In questo blog abbiamo più volte ricordato la tragedia di Marcinelle. Stasera riprendiamo la recensione di un libro recente che ne ricostruisce la storia. fv
Toni
Ricciardi
MARCINELLE
1956
Quando
la vita valeva meno del carbone
pp.
164, 24,00 €
Donzelli
editore, Roma 2016
Marcinelle
è adesso un sobborgo di Charleroi. Una volta era un comune autonomo
e lo era ancora al tempo della catastrofe mineraria: 262 morti, 136
italiani, 95 belgi e 31 appartenenti a 11 altre nazionalità. La
catastrofe si delineò l'8 agosto 1956 e solo quindici giorni dopo,
si ebbe la certezza che gli uomini rimasti intrappolati nella miniera
erano tutti morti. Nel 2001 la Repubblica italiana istituì la
Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo e ne
fissò la ricorrenza all'8 agosto, il giorno di Marcinelle appunto.
Le
miniere erano già condannate al declino quando il governo belga
lanciò nel febbraio 1945 la battaglia del carbone. Non attiravano
più la manodopera locale. Da qui la firma nel giugno 1946 di un
accordo con l'Italia: si offriva una fornitura regolare di carbone a
pagamento in cambio di lavoratori da collocare nelle miniere belghe.
Partirono in 250mila tra il 1948 e il 1956, 80mila tornarono
indietro, e il carbone promesso non fu sempre consegnato.
La
vicenda ha aspetti epici e tragici insieme, ampiamente messi in luce
dalla ormai vasta letteratura sull'argomento. L'autore qui sembra
preferire una visione tragica, cupa, l'unico esito positivo è dato
dalla rivalutazione postuma del sacrificio. Il libro contiene un
lungo atto d'accusa contro la politica delle classi dirigenti
italiane. Si parte da lontano, dall'imperialismo del tardo Ottocento
per arrivare al patto del 1937 con la Germania nazista sullo scambio
tra uomini e carbone. Il ministro Carlo Sforza promuovendo nel 1946
l'accordo italo belga di fatto si adegua a un modello già fissato
dal regime. Del resto il fascismo non aveva avuto una politica
migratoria diversa da quella dello Stato liberale. Il libro sfrutta i
materiali offerti dagli archivi italiani diventati accessibili
cinquant'anni dopo il periodo della grande migrazione verso il
Belgio. Nella narrazione il linguaggio spesso burocratico delle carte
si intreccia con estratti dalla memorialistica. Un capitolo scritto
da Annacarla Valeriano è dedicato alla stampa dell'epoca e ai
ricordi dei protagonisti. Strano a dirsi nel libro la catastrofe vera
e propria occupa poco spazio. Non c'è un resoconto esatto degli
avvenimenti, né una chiara individuazione di responsabilità. Si
insiste sull'errore umano di singoli addetti, mentre non si chiarisce
bene il ruolo svolto dalle gravi carenze nei dispositivi di
sicurezza. Alla fine i soli responsabili sembrano essere i politici
italiani che hanno consegnato allo straniero la vita e il destino di
tanti loro concittadini. Tutto per qualche sacco di carbone. Un'altra
lettura è ugualmente possibile e trova un certo spazio qua e là
lungo le pagine. A Marcinelle è morta la speranza di una
emancipazione attraverso un passaggio temporaneo all'inferno. Gli
immigrati cercavano una vita migliore per le loro famiglie e per i
loro figli. La miniera non era certo il loro orizzonte anche se
rischiava di diventarlo. La suggestione non è la storia, ma di essa
la storia si nutre. Un'altra Marcinelle segreta viene allora alla
luce. Non quella nascosta tra le carte degli archivi. Quella che ha
riempito la testa e il cuore dei sopravvissuti nei decenni a venire.
Prendete Maria Di Stefano, per esempio: il marito morto le è rimasto
accanto, le è apparso più volte in sogno e le ha parlato.
Giovanni
Carpinelli in http://machiave.blogspot.it/2016/08/marcinelle-dietro-le-quinte.html
di
prossima pubblicazione sull'Indice
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