E' trascorso un secolo dal 1° maggio 1918, quando il giovane socialista Antonio Gramsci scrisse l'editoriale seguente per l'edizione torinese de L'Avanti! Eppure, malgrado la fine miserabile che hanno fatto i partiti in cui ha militato il grande sardo, le sue idee mi sembrano ancora vive ed attuali e, prima o poi, qualcuno dovrà riprenderle in mano. (fv)
LA TUA EREDITA'
La società contemporanea: una fiera
rumorosa, di uomini in delirio; nel centro della fiera una giostra che rotea
turbinosamente, fulmineamente. Ognuno dei presenti vuol saltare in groppa a un
lucente e ben bardato cavallino, a una sirena dai languidi occhi; vuole
adagiarsi nei morbidi cuscini di una carrozzella. È un precipitarsi disordinato
e caotico della folla in tumulto, è un osceno acrobatismo di arti scimmiesche.
Diecimila cadono riversi, dopo essersi fiaccate le membra, uno per diecimila
passa, si aderge su questi corpi innumeri, spicca il salto giusto, e trasvola
nel turbine infernale.
Tu vuoi partecipare alla gara. Hai
probabilità, anche tu, di fortuna. Arrivare significa diventar ricco, essere
signore della vita, conquistare la propria libertà.
Ecco: la libertà. Fermiamoci. La
ricchezza non è un fine, certamente; se diventa fine si chiama avidità
(avarizia). È mezzo per un fine: la libertà. Un soldo che possiedi, è un soldo
di libertà a tua disposizione, è un soldo di libera scelta. La proprietà è la garanzia
che questa libertà sarà continua. La proprietà di una parte di ricchezza
(strumento di lavoro) è possibilità di ampliare ancora il dominio della
personale libertà. Il diritto di eredità è la garanzia che la tua personale
libertà sarà anche della tua prole, dei tuoi cari. Poiché il tuo fine non è un
circoscritto fatto materiale, poiché tu non sei un avido di benessere
meccanico, ma di libertà, consegue che il tuo fine non è individuale: è
un’immortalità. Senti che i tuoi figli ti continueranno, come tu continui i
tuoi padri, e vuoi garantita la libertà del tuo spirito immortale. Questa
immortalità è ammessa dai laici, dai filosofi: essa appunto è dai filosofi
chiamata Spirito, e viene fatta coincidere con la Storia, perché tutto umano,
perché non ha nulla da spartire con lo spirito (anima) trascendente,
ultraterreno, delle religioni. È pura attività: tu sei attivo, lavori,
partecipi dell’immortalità del lavoro, ma vuoi vedere esteriormente questa
perennità del tuo io: la cerchi nei tuoi discendenti, nelle garanzie di libertà
che loro assicuri.
Tutti gli uomini hanno questa
aspirazione, tutti gli uomini vogliono diventare proprietari di libertà, di
libertà garantita, di libertà trasmissibile. Se essa è il sommo bene, è
naturale si cerchi di farne partecipi i propri cari, è naturale si accetti il
sacrifizio per creare questa libertà, anche sicuri di non goderla se stessi,
solo per assicurarla ai propri cari. La preoccupazione diventa in taluni casi
così pungente da spingere al delitto, alla perversione, al suicidio. Madri si
prostituiscono per racimolare un peculio di libertà ai figli; padri si uccidono
con l’apparenza della disgrazia perché i figli godano subito l’assicurazione
della libertà.
La libertà è solo un privilegio:
ecco perché si manifestano queste perversioni. La società è una fiera: la
fortuna è una giostra. La maggioranza deve necessariamente fallire nella gara
atroce. È dunque essa non-spirito, non partecipa essa della immortalità della
storia? Esiste la immortalità senza l’esteriore continuità? Certo no.
Esistendo, trasforma il mondo, suscita quindi forme esteriori.
Ebbene, anche tu, che non sei ricco,
che non sei capitalista, che non garantisci alla tua immortalità nessuna
esteriore continuazione di libertà, erediti e lasci un retaggio. Non saresti
uomo, altrimenti, non saresti spirito, non saresti Storia. Bisogna che di
questa verità tu abbia consapevolezza, che questa consapevolezza tu
approfondisca in te e diffonda negli altri. Essa è la tua forza, è la chiave
del tuo destino e del destino dei tuoi cari.
La proprietà è il rapporto giuridico
esistente tra un cittadino e un bene. Essa è dunque un valore sociale,
puramente contingente; è garantita da tutti, che la garantiscono solo in quanto
sperano, ognuno singolarmente, giungere a goderla. I pochi sono liberi, nel
possesso dei beni, e trasmettono questa libertà ad altri pochi, perché i molti
sperano, hanno la velleità di essere liberi, non ne hanno la volontà. La
volontà è adeguazione dei mezzi al fine, quindi è specialmente ricerca di mezzi
congrui.
Il privilegio della libertà sussiste
perché la società è una fiera, perché è un disordine perenne. La speranza che
tu hai di saltare immediatamente in groppa a un cavallino della giostra,
ti fa elemento del disordine, della perenne fiera: tu sei una rotellina della
macchina infernale che fa roteare la giostra: se, nella gara, fallisci, tu sei
causa del tuo fallire, se ti fiacchi le ossa, tu sei un suicida.
Da elemento di disordine devi
diventare elemento d’ordine. All’essere immediatamente (vaga speranza,
probabilità minima), devi preferire la certezza, anche se non immediata, la
certezza per i tuoi figli.
Il fine rimane immutato, i mezzi per
raggiungerlo sono i soli mezzi congrui a tua disposizione: l’associazione, l’organizzazione.
Se la proprietà è solo un valore
sociale, il solo fatto che esiste un organismo-forza proponentesi di renderla
bene comune, garanzia di libertà per tutti, la trasforma, la rende aleatoria in
quanto privilegio, cioè la diminuisce ora in pro della collettività, ne fa
compartecipe già ora la collettività.
Questa diminuzione, questa
compartecipazione potenziale è una eredità che tu trasmetti. Certo è più
evidente, più palpabile l’eredità dei capitalisti; ma se rifletti anche la tua
non è trascurabile cosa.
Anche tu hai un retaggio: i tuoi
ascendenti, che hanno fatto la rivoluzione contro il feudalismo, ti hanno
lasciato in eredità il diritto alla vita (tu non puoi essere ucciso
arbitrariamente: ti par piccola cosa?), la libertà individuale (per incarcerarti
devi essere giudicato colpevole d’un crimine), il diritto di muoverti per
lavorare in una terra piuttosto che in un’altra, a tua scelta, secondo la tua
utilità. Godi una eredità più recente: la libertà di scioperare, la libertà di
associarti con altri per discutere i tuoi interessi immediati e per proporti,
in comunione con altri, il fine maggiore della tua vita: la libertà per te, o
almeno per i tuoi discendenti.
Ti paiono piccole eredità queste?
Esse hanno notevolmente diminuito il privilegio dei pochi. Perché non ti
proponi di ampliarle e diminuire ancora, conseguentemente, il privilegio?
Queste eredità sono il frutto del lavoro di molti, non del solo padre tuo, del
solo tuo nonno o bisnonno. Sono frutto inconsapevole, perciò piccolo. Diventa tu
consapevole, diffondi la tua consapevolezza: quale eredità superiore a quelle
del passato non trasmetterai tu all’avvenire? Quale più concreta sicurezza di
libertà per i tuoi figli, per l’immortalità del tuo spirito? Invece di una
proprietà individuale, preoccupati di lasciare maggiore possibilità per
l’avvento della proprietà collettiva, della libertà per tutti, perché tutti
uguali dinanzi al lavoro, allo strumento di lavoro.
Questa tua eredità ha anch’essa una
forma esteriore: l’associazione. Quanto più forte è l’associazione, tanto più
vicina è l’ora di riscuotere allo sportello della Storia. Chi riscuoterà? Tu
stesso, forse, per la tua quota. Lavora come se il fine fosse immediato, ma non
trascurare perciò di suscitare mezzi più potenti, nel caso non fosse immediato:
sacrificati, perché tu pensi ai tuoi figli, ai tuoi cari.
Rafforza le associazioni che hanno
questo fine: liberare la collettività, dando a lei la proprietà della
ricchezza. L’associazione economica ti garantisce la riscossione quotidiana dei
benefizi che frutta l’eredità lasciatati dai tuoi padri nullatenenti:
rafforzala con la tua adesione, aumenterai cosi l’eredità dei tuoi figli.
L’associazione politica, il Partito
socialista, è l’organo di educazione, di elevazione; per esso tu sentirai la
collettività, ti spoglierai dei tuoi egoismi personali, imparerai a lavorare
disinteressatamente per l’avvenire che è di tutti, quindi anche tuo e dei tuoi.
Per esso metterai il tuo sacrifizio e il tuo lavoro con quello degli altri,
moltiplicandone il valore per il valore del comune sacrifizio.
L’Associazione di cultura ti renderà
più degno del tuo compito sociale, ti educherà a pensar bene, migliorerà il tuo
spirito: per essa parteciperai al patrimonio di pensiero, di esperienze
spirituali, di intelligenza, di bellezza del passato e del presente.
Diffondi questa piccola verità:
nella società attuale, che è fiera, che è giostra, tutti singolarmente
possono diventar ricchi (liberi), ma, necessariamente, solo pochi lo diventano;
la ricerca della proprietà, dell’eredità individuale ha uno riuscito per
diecimila falliti. I diecimila non falliranno invece nella ricerca
dell’eredità sociale; che si associno, che da elemento di disordine diventino
elemento d’ordine, e avranno avvicinato di diecimila probabilità il
raggiungimento del fine stesso.
Intanto tu fa’ il tuo dovere: da’ la
tua parte di attività, di spiritualità al comune patrimonio sociale attuale:
lavora perché sia trasmesso, migliorato e ampliato, ai tuoi discendenti: cura
la tua eredità, cura l’eredità che sola sei certo di poter lasciare.
« Avanti! », ediz. piemontese, 1°
maggio 1918, XXII, n. 120, in Scritti giovanili, Einaudi, 1958, pp. 214-217.
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