Nel giro di pochi giorni mi ritrovo a condividere quasi del tutto un editoriale di un caro amico che ha collaborato con Danilo Dolci prima di me. Il mio punto di vista diverge da quello di Giuseppe solo su un punto: io non credo che il movimento in questione sia privo di capi.
GIUSEPPE CASARRUBEA - RIVOLTE SENZA CAPI
L’Italia
è in subbuglio. Lo è sempre stata, ma mai è venuta a trovarsi nello
smarrimento in cui è ora. Per cause interne e internazionali. Ecco
perché a tutti quelli che dicono: – tanto peggio, tanto meglio -,
rispondo che al peggio non c’è mai fine e che, a chiunque abbia un
minimo di senso civico e non voglia giocare allo sfascio per sé e per i
suoi figli, conviene scegliere la strada migliore tra tutte quelle che
ci si parano davanti, una più difficile dell’altra.
La confusione deriva dalla scomparsa del vecchio sistema dei valori e dei partiti, e dalla difficoltà di rappresentanza politica e sindacale che ha sorretto finora società e mondo del lavoro. E’ logico, pertanto, che con il venir meno di tutte le coordinate che ci hanno tenuto in piedi, a cominciare dal lavoro come valore fondamentale della nostra Carta costituzionale, l’intero impianto dello Stato vacilli. Il governo tira avanti a furia di cambiali, il parlamento è di fatto esautorato e la magistratura subisce il ricatto persino di uno che se ne sta tranquillamente in galera a dettare proclami di morte a destra e a manca. Rispetto a tutto questo bailamme ci sono anche delle responsabilità precise, perché non è da oggi che si soffia sul fuoco e che si fanno spirare nell’aria venti di guerra. In altri paesi dell’Europa, non è così. Persino in Irlanda, in Grecia e in Spagna, ci si rimbocca le maniche e ciascuno cerca di dare un contributo come meglio può. Da noi questa aspirazione è assai carente. Si continua a gridare su tutto in contemporanea. Ormai l’incomunicabilità ha oltrepassato la soglia della tolleranza, ed io stesso, quando alla televisione due persone parlano assieme senza che nessuno capisca nulla, cambio canale. L’aggressione alle persone è già fuori decenza da un pezzo. Continuare a cercare di ascoltare è patologico.
La confusione deriva dalla scomparsa del vecchio sistema dei valori e dei partiti, e dalla difficoltà di rappresentanza politica e sindacale che ha sorretto finora società e mondo del lavoro. E’ logico, pertanto, che con il venir meno di tutte le coordinate che ci hanno tenuto in piedi, a cominciare dal lavoro come valore fondamentale della nostra Carta costituzionale, l’intero impianto dello Stato vacilli. Il governo tira avanti a furia di cambiali, il parlamento è di fatto esautorato e la magistratura subisce il ricatto persino di uno che se ne sta tranquillamente in galera a dettare proclami di morte a destra e a manca. Rispetto a tutto questo bailamme ci sono anche delle responsabilità precise, perché non è da oggi che si soffia sul fuoco e che si fanno spirare nell’aria venti di guerra. In altri paesi dell’Europa, non è così. Persino in Irlanda, in Grecia e in Spagna, ci si rimbocca le maniche e ciascuno cerca di dare un contributo come meglio può. Da noi questa aspirazione è assai carente. Si continua a gridare su tutto in contemporanea. Ormai l’incomunicabilità ha oltrepassato la soglia della tolleranza, ed io stesso, quando alla televisione due persone parlano assieme senza che nessuno capisca nulla, cambio canale. L’aggressione alle persone è già fuori decenza da un pezzo. Continuare a cercare di ascoltare è patologico.
Indro
Montanelli, che fu un giornalista cresciuto costantemente con la puzza
sotto il naso, ebbe ragione quando invitò gli italiani a votare
turandosi il naso, perché non vedeva alternative a un governo con la Dc.
Erano altri tempi e quest’uomo non pensava che gli italiani si
dividessero in furbi o fessi, ma fossero nello stesso tempo furbi e
fessi. Un po’ volpi e un po’ conigli. Avrebbero accettato un dittatore
per paura o per pigrizia in quanto avrebbero trovato più comodo avere un
solo padrone da servire. Con il passare del tempo la circostanza si
ripete in modo diverso. Ciascuno grida perché vuole essere ascoltato o
perché abusa della sua responsabilità. Cioè non ha il senso della
democrazia e dei diritti altrui. Berlusconi e Grillo ce lo dimostrano,
ma ce lo dimostra anche Renzi se è vero che il popolo del Pd prende la
scorciatoia del sindaco fiorentino, pur consapevole che non farà nulla
di meglio di Epifani, Bersani o Prodi. Tutti consegnati, da un giorno
all’altro, al neolitico. E purtroppo si sa. In un Paese dove si ragiona
sempre meno e dove l’istinto delle piazze prevale sulla ragione, è
facile che gli italiani, che sono sostanzialmente servitori, trovino un
nuovo padrone.
Un
Grillo qualsiasi che, diceva Montanelli, è la versione genovese del
folletto dispettoso delle fiabe, rigurgito della nostra cattiva
coscienza.
Forse
solo la politica sociale del Vaticano ci potrà salvare. Non lo dico con
ironia, o per reminiscenze scolastiche del neoguelfismo. Tra i papi di
questo secolo e di quello passato, da Pio XII in poi, a parte Giovanni
XXIII e Giovanni Paolo I, Bergoglio è in assoluto quello che più
rivoluziona lo stile rendendolo aderente alla quotidianità. Fino a
Francesco i papi hanno avuto una loro lontananza, un loro distacco più o
meno accentuato rispetto agli uomini. In loro, possiamo dirlo, la
nozione di popolo è stata sempre assente. Un tempo piazza San Pietro era
il luogo dove si ricevevano le benedizioni domenicali, oggi è diventato
un luogo di incontro, e in qualche caso di scambio. Qui il popolo dei
fedeli è benedetto, e lo stesso papa chiede di essere anche lui
benedetto. In una sintonia bidirezionale perfetta. Papa Bergoglio è
vescovo della chiesa di Roma e capo del cattolicesimo nel mondo. Uno che
detta la linea. Abbiamo bisogno di questo?
Questa
nozione di popolo, con le sue aperture democratiche spinge non pochi
intellettuali laici e di sinistra ad avvicinare questo papa che a
Francesco d’Assisi ha dedicato il suo pontificato. Dunque, siamo di
fronte a un evento straordinario, anche se qualche settimana fa Lucia
Annunziata che dirige la rubrica “In mezz’ora”, si è vistosamente
infastidita quando, intervistando un dirigente del Pd, lo ha pregato di
non parlare di questo tema che per lei è forse ormai obsoleto. Ma non lo
è affatto.
Il
mondo di oggi è visto con gli occhi di chi sa quello che sta accadendo:
sul piano planetario e su quello delle misere cose di casa nostra. Ma
la differenza tra tutti noi e il resto del mondo è sostanzialmente
segnata dal fatto che la nostra visione delle cose è molto provinciale e
la nostra coesione nazionale è attraversata dall’imbarbarimento
continuo. Mi viene da dire: meglio il papa che quando parla di acqua e
di fame sa a che cosa si riferisce.
Siamo
nel pieno di una crisi che investe tutta la politica e i partiti ai
quali ci eravamo abituati un tempo, quando bastava un leader per
renderci sicuri. Dentro non c’è solo la crisi che ha travagliato la
Chiesa sotto il pontificato di Benedetto XVI, ma l’avvertita gravità del
peso che ne deriva. Riflesso e segno del più vasto travaglio globale.
Dentro ci siamo noi, con tutti i nostri problemi, le piazze in rivolta, i
movimenti che non riescono ad avere un interlocutore, le vicende
quotidiane del popolo a cui è difficile rispondere. Perché il mondo è in
mano ai banchieri, agli opportunisti, a quelli che hanno fatto del
denaro il loro dio. Ma i problemi reali sono diversi e riguardano i
diritti degli esseri umani: quelli primordiali. All’acqua, alla casa, al
lavoro, alla pace e allo sviluppo. Alla pace, che ci spiegava Danilo
Dolci non è il quieto vivere o la quiescenza, ma una lotta continua per
cambiare il mondo. Un modo di essere rivoluzionari. Non è un caso che
uomini come “Pino” Solanas ed Eugenio Scalfari incontrino Francesco. Uno
dei pochi interlocutori che oggi può ascoltarli. E se questo accade ai
laici ne dovremmo essere lieti tutti, perché finalmente c’è una
prospettiva che sembra unire il mondo cattolico a quello della
contemporaneità, travagliata da comuni pericoli e dalle stesse
difficoltà che rendono gli uomini uguali di fronte ai rischi di un
futuro di guerre e di autodistruzione.
Giuseppe Casarrubea
in http://casarrubea.wordpress.com/2013/12/12/rivolte-senza-capi/
in http://casarrubea.wordpress.com/2013/12/12/rivolte-senza-capi/
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