ANUSIM (Marrani): UN SILENZIO LUNGO 500 ANNI
di Florenzo Doino
In Italia per oltre cinquecento anni
una coltre di menzogne e di ostinati silenzi ha occultato la storia degli
anusim, spregiativamente chiamati marrani o conversos, ovvero i costretti con
la violenza a diventare cristiani.
Erano Giudei che in gran numero popolavano la Spagna l’ Italia meridionale, approdati sulle coste della Sicilia, della Calabria e tra i monti della nostra Lucania, in alcuni casi prima della comparsa dei cristiani.
In Basilicata Venosa, Melfi, Grumento, Viggiano e la Val d Agri furono centri rilevanti della presenza ebraica, testimoniata dal rinvenimento di catacombe e iscrizioni, dagli studi di Cesare Colafemmina, di Valeria Verrastro e di Francesco Pizzo, dalla toponomastica (Monte Enoc, Monte Giudeo, Fontana Genova…)e dalle tradizioni verosimilmente giudaiche (l’ arpa,la panificazione il venerdì). I sassi di Matera pure annoverano un quartiere ebraico. Gli archivi di stato e notarili pullulano di notizie e di atti riguardanti i giudei.
Nel 1492 re Ferdinando e Isabella di Castiglia decretarono l’espulsione dal regno di Spagna degli israeliti, costretti perciò ad abbondanare terre, case e ogni avere pena la morte.
In molti dalla Spagna, dalla Sicilia e , successivamente (1541) dalla Calabria e dalla Puglia si diressero verso la Turchia, la Grecia, il Nord Africa e il Medio Oriente.
Anche la Basilicata andarono via.”Nel 1510 Sarconi era tassato per 114 fuochi, compresi due fuochi di giudei. Questi che rispondevano ai nomi di Caym Forim e Iacob, lasciarono la località in forza dell espulsione decretata da Ferdinando il cattolico e, su richiesta dell università locale, il 26 settembre 1511 la Camera della Sommaria ordinò al precettore provinciale di toglierli dai registri fiscali” (C. Colafemmina).
Gli ebrei rappresentavano la parte più colta, progredita e laboriosa delle comunità meridionali, oggi si direbbe un valore aggiunto, la cui esistenza ruotava intorno alle giudecche, tanto numerose da far stimare che il 10 % della popolazione calabrese fosse di fede israelita.
Erano competenti nell’arte medica, abili commercianti, gran produttori di seta ed esperti tintori e tipografi. Prestavano anche danaro a interessi inferiori a quelli dei prestatori cristiani.
La loro cacciata arreco’ danni notevoli alle comunità meridionali, segnandone il decadimento socio-economico protrattosi poi per secoli.
Gran parte di loro non riuscì a fuggire. Fu costretta alla conversione al cristianesimo (di qui in ebraico il termine anusim). Sebbene battezzati mantennero per secoli fede, riti e precetti della religione avita rischiando i roghi di Torquemada. Commovente è la storia dei minatori siciliani di Riesi che in Belgio, negli anni sessanta del secolo scorso, si dichiararono ebrei. Raccontarono che per cinquecento anni, segretamente, di generazione in generazione, avevano praticato la circoncisione ed erano convolati a nozze solo tra di loro. In Spagna, gli anusim, venivano identificati durante lo shabbat (il sabato) perché d inverno i camini non fumavano. In Calabria, a Serrastretta in particolare, gli anusim hanno conservato fino ai nostri giorni il rituale ebraico del lutto che consiste nel coprire gli specchi, offrire uova, e sedere su sgabelli.
In questo piccolo paese, distretto della sedia artigianale, da dieci anni è in atto una rinascita dell’ ebraismo, sempre più persone “ritornano” alla religione dei padri grazie all’ intensa attività della rabbina progressista e riformata italo-americana Barbara Aiello che vi ha costruito una sinagoga: “luce eterna del sud” e che gode della simpatia di tutta la comunità.
È probabile che anche la Basilicata abbia storie simili che vanno solo disseppellite. Lo studio della toponomastica, della onomastica, dei soprannomi e soprattutto di tanti riti (nozze, lutti, feste, ect) potrebbe contribuire a scrivere nuove pagine di storia. Allora, forse, scopriremo quanto grande sia stato il contributo giudaico alla vita e alla sopravvivenza di ognuno dei 131 comuni della Lucania. Occorrerà prima o poi rendere grazie a loro onorandone la memoria.
Un amico al quale ho parlato degli anusim ci ha tenuto a sottolineare quanto poco interessi al popolo una storia del genere. Io la penso diversamente.
Il 27 gennaio è giornata della shoah, si celebra la memoria di sei milioni di uomini, donne, vecchi e bambini di religione ebraica e quella di cinque milioni di rom, sinti, comunisti, omosessuali, testimoni di Geova, disabili annientati, tra atroci sofferenze, nei lager nazisti disseminati per la civilissima Europa.
Questa ricorrenza, come ogni altra, dovrebbe stimolare l’ approfondimento, con studi e ricerche rigorose, delle nostre conoscenze storiche perché sono il nutrimento sociale dei popoli oppressi e degli sfruttati. Ma la storia, quando è scritta e divulgata dalle classi dominanti, omette la diffusione di fatti rilevanti sepolti dall’ indifferenza e soprattutto dall’ opportunismo istituzionale.
L’umanità non dovrebbe stancarsi mai di interrogarsi sul perché di tanto orrore e abominio, dovremmo tutti imparare a riconoscere anche oggi come la miscela putrida di fanatismi e interessi economici, di razzismo e luoghi comuni sia un fertile humus per nuovi nefasti eventi altrettanto disumani.
Promettere solennemente “il mai più” significa lavorare alacremente alla realizzazione di un mondo più giusto, dove fattivamente l’uguaglianza, la fraternità, la giustizia, siano strettamente correlare all estinzione della miseria delle moltitudini e all’ abolizione della ricchezza di pochi a danno del lavoro di tanti.
Florenzo Doino
Erano Giudei che in gran numero popolavano la Spagna l’ Italia meridionale, approdati sulle coste della Sicilia, della Calabria e tra i monti della nostra Lucania, in alcuni casi prima della comparsa dei cristiani.
In Basilicata Venosa, Melfi, Grumento, Viggiano e la Val d Agri furono centri rilevanti della presenza ebraica, testimoniata dal rinvenimento di catacombe e iscrizioni, dagli studi di Cesare Colafemmina, di Valeria Verrastro e di Francesco Pizzo, dalla toponomastica (Monte Enoc, Monte Giudeo, Fontana Genova…)e dalle tradizioni verosimilmente giudaiche (l’ arpa,la panificazione il venerdì). I sassi di Matera pure annoverano un quartiere ebraico. Gli archivi di stato e notarili pullulano di notizie e di atti riguardanti i giudei.
Nel 1492 re Ferdinando e Isabella di Castiglia decretarono l’espulsione dal regno di Spagna degli israeliti, costretti perciò ad abbondanare terre, case e ogni avere pena la morte.
In molti dalla Spagna, dalla Sicilia e , successivamente (1541) dalla Calabria e dalla Puglia si diressero verso la Turchia, la Grecia, il Nord Africa e il Medio Oriente.
Anche la Basilicata andarono via.”Nel 1510 Sarconi era tassato per 114 fuochi, compresi due fuochi di giudei. Questi che rispondevano ai nomi di Caym Forim e Iacob, lasciarono la località in forza dell espulsione decretata da Ferdinando il cattolico e, su richiesta dell università locale, il 26 settembre 1511 la Camera della Sommaria ordinò al precettore provinciale di toglierli dai registri fiscali” (C. Colafemmina).
Gli ebrei rappresentavano la parte più colta, progredita e laboriosa delle comunità meridionali, oggi si direbbe un valore aggiunto, la cui esistenza ruotava intorno alle giudecche, tanto numerose da far stimare che il 10 % della popolazione calabrese fosse di fede israelita.
Erano competenti nell’arte medica, abili commercianti, gran produttori di seta ed esperti tintori e tipografi. Prestavano anche danaro a interessi inferiori a quelli dei prestatori cristiani.
La loro cacciata arreco’ danni notevoli alle comunità meridionali, segnandone il decadimento socio-economico protrattosi poi per secoli.
Gran parte di loro non riuscì a fuggire. Fu costretta alla conversione al cristianesimo (di qui in ebraico il termine anusim). Sebbene battezzati mantennero per secoli fede, riti e precetti della religione avita rischiando i roghi di Torquemada. Commovente è la storia dei minatori siciliani di Riesi che in Belgio, negli anni sessanta del secolo scorso, si dichiararono ebrei. Raccontarono che per cinquecento anni, segretamente, di generazione in generazione, avevano praticato la circoncisione ed erano convolati a nozze solo tra di loro. In Spagna, gli anusim, venivano identificati durante lo shabbat (il sabato) perché d inverno i camini non fumavano. In Calabria, a Serrastretta in particolare, gli anusim hanno conservato fino ai nostri giorni il rituale ebraico del lutto che consiste nel coprire gli specchi, offrire uova, e sedere su sgabelli.
In questo piccolo paese, distretto della sedia artigianale, da dieci anni è in atto una rinascita dell’ ebraismo, sempre più persone “ritornano” alla religione dei padri grazie all’ intensa attività della rabbina progressista e riformata italo-americana Barbara Aiello che vi ha costruito una sinagoga: “luce eterna del sud” e che gode della simpatia di tutta la comunità.
È probabile che anche la Basilicata abbia storie simili che vanno solo disseppellite. Lo studio della toponomastica, della onomastica, dei soprannomi e soprattutto di tanti riti (nozze, lutti, feste, ect) potrebbe contribuire a scrivere nuove pagine di storia. Allora, forse, scopriremo quanto grande sia stato il contributo giudaico alla vita e alla sopravvivenza di ognuno dei 131 comuni della Lucania. Occorrerà prima o poi rendere grazie a loro onorandone la memoria.
Un amico al quale ho parlato degli anusim ci ha tenuto a sottolineare quanto poco interessi al popolo una storia del genere. Io la penso diversamente.
Il 27 gennaio è giornata della shoah, si celebra la memoria di sei milioni di uomini, donne, vecchi e bambini di religione ebraica e quella di cinque milioni di rom, sinti, comunisti, omosessuali, testimoni di Geova, disabili annientati, tra atroci sofferenze, nei lager nazisti disseminati per la civilissima Europa.
Questa ricorrenza, come ogni altra, dovrebbe stimolare l’ approfondimento, con studi e ricerche rigorose, delle nostre conoscenze storiche perché sono il nutrimento sociale dei popoli oppressi e degli sfruttati. Ma la storia, quando è scritta e divulgata dalle classi dominanti, omette la diffusione di fatti rilevanti sepolti dall’ indifferenza e soprattutto dall’ opportunismo istituzionale.
L’umanità non dovrebbe stancarsi mai di interrogarsi sul perché di tanto orrore e abominio, dovremmo tutti imparare a riconoscere anche oggi come la miscela putrida di fanatismi e interessi economici, di razzismo e luoghi comuni sia un fertile humus per nuovi nefasti eventi altrettanto disumani.
Promettere solennemente “il mai più” significa lavorare alacremente alla realizzazione di un mondo più giusto, dove fattivamente l’uguaglianza, la fraternità, la giustizia, siano strettamente correlare all estinzione della miseria delle moltitudini e all’ abolizione della ricchezza di pochi a danno del lavoro di tanti.
Florenzo Doino
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