Nel rinnovare l'invito a partecipare al Simposio che si terrà domani sera, alle ore 18.30, al Castello di Marineo, pubblichiamo, anche in questo spazio, l' Introduzione di Francesco Virga all ' istant book che raccoglie i versi di alcuni poeti della provincia di Palermo che hanno aderito all'iniziativa. Si ricorda che il libro verrà distribuito domani gratuitamente a tutti i partecipanti al Convegno insieme a dolci e vini tipici del territorio.
COSA È POESIA?
Francesco Virga
Da tempo
la vita mi ha insegnato
che musica
e poesia
sono al
mondo le cose più belle
che la
vita può darci.
Oltre
all’amore, ovviamente.
J. Seifert
«Sono
venuto qui non a tenere una conferenza su temi studiati e preparati, ma a
conversare con voi di ciò che nessuno mi ha insegnato, di ciò che è sostanza e
magia, di poesia». Sono parole di Federico García Lorca queste, non mie, ma
le condivido pienamente perché indicano il fondo misterioso, magico, che
accompagna ogni poesia; parole che aiutano a comprendere la ragione per cui
anche i più grandi critici finiscono
sempre per balbettare quando parlano di poesia.
Cos’è poesia? Cosa autorizza a definire
poetico un testo? Sulla questione esistono pareri diversi e bibliografie infinite.
A me sembra ancora valido quanto scrisse nel 1945 Franco Fortini sul Politecnico di Elio Vittorini:
Un
poeta è un uomo che fra le cose, gli uomini, la loro storia e la lingua,
intuisce rapporti diversi da quelli che altri vi leggono di consueto; rapporti
di sentimento e di fantasia che egli esprime in modo da indurre altri a
comprenderne la bellezza, vale a dire, la verità. Scrivere poesie è un modo
difficile e severo, come quello dello scienziato, dell’economista o dello
storico, di comprendere e di spiegare il mondo; e poeti sono quelli che si
avventurano fuori dalle strade che tutti credono di conoscere, per esplorarne
altre, o scorgono nelle vie di tutti una verità ed una bellezza importante,
dimenticata o non vista mai. Essi, per esprimersi, adoperano delle parole, una
lingua; che è talora quella della madre loro, della loro strada o del loro
popolo; o che spesso è antica e consunta come una pietra levigata. Ma nella
poesia, quelle parole, che ciascuno poteva comprendere, non sembrano più essere
le solite; qualcosa le ha trasformate e fatte come nuove. (Poesia è libertà)
Il saggio di
Fortini meriterebbe di essere ristampato integralmente. Quanto vere ed attuali
siano queste parole è confermato ampiamente da tutta la poesia di ieri e di
oggi. Per tutte basta citarne una:
C’è chi meglio degli altri realizza la
sua vita.
È tutto in ordine dentro e attorno a lui.
Per ogni cosa ha metodi e risposte.
È lesto a indovinare il chi il come il dove
e a quale scopo.
Appone il timbro a verità assolute,
getta i fatti superflui nel tritadocumenti,
e le persone ignote
dentro appositi schedari.
Pensa quel tanto che serve,
non un attimo in più,
perché dietro quell’attimo sta in agguato il dubbio.
E quando è licenziato dalla vita,
lascia la postazione
dalla porta prescritta.
A volte un po’ lo invidio
– per fortuna mi passa
È tutto in ordine dentro e attorno a lui.
Per ogni cosa ha metodi e risposte.
È lesto a indovinare il chi il come il dove
e a quale scopo.
Appone il timbro a verità assolute,
getta i fatti superflui nel tritadocumenti,
e le persone ignote
dentro appositi schedari.
Pensa quel tanto che serve,
non un attimo in più,
perché dietro quell’attimo sta in agguato il dubbio.
E quando è licenziato dalla vita,
lascia la postazione
dalla porta prescritta.
A volte un po’ lo invidio
– per fortuna mi passa
(W.
Szymborska, La gioia di scrivere. Tutte
le poesie, Milano: Adelphi, 2009)
Questi versi sono stati scritti, col suo inconfondibile stile sobrio e
ironico, dalla poetessa polacca Wislawa Szymborska, premio Nobel per la
letteratura nel 1996. La Szymborska, come tutti i grandi poeti, è piena
di dubbi e priva di certezze assolute, così come è attenta ai dettagli, alle
piccole cose di cui è fatta la vita. Ogni poeta sa che chi calpesta un fiore
oggi, domani calpesterà, con la stessa indifferenza, un uomo. La Szymborska sa
che «la verità è un mare di fili d’erba
che si piegano al vento; vuol essere sentita come movimento, assorbita come
respiro. È una roccia solo per chi non la sente e non la respira; quegli vi
sbatterà sanguinosamente la testa.» (E. Canetti)
Ma oggi a
cosa serve la poesia? A questa brutale domanda sarei tentato di rispondere, in
prima battuta, che non serve a nulla! Non serve e non può servire a nulla dal
momento che, per sua natura, non è servile e non può essere utilizzata per fini
a lei esterni. Questo spiega la ragione per cui in una società, come quella
odierna, che ha un rapporto utilitaristico con le cose e le persone, la poesia
non è tenuta in grande considerazione.
Poesia è, come notava Fortini, in
primo luogo libertà. Libertà e disobbedienza di fronte a ogni forma di
potere, di fronte a ogni forma di
irreggimentazione e massificazione. La società in cui viviamo minaccia, con
sempre maggior pesantezza, i più elementari diritti del singolo, minaccia la
distruzione totale della persona per ridurre gli individui a “una somma di
consumatori” ai quali – nell’imperante mercificazione anche di quelle che una
volta venivano considerate aspirazioni spirituali – si vorrebbero imporre
bisogni artificialmente indotti.
Il poeta è il più deciso oppositore, per sua
propria natura, di tale sistema. Il più strenuo difensore della singolarità,
rifiutando d’istinto ogni slogan o parola d’ordine. Per questo il sistema lo
avversa, sia ignorandolo o fingendo di ignorarlo, sia cercando di minimizzarne
la figura con l’arma della sufficienza o dell’ironia. Ma i veri poeti non si arrendono e non si piegheranno
mai agli ordini dei potenti. Essi, infatti, sanno che: «Linguaggio dell'utilità è
il potere; linguaggio della meraviglia è la poesia.» ( A. J. Heschel)
Uno dei pochi rimpianti che conservo
dell’antica messa cantata in latino è legato al ricordo di due versi poetici
del Magnificat che ho sentito cantare
anche nella chiesa del mio piccolo paese:
Deposuit potentes de sede et exaltavit
humiles
(Depose i potenti dai troni e innalzò gli
umili)
Sì, c’era tanta poesia in questi
versi! E, non a caso, la povera gente che non aveva studiato il latino si
riconosceva in quelle parole, perché oltre ad essere scritte in un latino
facilmente comprensibile, intuiva la verità profonda che contenevano e la loro
forza oppositiva. Ecco perché un ebreo che la sapeva lunga, dimenticato da
tanti oggi, definiva la religione «il
cuore di un mondo senza cuore, lo spirito di un mondo privo di spirito» (K.
Marx). E, forse, anche per questo i preti d’oggi non li cantano più quei versi!
Ma bisogna riconoscere che, accanto alla grande
poesia, è proliferata in ogni tempo anche tanta poesia mediocre, aulica e
cortigiana. Contro quest’ultima è stato scritto:
Il mondo della poesia è un mondo fittizio e
falso, la poesia non mi piace per la stessa ragione per cui non mi piace lo
zucchero puro. Lo zucchero è gradevole se preso insieme al caffè […]. È
l’eccesso ciò che stanca della poesia, eccesso di parole, eccesso di metafore,
eccesso di nobiltà. (W. Gombrowics, Contro i poeti )
In effetti tanti poeti studiati a scuola meritano
questa critica. Basti pensare ai Monti, ai Carducci, ai D’Annunzio. Contro
quest’ultimo si levò alta la voce di Luigi Pirandello, bollandolo quale vuoto «scrittore
di parole».
Nel consumo
spaventoso e terrificante di parole e di immagini che si fa oggi nel
contesto di un bla bla universale, in questa colluvie di chiacchiere inutili dove la parola è esposta come puro rumore, la grande poesia
col suo suono incantatorio e col suo buio aiuta, come la notte, a lavare la
mente e portare una luce.
Buio sì, il mistero e la magia, di cui parlava il
poeta andaluso, scaturiscono anche dal buio che contrassegna la vera poesia. E
Pier Paolo Pasolini, meglio di altri, ha saputo cogliere questo buio:
Alle
volte è dentro di noi qualcosa
–
che tu sai bene, perché è la poesia –
qualcosa
di buio in cui si fa luminosa la vita: un pianto interno,
una
nostalgia gonfia di asciutte, pure lacrime.
(P. P. Pasolini, Tutte
le poesie, Milano: Mondadori, 2003)
Marineo, novembre 2015 Francesco Virga
P.S. : Pubblico in appendice al mio breve saggio un commento di Marilina Giaquinta che lo integra e arricchisce:
Mi piacciono due cose, tra quelle che hai scritto, intorno alle quali ruota, a mio avviso, il tuo intervento:
1) la poesia non serve a nulla;
2) la poesia è libera.
La prima provocatoria che dimostra come chiedersi a cosa serve la poesia é come chiedersi a cosa serve l'amore. Domanda allo stesso tempo pericolosa che insinua che qualcosa per poter essere coltivata deve necessariamente essere "utile", una concezione mercantilistica che ha portato le case editrici ad eliminare le collane di poesia perché non "redditizie".
La poesia è libera, a cominciare dalla sua forma, non ha regole, non ha un inizio uno sviluppo e una fine come la narrativa, decostruisce i procedimenti logici e li mette al servizio delle emozioni, degli stati d'animo, insomma si ribella, non è "servile", come hai scritto, diventa suono, conferisce alla lingua nuovi significati, ritrae e orchestra, e va dove vuole. La poesia rivoluziona ogni canone, sperimenta e com-muove. E parafrasando il pensiero di un filosofo che credo fosse Descartes "il pensiero è in noi come l'amore", dico che "la poesia è in noi come l'amore": non serve a niente ma non possiamo vivere senza.
Fra tutti i commenti che mi sono pervenuti finora, da parte degli amici che hanno letto in anteprima le mie quattro righe, quello che mi è piaciuto di più è quello scritto da Ezio Spataro: "Condivido pienamente questa visione, come ti ho già espresso privatamente.Tu non sei come quei critici che vogliono mettere paletti su cosa è poesia e cosa non lo è. Rispetti invece la libertà della poesia, perchè la ami. Non sei come quelle madri che amano a tal punto i propri figli al punto di decidere del loro futuro. Tu ami la poesia qualunque strada prenda."
RispondiEliminaper me poesia è luce dell'anima è pianto lamento...le parole non dette,i pensieri nascosti,è mente cuore e anima..
RispondiEliminaLaura La Sala
Marisa Sapienza: La penso come Gombrowitz ...perciò apprezzo la sobrietà e l'ironia di Wislawa
Sono contento di avere dato il mio contributo al successo dell'iniziativa promossa dall'amico Carlo Greco dell'Associazione SETA. E' stata davvero una bella serata. Tutti bravi i poeti che hanno partecipato. Bravissimi i ragazzi che hanno suonato e cantato. Non si è trattato di uno dei soliti CONCORSI o PREMI letterari. Non c'era una Giuria designata a stabilire, più o meno arbitrariamente, il valore delle poesie; si è trattato solo di una festa della poesia a cui hanno partecipato un gruppo di poeti, più o meno noti, spinti soltanto dal loro amore per la poesia.
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