30 agosto 2016

Sex & the Vatican

Sembrano esistere due sole possibilità: verginità o matrimonio. Il preservativo non impedisce le malattie e toccarsi è peccato mortale. Online il nuovo manuale sulla sessualità giovanile ad opera del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Ci sarebbe da aver paura, ma per fortuna, nonostante il Papa Star, nessuno li prende più sul serio (almeno in questo campo).

Daniela Ranieri

Il manuale sessuale di mons. Paglia Sex & the Vatican, Inquisizione 2.0

È finalmente online il manuale Il luogo dell’incontro, il “progetto di educazione affettivo sessuale” a cura del Pontificio Consiglio per la Famiglia guidato da monsignor Vincenzo Paglia.
Presentato all’ultima Giornata della gioventù, il documento per educatori e ragazzi si articola in unità che vanno da titoli impegnativi quali “Le domande più importanti sul senso della vita e del proprio essere” ad altri più croccanti, come “A chi voglio aprire la cerniera della mia tenda?”.

Cliccandoci sopra si aprono slide coloratissime tipo Leopolda, solo che qui invece dei gufi e dei “conti di Pier Carlo” si sviluppa tutto uno storytelling catechesimale-rassicurante, una cornucopia di esortazioni, disegnini, consigli, canzoni e film con cui s’intende offrire ai giovani le linee per una corretta educazione sessuale; e chi, se non il Vaticano, così sempre dedito al progresso e allo sviluppo umano, può fornirne.

L’ATMOSFERA parte spigliata: Problema: “Il mio amore è limitato”. Soluzione: “Quando ci finisce il credito del cellulare perché lo abbiamo usato tanto, che facciamo? Lo buttiamo nella spazzatura o lo ricarichiamo?”, il che conferma che all’antica ossessione della Chiesa per il sesso s’è aggiunta in era bergogliana quella per i cellulari e il loro funzionamento (“Una vita senza Gesù è come un cellulare senza campo”; “La felicità non è un’app del telefonino”, aprile 2016).

Sbrigata con un uno-due micidiale la spiacevole pratica gender (“Uomo e donna li creò”, Gen 1,27), e liquidata la pratica del “Rimorchiare” comune a molti contemporanei (tra cui l’abate di Montecassino, habituée della app gay-radar Grindr) come “cosificazione dell’altro”, si passa ai classici. Come per l’antico Santo Uffizio, per la Santa Inquisizione 2.0 esistono solo “Due modi di donarsi: la verginità e il matrimonio”.



Ora, sia chiaro: a noi piace di più fare le cose sessuali quando il Vaticano ce le vieta, ma non aveva detto il Papa in persona, a giugno, che “ai matrimoni superficiali è preferibile la convivenza”? Che è meglio prepararsi insieme a un matrimonio responsabile che contrarre “matrimonios de apuro”, “di fretta”, riparatori, mondani? Evidentemente tra loro, il Papa e Monsignor Paglia, non si parlano (e del resto il Papa ha disposto che il Consiglio venga squagliato dentro un nuovo Dicastero che comprende anche laici).

Quindi per la vecchia guardia pre o anti-bergogliana il problema, come mille anni fa, sono gli organi sessuali utilizzati fuori dal matrimonio. È l’antico orrore della Chiesa per il sesso non procreativo, temuto più del furto e dell’omicidio. Ma tranquilli: “L’assenza di genitalità nel fidanzamento non implica un silenzio della sessualità”. Tra le opere che gli educatori mostreranno all’uopo, il film Hakito, il mio migliore amico, storia dell’amicizia tra un bambino e Hachi, il cane di suo nonno.

Cerchiamo “preservativo”: “(Si dice che, ndr) è necessario perché riduce il contagio dalle malattie sessualmente trasmissibili”. Invece? “Le statistiche dimostrano il contrario”. E l’aborto? “(Si dice che, ndr) ciò che importa è la libertà della donna e non si uccide una persona perché il feto non lo è”. Invece? “La scienza ci dice che l’essere umano è tale sin dal momento del concepimento”. Vabbè.



POI È TUTTO repertorio: “IL PECCATO”. Sottotitolo: “Autoerotismo/masturbazione” (per la Chiesa sono due cose distinte). La masturbazione, che tutto sommato sembrava una buona alternativa alla castità, è peccato: “La finalizzazione dell’impulso sessuale non incanala la persona ad uscire da se stessa per dirigersi verso un’altra bensì a simulare la causa neurofisiologica che produce lo scarico di tensione con uno stimolo genitale”. Se i preti ci avessero terrorizzato con questa frase invece che con “quante volte?” avremmo smesso subito.

Sarebbe questa l’educazione sessuale “in un’epoca in cui si tende a banalizzare e impoverire la sessualità”, “nel quadro di una educazione all’amore e alla reciproca donazione”, come aveva disposto Papa Francesco in Amoris Laetitia? A questo punto si tenessero le slide e ci ridessero il Diavolo che esce dal camino, almeno si ride.



Il Fatto Quotidiano Se– 26 agosto 2016

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