“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.” Antonio Gramsci
05 agosto 2016
D. PASSANTINO, Tra lingua e dialetto
Pubblico con piacere un breve pezzo di un giovane filologo che ho avuto il piacere di conoscere durante la breve stagione della rivista NUOVA BUSAMBRA :
L’edonismo della lingua italiana
Domenico Passantino
Approdare, dopo anni e anni di studi, alla consapevolezza che la
lingua italiana è una lingua di acculturazione prima letteraria e poi
mediatico-consumistica mi lascia sbigottito e deluso. Felice, in un
certo senso, come Davide che ha abbattuto e annientato Golia. Per me,
nato in provincia, nell’entroterra siciliano, cresciuto per strada, anzi
tra le campagne, l’unico idioma spontaneo e istantaneo era il dialetto
siciliano; e faceva un po’ di paura, ricordo, sentire parlare i maestri a
scuola o i medici o alla radio e in televisione le persone che avevano
un titolo di studio. Faceva paura che una “lingua”che doveva essere mia
già per nascita e quindi per diritto naturale fosse in realtà così
lontana e difficile, una montagna che richiedeva grandissimo sforzo per
essere scalata, senza nemmeno la certezza di riuscirci per davvero poi,
perché va bene imparare le epressioni più comuni per esprimersi nella
“lingua” nazionale, ma certi modi di dire, certe cadenze del siciliano
“tradotte”in italiano facevano proprio ridere. Eppure se a scuola
scappava una parola in dialetto venivi rimproverato ed erano i figli dei
borghesi, quelli con le merendine mulino bianco o kinder che un po’
questo benedetto italiano lo masticavano. Il resto dei bambini, che
potrei definire figli di proletari o sottoproletari, sentiva come una
vergogna e come una zavorra al proprio status sociale, nonché al
riscatto sociale (che in verità è una continua tensione nel disperato
tentativo di imitare i valori, i comportamenti e gli atteggiamenti
borghesi, di fatto quelli del consumatore-edonista contento di essere
tale) quel dialetto natìo, considerato come espressione rozza di una
villanità esecrabile. L’acculturazione forzata del dialetto da parte
dell’italiano ha avuto come mezzo e tramite proprio la tecnologia e lo
sviluppo tecnologico: esso è stato in grado di fare parlare una lingua
sola agli italiani. L’acculturazione dell’italiano ad opera dell’inglese
e dell’americanismo. L’elisir dell’eterna giovinezza sembra essere
stato trovato nei cibi conservati con i conservanti che conservano
giovane e snello il corpo, come fosse anch’esso stesso, il corpo, un
qualcosa da esporre in vetrina, da comprare, da pubblicizzare. Leggo in
certi scritti di Pasolini una lucidità e una intelligenza piena della
società contemporanea che è a dir poco entusiasmante.
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