Riprendo stamattina quanto pubblicato nel sito del Liceo di Giarre(CT) https://150anniinsieme.blogspot.it/2018/01/giornata-della-memoria-2018.html, curato dall'amica prof. Grazia Messina, perchè mi sembra particolarmente adatto ad una fascia di lettori del nostro blog:
GIORNATA DELLA MEMORIA 2018
Il
Giorno della Memoria si celebra il 27 gennaio perché in questa data l' Armata Rossa liberò Auschwitz dai tedeschi. Al di là di quel
cancello, oltre la scritta «Arbeit macht frei» (Il lavoro rende liberi),
apparve l’inferno. E il mondo vide allora per la prima volta da vicino
quel che era successo, conobbe lo sterminio in tutta la sua realtà. Il
Giorno della Memoria non è una mobilitazione collettiva per una
solidarietà ormai inutile. È piuttosto, un atto di riconoscimento di
questa storia: come se tutti, quest’oggi, ci affacciassimo dei cancelli
di Auschwitz, a riconoscervi il male che è stato.
Che cosa è, che cosa rappresenta Auschwitz?
Auschwitz
è il nome tedesco di Oswiecin, una cittadina situata nel sud della
Polonia. Qui, a partire dalla metà del 1940, funzionò il più grande
campo di sterminio di quella sofisticata «macchina» tedesca denominata
«soluzione finale del problema ebraico». Auschwitz era una vera e
propria metropoli della morte, composta da diversi campi - come Birkenau
e Monowitz - ed estesa per chilometri. C’erano camere a gas e forni
crematori, ma anche baracche dove i prigionieri lavoravano e soffrivano
prima di venire avviati alla morte. Gli ebrei arrivavano in treni merci
e, fatti scendere sulla cosiddetta «Judenrampe» (la rampa dei giudei)
subivano una immediata selezione, che li portava quasi tutti
direttamente alle «docce» (così i nazisti chiamavano le camere a gas).
Solo ad Auschwitz sono stati uccisi quasi un milione e mezzo di ebrei.
Con il termine Shoah che cosa si definisce?
Shoah
è una parola ebraica che significa «catastrofe», e ha sostituito il
termine «olocausto» usato in precedenza per definire lo sterminio
nazista, perché con il suo richiamo al sacrificio biblico, esso dava
implicitamente un senso a questo evento e alla morte, invece insensata e
incomprensibile, di sei milioni di persone. La Shoah è il frutto di un
progetto d’eliminazione di massa che non ha precedenti, né paralleli:
nel gennaio del 1942 la conferenza di Wansee approva il piano di
«soluzione finale» del cosiddetto problema ebraico, che prevede
l’estinzione di questo popolo dalla faccia della terra. Lo sterminio
degli ebrei non ha una motivazione territoriale, non è determinato da
ragioni espansionistiche o da una per quanto deviata strategia
politica.
È deciso sulla base del fatto che il popolo ebraico non merita di vivere.
È una forma di razzismo radicale che vuole rendere il mondo «Judenfrei» («ripulito» dagli ebrei).
Quali sono gli antecedenti?
L’odio antisemita è un motivo conduttore del nazismo.
La
Germania vara nel 1935 a Norimberga una legislazione antiebraica che
sancisce l’emarginazione. Tre anni dopo l’Italia approva anch’essa un
complesso e aberrante sistema di «difesa della razza», rinchiudendo gli
ebrei entro un rigido sistema di esclusione e separazione dal resto del
paese. Ma questa terribile storia ha dei millenari precedenti.
Prima
dell’Emancipazione, ottenuta in Europa nella seconda metà
dell’Ottocento, gli ebrei erano vissuti per millenni come una minoranza
appena tollerata, non di rado perseguitata e cacciata, e sempre relegata
entro i ghetti.
Tanto
nel mondo cristiano quanto sotto l’Islam. Visti con diffidenza e odio
per la loro fede tenace (e, dal punto di vista della maggioranza,
sbagliata), hanno sempre rappresentato il «diverso», la presenza
estranea. Anche se da millenni vivono qui e si sentono europei.
Perché la Shoah è un evento unico?
Dopo
la Shoah è stato coniato il termine «genocidio». Purtroppo il mondo ne
ha conosciuti tanti, e ancora troppi sono in corso sulla faccia della
terra. Riconoscere delle differenze non significa stabilire delle
gerarchie nel dolore: come dice un adagio ebraico «Chi uccide una vita,
uccide il mondo intero». Ma mai, nella storia, s’è visto progettare a
tavolino, con totale freddezza e determinazione, lo sterminio di un
popolo. Studiando le possibili forme di eliminazione, le formule dei gas
più letali ed «efficaci», allestendo i ghetti nelle città occupate,
costruendo i campi, studiando una complessa logistica nei trasporti, e
tanto altro.
La soluzione finale non è stata solo un atto di inaudita violenza, ma soprattutto un progetto collettivo, un sistema di morte.
Perché ricordare e commemorare?
Il
Giorno della Memoria non vuole misconoscere gli altri genocidi di cui
l’umanità è stata capace, né sostenere un’assai poco ambita
«superiorità» del dolore ebraico. Non è infatti, un omaggio alle
vittime, ma una presa di coscienza collettiva del fatto che l’uomo è
stato capace di questo. Non è la pietà per i morti ad animarlo, ma la
consapevolezza di quel che è accaduto. Che non deve più accadere, ma che
in un passato ancora molto vicino a noi, nella civile e illuminata
Europa, milioni di persone hanno permesso che accadesse.
Questo video documentario (27'), tratto dal canale YouTube Sapiens
Sapiens, mette insieme diversi contributi, assemblati in modo che
l'intero lavoro abbia un senso specifico: collegare l'eccidio degli
Ebrei ai valori della nostra civiltà, contenuti nella Dichiarazione
Universale dei Diritti dell'Uomo.
Non soltanto, quindi, fare memoria con immagini e racconti che rischiano
di restare impressi più per la loro spettacolare crudeltà che per il
messaggio e il monito che dovrebbero veicolare, ma proporre anzitutto i
valori fondanti alla luce dei quali riteniamo orribile l'Olocausto e
tutte le forme di violenza insieme agli "olocausti" di oggi e di tutto
il Novecento.
I contenuti sono, nello specifico, i seguenti:
- Breve introduzione tratta da "La vita è bella" di Benigni
- Documentario sull'Olocausto (una sintesi dell'eccidio, con cause, sviluppi e conseguenze);
- Le memorie del Novecento: alcuni eccidi del secolo appena trascorso;
- Il processo che porta alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo;
- Video sintetico sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo;
Riprendo dal mio diario FB questo commento:
RispondiEliminaFederico Bruno: Sarebbe bello pensarlo ma la storia purtroppo non insegna niente, guai ai vari imbonitori che ripetono a ogni dramma o strage che non deve piu’ ripetersi, vane parole di chi non fa niente per fermare le cose odierne, schiavitù’ e traffico di esseri umani, uccisioni di civili in varie situazioni nei diversi continenti, abbandono dei diseredati. LA STORIA NON INSEGNA NIENTE