente. Il suo grande interprete è un attore comico di una certa efficacia che si sforza di farne la satira ogni martedì e venerdì, ma quest’ultimo, molte volte, è al di sotto del modello, dal punto di vista dell’efficacia comica.
Una situazione del genere, sia pure in tono minore, si è verificata nella vicina Repubblica francese al vertice della quale si sono alternati due diversi interpreti della comicità (Dominique Strauss-Kahn e François Hollande, ndr), il secondo dei quali, in casco e motoretta, ha scalato le classifiche del primato comico. In ogni caso è stato un esito meno grave di quello che si sarebbe prodotto, anche dal punto di vista dei rapporti interpersonali con lo staff presidenziale, ove l’ex capo del Fondo Monetario Internazionale, arrestato in un albergo statunitense, fosse diventato presidente della Repubblica francese.
Il venir meno della netta distinzione tra politici e satirici alla fine ha nuociuto più alla satira che alla politica. Ad Atene o a Roma questo sarebbe stato inconcepibile.
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