27 novembre 2015

Che cosa è poesia? 1 e 2




     Nel rinnovare l'invito a partecipare al Simposio che si terrà domani sera, alle ore 18.30,  al Castello di Marineo,  pubblichiamo, anche in questo spazio, l' Introduzione di Francesco Virga all ' istant book che raccoglie i versi di alcuni poeti della provincia di Palermo che hanno aderito all'iniziativa. Si ricorda che il libro verrà distribuito domani gratuitamente a tutti i partecipanti al Convegno insieme a dolci e vini tipici del territorio.
 


COSA È POESIA?
Francesco Virga
Da tempo la vita mi ha insegnato
che musica e poesia
sono al mondo le cose più belle
che la vita può darci.
Oltre all’amore, ovviamente.
J. Seifert

«Sono venuto qui non a tenere una conferenza su temi studiati e preparati, ma a conversare con voi di ciò che nessuno mi ha insegnato, di ciò che è sostanza e magia, di poesia». Sono parole di Federico García Lorca queste, non mie, ma le condivido pienamente perché indicano il fondo misterioso, magico, che accompagna ogni poesia; parole che aiutano a comprendere la ragione per cui anche i più grandi critici finiscono  sempre per balbettare quando parlano di poesia.
Cos’è poesia? Cosa autorizza a definire poetico un testo? Sulla questione esistono pareri diversi e bibliografie infinite. A me sembra ancora valido quanto scrisse nel 1945 Franco Fortini sul Politecnico di Elio Vittorini:
Un poeta è un uomo che fra le cose, gli uomini, la loro storia e la lingua, intuisce rapporti diversi da quelli che altri vi leggono di consueto; rapporti di sentimento e di fantasia che egli esprime in modo da indurre altri a comprenderne la bellezza, vale a dire, la verità. Scrivere poesie è un modo difficile e severo, come quello dello scienziato, dell’economista o dello storico, di comprendere e di spiegare il mondo; e poeti sono quelli che si avventurano fuori dalle strade che tutti credono di conoscere, per esplorarne altre, o scorgono nelle vie di tutti una verità ed una bellezza importante, dimenticata o non vista mai. Essi, per esprimersi, adoperano delle parole, una lingua; che è talora quella della madre loro, della loro strada o del loro popolo; o che spesso è antica e consunta come una pietra levigata. Ma nella poesia, quelle parole, che ciascuno poteva comprendere, non sembrano più essere le solite; qualcosa le ha trasformate e fatte come nuove. (Poesia è libertà)

Il saggio di Fortini meriterebbe di essere ristampato integralmente. Quanto vere ed attuali siano queste parole è confermato ampiamente da tutta la poesia di ieri e di oggi. Per tutte basta citarne una:
C’è chi meglio degli altri realizza la sua vita.
È tutto in ordine dentro e attorno a lui.
Per ogni cosa ha metodi e risposte.
È lesto a indovinare il chi il come il dove
e a quale scopo.
Appone il timbro a verità assolute,
getta i fatti superflui nel tritadocumenti,
e le persone ignote
dentro appositi schedari.
Pensa quel tanto che serve,
non un attimo in più,
perché dietro quell’attimo sta in agguato il dubbio.
E quando è licenziato dalla vita,
lascia la postazione
dalla porta prescritta.
A volte un po’ lo invidio
– per fortuna mi passa
(W. Szymborska, La gioia di scrivere. Tutte le poesie, Milano: Adelphi, 2009)

Questi versi sono stati scritti, col suo inconfondibile stile sobrio e ironico, dalla poetessa polacca Wislawa Szymborska, premio Nobel per la letteratura nel 1996. La Szymborska, come tutti i grandi poeti, è piena di dubbi e priva di certezze assolute, così come è attenta ai dettagli, alle piccole cose di cui è fatta la vita. Ogni poeta sa che chi calpesta un fiore oggi, domani calpesterà, con la stessa indifferenza, un uomo. La Szymborska sa che «la verità è un mare di fili d’erba che si piegano al vento; vuol essere sentita come movimento, assorbita come respiro. È una roccia solo per chi non la sente e non la respira; quegli vi sbatterà sanguinosamente la testa.» (E. Canetti)

Ma oggi a cosa serve la poesia? A questa brutale domanda sarei tentato di rispondere, in prima battuta, che non serve a nulla! Non serve e non può servire a nulla dal momento che, per sua natura, non è servile e non può essere utilizzata per fini a lei esterni. Questo spiega la ragione per cui in una società, come quella odierna, che ha un rapporto utilitaristico con le cose e le persone, la poesia non è tenuta in grande considerazione.

Poesia è, come notava Fortini, in primo luogo libertà. Libertà e disobbedienza di fronte a ogni forma di potere,  di fronte a ogni forma di irreggimentazione e massificazione. La società in cui viviamo minaccia, con sempre maggior pesantezza, i più elementari diritti del singolo, minaccia la distruzione totale della persona per ridurre gli individui a “una somma di consumatori” ai quali – nell’imperante mercificazione anche di quelle che una volta venivano considerate aspirazioni spirituali – si vorrebbero imporre bisogni artificialmente indotti.
Il poeta è il più deciso oppositore, per sua propria natura, di tale sistema. Il più strenuo difensore della singolarità, rifiutando d’istinto ogni slogan o parola d’ordine. Per questo il sistema lo avversa, sia ignorandolo o fingendo di ignorarlo, sia cercando di minimizzarne la figura con l’arma della sufficienza o dell’ironia. Ma i veri  poeti non si arrendono e non si piegheranno mai agli ordini dei potenti. Essi, infatti, sanno che: «Linguaggio dell'utilità è il potere; linguaggio della meraviglia è la poesia.» ( A. J. Heschel)
Uno dei pochi rimpianti che conservo dell’antica messa cantata in latino è legato al ricordo di due versi poetici del Magnificat che ho sentito cantare anche nella chiesa del mio piccolo paese: 

Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles
(Depose i potenti dai troni e innalzò gli umili)

Sì, c’era tanta poesia in questi versi! E, non a caso, la povera gente che non aveva studiato il latino si riconosceva in quelle parole, perché oltre ad essere scritte in un latino facilmente comprensibile, intuiva la verità profonda che contenevano e la loro forza oppositiva. Ecco perché un ebreo che la sapeva lunga, dimenticato da tanti oggi, definiva la religione «il cuore di un mondo senza cuore, lo spirito di un mondo privo di spirito» (K. Marx). E, forse, anche per questo i preti d’oggi non li cantano più quei versi!
Ma bisogna riconoscere che, accanto alla grande poesia, è proliferata in ogni tempo anche tanta poesia mediocre, aulica e cortigiana. Contro quest’ultima è stato scritto:

Il mondo della poesia è un mondo fittizio e falso, la poesia non mi piace per la stessa ragione per cui non mi piace lo zucchero puro. Lo zucchero è gradevole se preso insieme al caffè […]. È l’eccesso ciò che stanca della poesia, eccesso di parole, eccesso di metafore, eccesso di nobiltà. (W. Gombrowics, Contro i poeti )

In effetti tanti poeti studiati a scuola meritano questa critica. Basti pensare ai Monti, ai Carducci, ai D’Annunzio. Contro quest’ultimo si levò alta la voce di Luigi Pirandello, bollandolo quale vuoto «scrittore di parole».
Nel consumo spaventoso e terrificante di parole e di immagini che si fa oggi nel contesto di un bla bla universale, in questa colluvie di chiacchiere inutili dove la parola è esposta come puro rumore, la grande poesia col suo suono incantatorio e col suo buio aiuta, come la notte, a lavare la mente e portare una luce.
Buio sì, il mistero e la magia, di cui parlava il poeta andaluso, scaturiscono anche dal buio che contrassegna la vera poesia. E Pier Paolo Pasolini, meglio di altri, ha saputo cogliere questo buio:

Alle volte è dentro di noi qualcosa
– che tu sai bene, perché è la poesia –
qualcosa di buio in cui si fa luminosa la vita: un pianto interno,
una nostalgia gonfia di asciutte, pure lacrime.
(P. P. Pasolini, Tutte le poesie, Milano: Mondadori, 2003)

Marineo, novembre 2015                                                                         Francesco Virga
 


P.S. : Pubblico in appendice al mio breve saggio un commento di Marilina Giaquinta che lo integra e arricchisce:
 Mi piacciono due cose, tra quelle che hai scritto, intorno alle quali ruota, a mio avviso, il tuo intervento: 1) la poesia non serve a nulla; 2) la poesia è libera. 
La prima provocatoria che dimostra come chiedersi a cosa serve la poesia é come chiedersi a cosa serve l'amore. Domanda allo stesso tempo pericolosa che insinua che qualcosa per poter essere coltivata deve necessariamente essere "utile", una concezione mercantilistica che ha portato le case editrici ad eliminare le collane di poesia perché non "redditizie". La poesia è libera, a cominciare dalla sua forma, non ha regole, non ha un inizio uno sviluppo e una fine come la narrativa, decostruisce i procedimenti logici e li mette al servizio delle emozioni, degli stati d'animo, insomma si ribella, non è "servile", come hai scritto, diventa suono, conferisce alla lingua nuovi significati, ritrae e orchestra, e va dove vuole. La poesia rivoluziona ogni canone, sperimenta e com-muove. E parafrasando il pensiero di un filosofo che credo fosse Descartes "il pensiero è in noi come l'amore", dico che "la poesia è in noi come l'amore": non serve a niente ma non possiamo vivere senza.

4 commenti:

  1. Fra tutti i commenti che mi sono pervenuti finora, da parte degli amici che hanno letto in anteprima le mie quattro righe, quello che mi è piaciuto di più è quello scritto da Ezio Spataro: "Condivido pienamente questa visione, come ti ho già espresso privatamente.Tu non sei come quei critici che vogliono mettere paletti su cosa è poesia e cosa non lo è. Rispetti invece la libertà della poesia, perchè la ami. Non sei come quelle madri che amano a tal punto i propri figli al punto di decidere del loro futuro. Tu ami la poesia qualunque strada prenda."

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  2. per me poesia è luce dell'anima è pianto lamento...le parole non dette,i pensieri nascosti,è mente cuore e anima..

    Laura La Sala

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  3. Marisa Sapienza: La penso come Gombrowitz ...perciò apprezzo la sobrietà e l'ironia di Wislawa

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  4. Sono contento di avere dato il mio contributo al successo dell'iniziativa promossa dall'amico Carlo Greco dell'Associazione SETA. E' stata davvero una bella serata. Tutti bravi i poeti che hanno partecipato. Bravissimi i ragazzi che hanno suonato e cantato. Non si è trattato di uno dei soliti CONCORSI o PREMI letterari. Non c'era una Giuria designata a stabilire, più o meno arbitrariamente, il valore delle poesie; si è trattato solo di una festa della poesia a cui hanno partecipato un gruppo di poeti, più o meno noti, spinti soltanto dal loro amore per la poesia.

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