L'apertura ai
cattolici rappresentò uno dei pilastri della politica di Togliatti e
dei suoi successori. Una ricerca di legittimità e di consenso a
spese della laicità dello Stato che ancora continuiamo a pagare. E'
la tesi dell'ultimo libro di Massimo Teodori.
Piero Craveri
Il rapporto (anomalo) Dc-Pci
Il libro di Massimo Teodori, Il vizietto cattocomunista, si volge a indagare l’azione culturale e politica del Partito comunista nei riguardi dei laici e dei cattolici, a partire da Palmiro Togliatti, che fu artefice di una strategia che i suoi successori ereditarono ma non riuscirono poi a portare a termine.
La polemica con la
cultura liberale e democratica fu attuata in modo ferocemente
denigratorio, come mostrano i corsivi che lo stesso Togliatti
scriveva su «Rinascita». A riguardo va detto che per l’affermazione
dell’“egemonia” comunista, il rovesciamento del fascismo non
era presupposto sufficiente, bisognava radicalmente sostituire i
fondamenti ideologici e culturali dello Stato nazionale, così come
si era costituito nell’800. E la pubblicazione dei «Quaderni» di
Gramsci fu la pietra miliare a cui Togliatti fece riferimento.
Il limite delle
riflessioni di Gramsci stava proprio nell’obiettivo del superamento
dell’idealismo gentiliano e crociano. Uno storicismo comunista, da
cui Togliatti avrebbe derivato la prospettiva, solo in parte
eterodossa, della «via nazionale al comunismo». Ma mancava a
quell’analisi storica una valutazione di quanto di nuovo, sia a
livello teorico sia fattuale, era maturato nell’economia di mercato
dopo la crisi del ’29. Fu l’abbaglio anche dello stalinismo che
puntava, a non lunga scadenza, su un’inevitabile nuova crisi del
capitalismo a cui, per un lungo tratto, anche il Pci rimase
soggiogato, malgrado si aprisse allora un’epoca senza precedenti di
sviluppo economico e sociale.
Anche per questo la polemica togliattiana si mostra, nelle pagine di Teodori, in tutto il suo rudimentale cinismo. La cultura laica era poi un riferimento sicuro contro ogni inclinazione totalitaria per lo stesso De Gasperi che si preoccupava delle diverse suggestioni che vedeva maturare proprio nel partito cattolico. La vicenda di Dossetti ne è un esempio, perché la “renovatio” cattolica che postulava quella politica, non quella interiore della coscienza religiosa, aveva a che fare con il principio di eguaglianza, generando sintonie confuse e profonde, che in seguito presero inclinazioni più tattiche, se si pensa che le coltivò anche Andreotti.
E Togliatti ebbe una
percezione chiara di ciò, puntando fin dall’inizio a un rapporto
sempre più intrinseco con i cattolici. Tra il ’45 e il ’47
Togliatti sostenne la presidenza del Consiglio di De Gasperi, la
liquidazione dei Cln, l’amnistia ai fascisti, trovò profonde
sintonie con i cattolici alla Costituente e infine votò il
Concordato.
Dopo questo avvio, anche
a seguito della rottura del 1947, il rapporto con la Democrazia
cristiana rimase uno dei principali obiettivi della strategia
comunista ed ebbe riscontri diversi nel mondo cattolico. Anche qui la
disamina di Teodori è puntuale, investendo naturalmente Berlinguer e
la sua idea del «compromesso storico», che invero non fu per i
maggiori sostenitori della collaborazione con i comunisti, come Moro
e La Malfa, un approdo definitivo della democrazia italiana.
L’idea risente
dell’influenza che su Berlinguer ebbe la vecchia diaspora dei
comunisti cattolici, di cui Rodano era il mentore. Negli ultimi
scritti di Rodano traluce che il modello a cui si ispirava era la
Polonia, proprio mentre questa, con le sue lotte operaie, volgeva
verso la democrazia. Era comunque una prospettiva politica che nulla
aveva a che fare con i problemi italiani in quella fase ulteriore del
capitalismo internazionale.
Teodori estende la sua analisi anche agli anni della seconda Repubblica, quando si ebbe una rottura di continuità del tradizionale rapporto tra comunisti e cattolici e, per questi ultimi, ciò che li condusse alla fusione nel Pd fu la necessità di sopravvivere politicamente piuttosto che quella di preservare la propria identità. Tuttavia, giustamente l’autore mette in luce l’influenza che ebbe la Conferenza episcopale, guidata dal cardinale Ruini, nella condizione di bassa legittimazione di tutte le forze politiche, e che riguardò ambedue gli schieramenti, assai negativa dal punto di vista della laicità nella politica italiana. Ma c’è da chiedersi se, riducendosi a potente lobby, la Chiesa cattolica se ne sia giovata. Nelle ultime pagine, dedicate a Renzi, i fondamenti di questa storia sembrano davvero ormai lontani.
Il Sole 24Ore – 1
novembre 2015
Massimo Teodori
Il vizietto
cattocomunista. La vera anomalia italiana
Marsilio, 2015
€ 14,00
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