01 maggio 2018

L' EREDITA' DI ANTONIO GRAMSCI


E' trascorso un secolo dal 1° maggio 1918, quando il giovane socialista Antonio Gramsci scrisse l'editoriale seguente per l'edizione torinese de L'Avanti! Eppure, malgrado la fine miserabile che hanno fatto i partiti in cui ha militato il grande sardo, le sue idee mi sembrano ancora vive ed attuali e, prima o poi, qualcuno dovrà riprenderle in mano. (fv)

LA TUA EREDITA'


La società contemporanea: una fiera rumorosa, di uomini in delirio; nel centro della fiera una giostra che rotea turbinosamente, fulmineamente. Ognuno dei presenti vuol saltare in groppa a un lucente e ben bardato cavallino, a una sirena dai languidi occhi; vuole adagiarsi nei morbidi cuscini di una carrozzella. È un precipitarsi disordinato e caotico della folla in tumulto, è un osceno acrobatismo di arti scimmiesche. Diecimila cadono riversi, dopo essersi fiaccate le membra, uno per diecimila passa, si aderge su questi corpi innumeri, spicca il salto giusto, e trasvola nel turbine infernale.
Tu vuoi partecipare alla gara. Hai probabilità, anche tu, di fortuna. Arrivare significa diventar ricco, essere signore della vita, conquistare la propria libertà.
Ecco: la libertà. Fermiamoci. La ricchezza non è un fine, certamente; se diventa fine si chiama avidità (avarizia). È mezzo per un fine: la libertà. Un soldo che possiedi, è un soldo di libertà a tua disposizione, è un soldo di libera scelta. La proprietà è la garanzia che questa libertà sarà continua. La proprietà di una parte di ricchezza (strumento di lavoro) è possibilità di ampliare ancora il dominio della personale libertà. Il diritto di eredità è la garanzia che la tua personale libertà sarà anche della tua prole, dei tuoi cari. Poiché il tuo fine non è un circoscritto fatto materiale, poiché tu non sei un avido di benessere meccanico, ma di libertà, consegue che il tuo fine non è individuale: è un’immortalità. Senti che i tuoi figli ti continueranno, come tu continui i tuoi padri, e vuoi garantita la libertà del tuo spirito immortale. Questa immortalità è ammessa dai laici, dai filosofi: essa appunto è dai filosofi chiamata Spirito, e viene fatta coincidere con la Storia, perché tutto umano, perché non ha nulla da spartire con lo spirito (anima) trascendente, ultraterreno, delle religioni. È pura attività: tu sei attivo, lavori, partecipi dell’immortalità del lavoro, ma vuoi vedere esteriormente questa perennità del tuo io: la cerchi nei tuoi discendenti, nelle garanzie di libertà che loro assicuri.
Tutti gli uomini hanno questa aspirazione, tutti gli uomini vogliono diventare proprietari di libertà, di libertà garantita, di libertà trasmissibile. Se essa è il sommo bene, è naturale si cerchi di farne partecipi i propri cari, è naturale si accetti il sacrifizio per creare questa libertà, anche sicuri di non goderla se stessi, solo per assicurarla ai propri cari. La preoccupazione diventa in taluni casi così pungente da spingere al delitto, alla perversione, al suicidio. Madri si prostituiscono per racimolare un peculio di libertà ai figli; padri si uccidono con l’apparenza della disgrazia perché i figli godano subito l’assicurazione della libertà.
La libertà è solo un privilegio: ecco perché si manifestano queste perversioni. La società è una fiera: la fortuna è una giostra. La maggioranza deve necessariamente fallire nella gara atroce. È dunque essa non-spirito, non partecipa essa della immortalità della storia? Esiste la immortalità senza l’esteriore continuità? Certo no. Esistendo, trasforma il mondo, suscita quindi forme esteriori.
Ebbene, anche tu, che non sei ricco, che non sei capitalista, che non garantisci alla tua immortalità nessuna esteriore continuazione di libertà, erediti e lasci un retaggio. Non saresti uomo, altrimenti, non saresti spirito, non saresti Storia. Bisogna che di questa verità tu abbia consapevolezza, che questa consapevolezza tu approfondisca in te e diffonda negli altri. Essa è la tua forza, è la chiave del tuo destino e del destino dei tuoi cari.
La proprietà è il rapporto giuridico esistente tra un cittadino e un bene. Essa è dunque un valore sociale, puramente contingente; è garantita da tutti, che la garantiscono solo in quanto sperano, ognuno singolarmente, giungere a goderla. I pochi sono liberi, nel possesso dei beni, e trasmettono questa libertà ad altri pochi, perché i molti sperano, hanno la velleità di essere liberi, non ne hanno la volontà. La volontà è adeguazione dei mezzi al fine, quindi è specialmente ricerca di mezzi congrui.
Il privilegio della libertà sussiste perché la società è una fiera, perché è un disordine perenne. La speranza che tu hai di saltare immediatamente in groppa a un cavallino della giostra, ti fa elemento del disordine, della perenne fiera: tu sei una rotellina della macchina infernale che fa roteare la giostra: se, nella gara, fallisci, tu sei causa del tuo fallire, se ti fiacchi le ossa, tu sei un suicida.
Da elemento di disordine devi diventare elemento d’ordine. All’essere immediatamente (vaga speranza, probabilità minima), devi preferire la certezza, anche se non immediata, la certezza per i tuoi figli.
Il fine rimane immutato, i mezzi per raggiungerlo sono i soli mezzi congrui a tua disposizione: l’associazione, l’organizzazione.
Se la proprietà è solo un valore sociale, il solo fatto che esiste un organismo-forza proponentesi di renderla bene comune, garanzia di libertà per tutti, la trasforma, la rende aleatoria in quanto privilegio, cioè la diminuisce ora in pro della collettività, ne fa compartecipe già ora la collettività.
Questa diminuzione, questa compartecipazione potenziale è una eredità che tu trasmetti. Certo è più evidente, più palpabile l’eredità dei capitalisti; ma se rifletti anche la tua non è trascurabile cosa.
Anche tu hai un retaggio: i tuoi ascendenti, che hanno fatto la rivoluzione contro il feudalismo, ti hanno lasciato in eredità il diritto alla vita (tu non puoi essere ucciso arbitrariamente: ti par piccola cosa?), la libertà individuale (per incarcerarti devi essere giudicato colpevole d’un crimine), il diritto di muoverti per lavorare in una terra piuttosto che in un’altra, a tua scelta, secondo la tua utilità. Godi una eredità più recente: la libertà di scioperare, la libertà di associarti con altri per discutere i tuoi interessi immediati e per proporti, in comunione con altri, il fine maggiore della tua vita: la libertà per te, o almeno per i tuoi discendenti.
Ti paiono piccole eredità queste? Esse hanno notevolmente diminuito il privilegio dei pochi. Perché non ti proponi di ampliarle e diminuire ancora, conseguentemente, il privilegio? Queste eredità sono il frutto del lavoro di molti, non del solo padre tuo, del solo tuo nonno o bisnonno. Sono frutto inconsapevole, perciò piccolo. Diventa tu consapevole, diffondi la tua consapevolezza: quale eredità superiore a quelle del passato non trasmetterai tu all’avvenire? Quale più concreta sicurezza di libertà per i tuoi figli, per l’immortalità del tuo spirito? Invece di una proprietà individuale, preoccupati di lasciare maggiore possibilità per l’avvento della proprietà collettiva, della libertà per tutti, perché tutti uguali dinanzi al lavoro, allo strumento di lavoro.
Questa tua eredità ha anch’essa una forma esteriore: l’associazione. Quanto più forte è l’associazione, tanto più vicina è l’ora di riscuotere allo sportello della Storia. Chi riscuoterà? Tu stesso, forse, per la tua quota. Lavora come se il fine fosse immediato, ma non trascurare perciò di suscitare mezzi più potenti, nel caso non fosse immediato: sacrificati, perché tu pensi ai tuoi figli, ai tuoi cari.
Rafforza le associazioni che hanno questo fine: liberare la collettività, dando a lei la proprietà della ricchezza. L’associazione economica ti garantisce la riscossione quotidiana dei benefizi che frutta l’eredità lasciatati dai tuoi padri nullatenenti: rafforzala con la tua adesione, aumenterai cosi l’eredità dei tuoi figli.
L’associazione politica, il Partito socialista, è l’organo di educazione, di elevazione; per esso tu sentirai la collettività, ti spoglierai dei tuoi egoismi personali, imparerai a lavorare disinteressatamente per l’avvenire che è di tutti, quindi anche tuo e dei tuoi. Per esso metterai il tuo sacrifizio e il tuo lavoro con quello degli altri, moltiplicandone il valore per il valore del comune sacrifizio.
L’Associazione di cultura ti renderà più degno del tuo compito sociale, ti educherà a pensar bene, migliorerà il tuo spirito: per essa parteciperai al patrimonio di pensiero, di esperienze spirituali, di intelligenza, di bellezza del passato e del presente.
Diffondi questa piccola verità: nella società attuale, che è fiera, che è giostra, tutti singolarmente possono diventar ricchi (liberi), ma, necessariamente, solo pochi lo diventano; la ricerca della proprietà, dell’eredità individuale ha uno riuscito per diecimila falliti. I diecimila non falliranno invece nella ricerca dell’eredità sociale; che si associno, che da elemento di disordine diventino elemento d’ordine, e avranno avvicinato di diecimila probabilità il raggiungimento del fine stesso.
Intanto tu fa’ il tuo dovere: da’ la tua parte di attività, di spiritualità al comune patrimonio sociale attuale: lavora perché sia trasmesso, migliorato e ampliato, ai tuoi discendenti: cura la tua eredità, cura l’eredità che sola sei certo di poter lasciare.

« Avanti! », ediz. piemontese, 1° maggio 1918, XXII, n. 120, in Scritti giovanili, Einaudi, 1958, pp. 214-217.

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